Romania, sorpresa Georgescu: chi è il populista filo-russo che fa politica su TikTok

La Romania svolta a destra e nel primo turno delle elezioni presidenziali, a sorpresa, promuove Calin Georgescu con quasi il 23% dei suffragi e oltre 2 milioni di voti. Il 62enne ex funzionario Onu, che dopo una lunga carriera come esperto di sviluppo sostenibile si è rilanciato in patria come populista di destra, sfiderà al ballottaggio la candidata del partito di centro-destra Unione per la Salvezza della Romania, Elena Laconi. Quest’ultima, con poco più del 19% delle preferenze, si è qualificata al secondo turno superando di poche centinaia di voti il favorito della vigilia, il premier socialdemocratico Ion-Marcel Ciolacu. Georgescu ha battuto ogni previsione dei sondaggi: considerato una figura secondaria dagli avversari, criticato per le sue uscite radicali contro la Nato, l’Unione Europea e il sostegno all’Ucraina ma ritenuto, in fin dei conti, un avversario non insidioso, l’ex esponente dell’Alleanza per l’Unione dei Rumeni si è conquistato quasi un quarto dei consensi correndo da indipendente e usando TikTok come principale mezzo di comunicazione. La “piazza” di TikTok contro la politica tradizionale In lunghe dirette sulla piattaforma, Georgescu ha cavalcato il malcontento dei rumeni per la stagnazione economica, l’inflazione e l’onda lunga della crisi energetica, presentandosi come portavoce del Paese profondo e araldo del pacifismo contro un’élite accusata di essere pronta a trascinare la Romania al disastro sostenendo l’Ucraina. Inoltre, ricorda il Guardian, “ha promosso il sostegno agli agricoltori rumeni, la riduzione della dipendenza dalle importazioni e l’aumento della produzione di energia e cibo” per rendere effettiva la sovranità della nazione. I discorsi politici di Georgescu sono estremi al punto da far apparire quelli del principale leader di destra, il candidato di Aur George Simion che invoca l’annessione della Moldavia alla Romania, si ispira a Donald Trump e propone di cessare l’aiuto a Kiev. Simion si è classificato quarto con il 14% dei voti ed ha annunciato che al ballottaggio sosterrà Georgescu in nome della “comunanza d’intenti per la sovranità del Paese” che vede riflessa in un politico che ha definito la presenza della base Nato di Deveselu nel Paese “una vergogna” e esaltato i leader filo-nazisti della Romania degli Anni Trenta e Quaranta, Ion Antonescu e Corneliu Codreanu, come “eroi”. Popolo contro élite, la retorica di Georgescu Nella rilettura della storia fatta da Georgescu c’è spazio anche del comunismo, dato che per l’ex funzionario Onu la fine della sovranità del Paese inizia nel 1989, anno del “colpo di Stato” che portò alla caduta del dittatore Nicolae Ceaucescu. Da allora in avanti, per Georgescu, sarebbe iniziata una corsa dell’Occidente per dominare e depredare la Romania, che ha avuto due culmini: la pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina, usati a suo avviso per ragioni di profitto da multinazionali e governi stranieri, a partire da quello americano. A suo avviso, ad esempio, la guerra in Ucraina è scoppiata per provocazioni anti-russe promosse “nell'interesse di innescare un conflitto che aiutasse finanziariamente il complesso militare degli Stati Uniti e l'industria americana”. Come ogni tribuno della destra radicale, Georgescu, che ha promesso di lottare contro le politiche di bilancio restrittive, l’inflazione e il carovita, ha presentato la sua candidatura come di rottura a favore del “popolo” contro le “oligarchie di Bucarest” che, ha detto la notte delle elezioni, “sono ora diventate più povere”. Al contrario, parlando alla piazza virtuale di TikTok, ha dichiarato che portandolo alla vittoria del primo turno “il popolo romeno ha gridato alla pace a voce altissima”. Verso il ballottaggio Per Georgescu “se i partiti politici avessero avuto tempo per ascoltare e meno tempo per parlare, forse questo grido non sarebbe stato così forte”. Al ballottaggio se la vedrà con Lasconi, a sua volta un’outsider nella politica tradizionale rumena: sindaca di Campulung, nota per le sue campagne anti-corruzione, è fautrice del convinto sostegno a Kiev e dell’apertura alla legalizzazione dei matrimoni omosessuali in un Paese fortemente conservatore. Sarà lei l’ultimo ostacolo per Georgescu in un Paese che, sommando i suoi voti e quelli di Aur, ha portato a un importante 40% i consensi delle forze sovraniste e populiste. Un dato che supera ogni aspettativa della vigilia e rende difficile fare pronostici per un secondo turno che, tra due settimane, vedrà due anime del Paese sfidarsi al ballottaggio.