Cosa manca ancora per formare la nuova Commissione Ue?

In Europa sembra che nulla sia mai definitivo, sembra ci sia sempre bisogno di un ulteriore passaggio, di un altro voto, di una importante trattativa last minute. Un po’ è un’impressione data dal complicato sistema di regole che si è data l’Unione; in parte è proprio così! Ora la domanda di questi giorni è: nascerà o no la nuova Commissione Europea, e, se sì, quando? Per farla breve possiamo rispondere che sì, la Commissione dovrebbe nascere e dovrebbe iniziare a lavorare il 1° dicembre. Ma inevitabilmente abbiamo usato il condizionale, quindi è bene spiegare a che punto siamo e cosa deve ancora succedere. Le nomine più sofferte Mercoledì 20 novembre le singole commissioni del Parlamento europeo, incaricate di dare il via libera ognuna al commissario-designato di propria competenza, hanno dato le ultime necessarie luci verdi ai sei futuri vicepresidenti esecutivi della Commissione Europea. I sì delle Commissioni per la socialista spagnola Teresa Ribera e per il conservatore italiano Raffaele Fitto sono stati particolarmente sofferti. I Popolari hanno insistito fino a tarda serata per una norma che vincolasse Ribera alle dimissioni se in futuro sarà oggetto di indagini sulla gestione delle alluvioni di Valencia. Questa insistenza dei Popolari ha fatto sì che contemporaneamente, nella Commissione che doveva dare il via libera a Fitto, i Socialisti bloccassero la procedura. È finita con il PPE che ha accompagnato all’ok per Ribera una lettera in cui mette nero su bianco la sua richiesta di eventuali future dimissioni. E i socialisti che hanno fatto lo stesso accompagnando al sì per Fitto una nota nella quale si precisa che sono contrari alla sua nomina a vicepresidente. Documenti di fatto privi di valore legale. L'ultimo step Dal punto di vista delle regole e delle procedure quindi, la Presidente von der Leyen e tutti i suoi “ministri”, cioè i commissari, hanno avuto il via libera. Ora manca il voto definitivo della maggioranza del Parlamento Europeo riunito in seduta plenaria. Voto che sarà il prossimo 27 novembre. Il gioco di veti incrociati e lunghe trattative però hanno scosso la maggioranza che aveva votato von der Leyen lo scorso luglio e approvato il suo programma di governo per i prossimi 5 anni. Al momento, infatti, i Verdi, che a luglio avevano detto sì a von der Leyen, non sembrano ora disposti a votare a favore della sua Commissione. Come loro anche alcune delegazioni dei socialisti, come quella francese e quella tedesca, sono in dubbio. Il motivo è la nomina del conservatore Fitto a vicepresidente esecutivo e, a loro dire, la paura che la Commissione abbia intenzione di spostarsi a destra. Nello stesso tempo, e a parziale conferma dei loro timori, la delegazione italiana dei conservatori, cioè Fratelli d’Italia, ha annunciato il sì alla Commissione. Ad essa potrebbero aggiungersi Conservatori di altri Stati Membri. Incerta la scelta dei Popolari Spagnoli, tentati dal no, per il portafoglio importante assegnato alla contestata connazionale socialista Teresa Ribera. Tutti sono molto fiduciosi nel fatto che, nonostante le defezioni a sinistra e forse al centro, la Commissione otterrà la fiducia della maggioranza dei parlamentari. Popolari, Socialisti e Liberali insieme hanno circa 40 parlamentari in più dei 361 sì necessari. Se a questi si aggiungono i 24 eurodeputati di Fratelli d’Italia la maggioranza può contare su circa 65 voti di margine. Se i Socialisti francesi e tedeschi dovessero far mancare il loro appoggio, toglierebbero alla maggioranza solo 27 voti. Dovessero venire meno anche i voti dei Popolari spagnoli, ci sarebbero altri 22 sì in meno. In ogni caso si supererebbe comunque il “magic number” di 361 voti positivi. Se quindi non dovrebbero esserci grandi problemi numerici, certamente rimarrebbero quelli politici per una Commissione che, al momento, dovrebbe nascere poggiandosi su una base mista di partiti di destra, di sinistra e di centro, divisi però al loro interno.