Revoca dell’immunità parlamentare: il caso Salis e i precedenti europei

A fine ottobre l’Ungheria ha richiesto al Parlamento europeo la revoca dell’immunità parlamentare dell’eurodeputata Ilaria Salis, incarcerata in Ungheria a febbraio 2023 con l’accusa di aver aggredito alcuni manifestanti di estrema destra a Budapest. Salis è stata poi rilasciata al momento della sua elezione tra le file di Alleanza Verdi e Sinistra all’Europarlamento, provocando l’ira del premier ungherese Viktor Orbán. L’immunità parlamentare, garantita dal Parlamento europeo a ognuno dei suoi eletti, serve a tutelare i parlamentari affinché possano esercitare liberamente il loro mandato, senza essere sottoposti a persecuzioni politiche arbitrarie. L’obiettivo di questa disposizione è assicurare l’indipendenza e l’integrità del Parlamento europeo. Molte costituzioni europee prevedono norme simili: in Italia, ad esempio, l’immunità parlamentare è sancita dall’articolo 68 della Costituzione. Questa norma fu introdotta dall’Assemblea Costituente dopo la fine del Ventennio fascista per scongiurare persecuzioni di tipo politico, e l’immunità del Parlamento europeo è stata concepita seguendo questa tradizione. Nonostante ciò, l’immunità parlamentare non è intoccabile: attraverso un iter specifico, lo stesso Parlamento europeo può decidere se revocarla nel caso in cui un eletto sia accusato di gravi reati. Il procedimento inizia con la presentazione di una richiesta da parte di un’autorità nazionale competente e tale richiesta viene affidata dalla presidenza dell’Europarlamento alla Commissione Affari Giuridici, che esamina le informazioni e le motivazioni del caso. Successivamente, la Commissione rilascia una raccomandazione al Parlamento, che infine procederà alla votazione. Perché sia approvata, la richiesta deve ottenere una maggioranza semplice. La revoca dell’immunità parlamentare non implica automaticamente una sentenza di colpevolezza, ma autorizza le autorità giudiziarie nazionali a procedere con indagini o processi. Se l’eurodeputato è giudicato colpevole, saranno le autorità nazionali dello Stato membro a decidere sulla decadenza o meno del mandato europeo. Le richieste di revoca dell’immunità parlamentare non sono inusuali: la storia del Parlamento europeo ne offre diversi esempi. Vediamo i più noti. Il 24 ottobre 2016, il presidente del Parlamento europeo rese pubblica la richiesta di revoca dell’immunità parlamentare presentata dall’allora ministro della Giustizia francese, Jean-Jacques Urvoas, nei confronti di Marine Le Pen, leader dell’allora Front National . All’origine della richiesta vi era la diffusione di tre foto non oscurate, pubblicate sull’account Twitter di Le Pen, che mostravano l’esecuzione di ostaggi da parte dei terroristi dell’ISIS. A Le Pen veniva contestato il carattere violento di queste immagini, tale da recare pregiudizio alla dignità umana. La Commissione raccomandò di procedere e il Parlamento revocò l’immunità, ma Le Pen fu assolta in seguito alle indagini. Nel 2019, al Parlamento europeo furono eletti Carles Puigdemont, ex presidente della Catalogna, e Toni Comín, ex ministro catalano, mentre erano in esilio dopo il fallimento del referendum sull’indipendenza della Catalogna nel 2017. La Corte Suprema spagnola chiese la revoca dell’immunità parlamentare per permettere l’estradizione in Spagna e la Commissione Giustizia, e successivamente il Parlamento in plenaria, si espressero a favore della revoca. Tuttavia, i tribunali del Belgio rifiutarono l’estradizione. Esistono anche molti esempi in cui il Parlamento europeo ha respinto le richieste di revoca, soprattutto nel caso ci siano fondati dubbi sulle motivazioni delle richieste. Ciò accade in particolare quando si sospetta che queste ultime siano di natura politica o mirate a ostacolare il lavoro dell’eurodeputato.

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