L'Ue di fronte al voto Usa: di cosa discutono i leader alla corte di Orban

A un giorno di distanza dalla vittoria di Donald Trump nel voto Usa i leader europei si trovano a Budapest per il vertice della Comunità Politica Europea , prima occasione di confronto tra i capi di Stato e di governo del Vecchio Continente per prendere le misure in vista del ritorno del tycoon alla Casa Bianca. La Cpe è un forum che riunisce, dal 2022, per due volte l’anno, i rappresentanti di tutti gli Stati membri dell'Unione Europea, il Regno Unito, i paesi membri dell'Associazione europea di libero scambio, tutti quelli nell'agenda dell'allargamento dell'Unione europea, a cui si aggiungono i rappresentanti dell'Armenia, dell'Azerbaijan e delle principali istituzioni dell'Ue, ovvero il Consiglio e la Commissione Europea. Una sorta di “assemblea generale” dell’Europa, che non è paragonabile a un’organizzazione internazionale ma, sul modello di vertici come il G7 e il G20, rappresenta un’occasione di scambi politici e confronto. Ora più che mai, i leader europei hanno necessità di scambi di questo tipo. In un contesto che vede diversi Paesi del Vecchio Continente, come Francia e Germania, trovarsi di fronte a una profonda fragilità politica, e che vede le istituzioni comunitarie capire come il Trump 2.0 sarà soprattutto sul piano commerciale e diplomatico, importanti riflessioni politiche dovranno prendere piede da qui al 20 gennaio, giorno dell’insediamento del presidente eletto. La Cpe, in questo contesto, si riunisce a casa del più trumpiano dei leader europei, Viktor Orban. Trump rilancia Orban in Europa Solo poche settimane fa, il capo del governo magiaro si trovava sulla difensiva, messo in difficoltà dall’affondo di Ursula von der Leyen circa lo Stato di diritto in Ungheria, le politiche di Budapest sui migranti e l’assenza di sostegno all’Ucraina. Ora può rivendicare di essere al centro dello scacchiere: è stato, con l’italiana Giorgia Meloni, tra i più solerti a complimentarsi con Trump dopo la sua vittoria e può rivendicare una sintonia ideologica e programmatica che lo stesso ex e prossimo presidente americano non ha mai mancato di riconoscere. Sintonia che, in larga misura, si basa sulle comuni vedute sui dossier su cui la presidente della Commissione l’ha attaccato. Non a caso Orban ha inaugurato il summit con un discorso in cui ha evidenziato “il ruolo determinante delle elezioni americane per la solidità delle relazioni transatlantiche”. Un tono decisamente più sobrio rispetto a quello del videomessaggio di ieri mandato in onda dopo l’annuncio del successo di Trump, quando ha detto di esser certo che “entro la fine dell'anno, nel mondo occidentale, coloro che sono a favore della pace sarebbero stati la maggioranza e che avremmo sconfitto coloro che sono a favore della guerra”. Ma una presa di posizione che riflette più l’inclinazione personale del premier magiaro che il pensiero dei leader convenuti al summit, a partire dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Il capo di Stato di Kiev si è affrettato a complimentarsi con Trump, ha dichiarato di apprezzare il concetto di “pace attraverso la forza” del presidente eletto, ma teme da tempo che il nuovo leader degli Usa possa azzerare il sostegno americano al Paese invaso. E lo stesso pensano molti capi di Stato e di governo, specie nell’Europa orientale. Paesi come la Polonia e i Baltici, che nel primo mandato di Trump erano stati tra i più attenzionati dal presidente per il loro impegno ad alzare le spese militari, hanno ora il timore del disimpegno di Washington. Draghi e Lagarde a Budapest per parlare di economia Alle questioni securitarie si aggiungono, inoltre, gli scenari economici. Come commentato su queste colonne, i Paesi europei temono l’inizio di un’offensiva tariffaria e protezionistica da parte della nuova amministrazione. E a tal proposito è da registrare il fatto che i leader dell’Ue convenuti al summit si riuniranno venerdì, nota Euronews, per un summit informale che produrrà un "Nuovo accordo europeo sulla competitività" basato sulle raccomandazioni emesse da Mario Draghi. L’ex presidente del Consiglio italiano e Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, saranno anche loro a Budapest per discutere degli importanti dossier economici e delle vie percorribili per fare dell’Europa un continente sempre più al passo dei tempi sull’innovazione, sulle tecnologie critiche, sulla transizione green. E di poter dunque, nei prossimi anni, gestire l’imprevedibilità del Trump 2.0, da un cui irrigidimento commerciale verso l’Europa tutti i Paesi dell’Ue, e non solo, sarebbero danneggiati. Compresa l’Ungheria del padrone di casa Orban, la cui economia vive di supporto a un’industria tedesca già nel mirino di colui che in campagna elettorale si è definito Tariff Man ed è, a tutti gli effetti, il convitato di pietra al consesso europeo in corso.