L'Unione europea alla prova del Trump 2.0

Donald Trump conquista di nuovo la Casa Bianca e per l’Unione Europea inizia la grande sfida: prepararsi al secondo mandato del tycoon repubblicano. La fine della presidenza di Joe Biden, che dell’unità transatlantica ha fatto un perno del suo mandato, apre scenari che metteranno alla prova sia la posizione geopolitica dell’Europa che la maturità dell’Ue di fronte a un mondo sempre più competitivo. Il primo nodo su cui il tycoon e l’Europa saranno chiamati a confrontarsi sarà quello economico-commerciale. Trump si è definito più volte Tariff Man in campagna elettorale, ha ribadito la sua posizione protezionistica e non è escluso che introduca nuovi dazi che, seppur rivolti principalmente al rivale strategico numero uno, la Cina, potrebbero colpire anche i partner europei. Trump nel corso del suo primo mandato ha più volte criticato i surplus commerciali di Paesi come la Germania. Tra dazi e Ucraina, verso il Trump 2.0 Di fronte alla fosca prospettiva dei dazi per i prodotti realizzati nel Vecchio Continente a Bruxelles, da diverse settimane è al lavoro una commissione ad hoc definita "Trump task force". Il suo obiettivo, spiega Politico.eu, è di preparare possibili risposte a offensive tariffarie: “Bruxelles è stata colta di sorpresa nel 2018 quando Trump ha imposto per la prima volta dazi sull'acciaio e sull'alluminio dell'Ue e ha reagito solo su una parte di quei dazi sperando di allentare la tensione”. In seguito, invece che cessare la competizione, “Trump raddoppiò la minaccia ipotizzando di imporre tariffe sulle esportazioni di auto dell'Ue” che, sebbene non siano mai entrate in vigore, hanno reso difficile il dialogo sulla politica commerciale tra le due sponde dell’Atlantico. A questo giro, osserva Mario Del Pero, Senior Associate Research Fellow di Ispi, l'Ue rischia di essere "messa alle strette anche sul secondo cruciale dossier: quello ucraino”. Trump e il suo vice J.D. Vance, nota Del Pero, “hanno esplicitato con nettezza la loro intenzione di disimpegnarsi dal teatro ucraino, ponendo termine ai massicci aiuti economici e militari inviati da Washington nei due anni e mezzo trascorsi dall’aggressione russa”. L’ipotesi di un abbandono dell’Ucraina da parte di Washington agita da tempo la mente degli strateghi ucraini e turba anche il sonno dei colleghi europei, timorosi che alle porte dell’Ue possa o restare aperta una guerra logorante e dannosa sul piano politico ed economico o presentarsi una Russia sempre più assertiva. La sfida strategica e securitaria Il nodo ucraino si lega all’altrettanto complessa problematica del futuro della Nato e della sicurezza collettiva dell’Europa. Nel corso del suo mandato precedente, Trump ha più volte criticato l’Europa per la bassa spesa in Difesa e ora la pressione per rafforzare gli investimenti potrebbe intensificarsi. L’Europa rischia di trovarsi di fronte al dilemma di un crescente disimpegno americano dagli scenari di riferimento per la sua sicurezza e di un indebolimento dei legami transatlantici. Per molti esperti, la nomina dell’ex premier olandese Mark Rutte alla guida della Nato è stata dovuta proprio alla sua abilità nel farsi ascoltare e comprendere dal presidente eletto nei passati anni di convivenza al potere, tanto da essersi guadagnato il sarcastico soprannome di “sussurratore di Trump” per le sue capacità di mediazione. “Durante la prima presidenza di Trump la mediazione del segretario generale della Nato e la capacità di costruire un rapporto con Trump hanno svolto un ruolo chiave nel preservare l'alleanza”, ricorda Semafor. Tutti questi scenari lasciano presagire tempi complessi per le relazioni transatlantiche, ma per l’Europa questo va di pari passo con prospettive strategiche che non possono essere sottovalutate. Da un lato, l’Europa ha già sperimentato l’era Trump e può guardare all’esperienza del recente passato per capire come gestire la sfida del suo ritorno alla Casa Bianca. Dall’altro, il ritorno del tycoon può dare un’accelerazione alle discussioni in atto per creare una crescente autonomia strategica in campi come la Difesa, la tecnologia, le filiere critiche. Non per rompere con gli Stati Uniti ma per camminare, finalmente, sulle proprie gambe.

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