Un centro cardiologico gratuito in Burkina Faso: la sfida dell’associazione Safe Hearth

Marco Zanobini è un cardiochirurgo del Centro Cardiologico Monzino di Milano. Da più di sei anni rinuncia alle ferie e si reca in Burkina Faso, dove fornisce assistenza a chi non potrebbe permettersi un’operazione chirurgica. Lo fa insieme ai colleghi dell’associazione di solidarietà sociale Safe Hearth, fondata da lui nel 2017. L’inizio di una grande avventura “L’idea di Safe Hearth – spiega Zanobini – è venuta naturale. Io e altri quattro cardiochirurghi del Monzino volevamo offrire alle persone più sfortunate di noi l’unica cosa che sapevamo fare: il nostro lavoro”. Ciò che i cinque hanno in mente è creare un piccolo centro cardiologico gratuito in un Paese che non ha le risorse per realizzarlo. Il primo progetto si concentra sull’ospedale di Haiti, ma presto viene abortito: troppo complicato, non ci sono abbastanza soldi da investire. Finalmente, nel 2018 una loro amica, che da tempo finanzia gli orfanotrofi in Burkina Faso e ha rapporti con l’équipe medica locale, li mette in contatto con le autorità del Paese. Quando visitano l’ospedale della capitale Ouagadougou, i cinque amici capiscono che è il posto giusto. È abbastanza grande e in una postazione sicura. Così, iniziano ad acquistare i primi strumenti chirurgici, valvole e macchine per la circolazione extracorporea, e stabilizzano la struttura con un gruppo di ingegneri. Il loro sogno è iniziato. “Una missione standard – racconta Zanobini – dura 10 giorni, di cui 7 sono effettivamente clinici, 3 di viaggio. Partiamo in 8 o 9 persone, tra chirurghi, infermieri e anestesisti. Alloggiamo in un albergo vicino all’ospedale, iniziamo a lavorare alle 7:00 e finiamo alle 23:00. Di solito, riusciamo ad operare almeno due persone al giorno”. Prima di ogni missione, l’équipe di Safe Hearth seleziona 10 pazienti da sottoporre a una cardiochirurgia, tra le persone bisognose segnalate dai servizi sociali locali. Poi, vengono individuati 2 o 3 pazienti meno gravi, da operare nel caso sopravvenga un imprevisto che impedisca di eseguire l’intervento ai primi 10. “Questa selezione – spiega Zanobini – è necessaria. Ogni missione costa alla nostra associazione 55.000 euro, circa 5.500 euro a paziente. Non possiamo permetterci di arrivare impreparati o saltare una cardiochirurgia programmata”. Nessun problema è troppo grande I costi alti sono solo alcune delle difficoltà che deve affrontare Safe Hearth. “Vogliamo garantire un servizio completamente gratuito alle persone che aiutiamo. Per questo spendiamo così tanto per ogni missione. Ci sosteniamo – continua Zanobini – con le donazioni dei privati. Abbiamo cercato di ottenere una parte dei fondi europei stanziati per le organizzazioni umanitarie, ma non siamo mai riusciti ad ottenerli. Sono finanziamenti troppo esigui e vengono ripartiti, di solito, tra le stesse associazioni”. Un altro problema dell’associazione è reperire i materiali medici necessari. Come spiega Zanobini, il governo del Burkina Faso “è particolarmente vicino a Russia e Cina, per questo importare i macchinari utili da altri Paesi è quasi impossibile. Spesso, bisogna aspettare mesi e una burocrazia infinita per avere la strumentazione che ci serve. Non solo, anche fare acquisti sul territorio è complicato: il regime militare del Burkina Faso è sottoposto a sanzioni e l’economia è a pezzi”. Nonostante questo, Safe Hearth non si è mai arresa e nel febbraio del 2021 ha portato a termine la prima operazione a cuore aperto del Paese africano. “Era una donna – ricorda Zanobini – che aveva una mancanza di tessuto nella membrana che separa i due atri. Non è stata un’operazione semplice, ma quando abbiamo finito ho capito che non ci sarebbe mai stato un problema troppo grande da fermarci”. Le lacrime dopo l’intervento Sono tanti i ricordi dei sei anni di lavoro in Burkina Faso che affollano la memoria del cardiochirurgo milanese. Uno su tutti, il salvataggio di una bambina di sette anni, con un punteruolo conficcato nel cuore. “Una mattina – racconta Zanobini – ci viene inviato un video dalle autorità di un villaggio del nord. Nel filmato si vedeva una creaturina agonizzante con un puntale piantato nel petto. Il punteruolo si muoveva al ritmo del cuore della bambina”. La dinamica dell’incidente è abbastanza semplice. Nafissatou, questo il nome della bimba, è sulle gambe della mamma, che le intreccia i capelli con l’apposito punteruolo. Il fratellino, forse preso da un attacco di gelosia, prende lo strumento dalle mani della madre e si lancia contro la sorella. “Abbiamo subito detto che l’avremmo operata e di portarla al nostro Centro. Ma il villaggio della bambina era lontano 200 chilometri dalla Capitale”. La bambina arriva in ospedale in piena notte. “Quando è arrivata – ricorda Zanobini – non sapevamo come muoverci. Il punteruolo fungeva da ‘tappo’ e levandolo rischiavamo di fare peggio”. L’operazione dura tre ore e alla fine Nafissatou è salva. “Non avevamo mai affrontato niente del genere, ma quando l’intervento è riuscito ricordo solo le nostre lacrime”. Un’altra volta, il gruppo di cardiochirurghi di Safe Hearth riesce a sottrarre alla morte una ragazzina di 12 anni, con una grave malformazione congenita. “Non avevamo potuto operarla – spiega Zanobini – la prima volta che siamo andati in Burkina, perché era stata colpita da una forte febbre. Avevamo rimandato il suo intervento alla prossima missione, ma avevamo paura che non ce l’avrebbe fatta. Invece, la piccola è stata forte e ha affrontato l’operazione con coraggio. Adesso sta bene, corre e gioca felice”. I progetti L’ambizione dei medici di Safe Hearth non è solo aiutare sul posto, ma istruire il personale sanitario locale a fronteggiare anche le emergenze più gravi. “Per ora, in Burkina Faso c’è un solo chirurgo. Abbiamo finanziato la sua istruzione e adesso è autonomo nella chirurgia valvolare”. Proprio nell’intento di migliorare i servizi medici del Paese, Safe Hearth ha stanziato i fondi anche per delle borse di studio e degli stage in Medicina e Chirurgia all’estero. “Quando andiamo in Burkina – spiega Zanobini – non lo facciamo per far vedere quanto siamo bravi, ma vogliamo che i medici locali si rendano autonomi da noi. Per questo, ogni tanto, organizziamo anche conferenze e lezioni”. Il progetto Safe Hearth ha già dato tanta soddisfazione a coloro che ne hanno preso parte. “Ogni volta che finiamo una missione, il sentimento comune è la voglia di ripartire per un’altra. Non ci importa se facendo così rinunciamo alle nostre ferie, ad andare al mare o in montagna. L’esperienza è talmente totalizzante che ti fa sentire un uomo nuovo, migliore”.

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