Liberaldemocratici senza maggioranza? Cosa può succedere nel voto in Giappone

Il Giappone va alle elezioni anticipate e la scommessa del neo-primo ministro Shigeru Ishiba di sciogliere anticipatamente il Parlamento porterà alla sfida più incerta per il Partito Liberaldemocratico , al potere dal 2012. Ishiba eletto dopo le dimissioni di Fumio Kishida e sull’onda lunga dello scandalo sui “fondi-ombra” – all’interno della formazione nazionalista e conservatrice - ha convocato le elezioni dopo otto giorni dall’insediamento e con un preavviso di meno di un mese. La strategia dell’ex ministro della Difesa, puntava a cogliere di sorpresa un’opposizione frammentata. Ma anche se l’Ldp è in testa nei sondaggi, con circa il 33% delle preferenze, appare distante dalla maggioranza assoluta di 233 seggi e potrebbe scendere dagli attuali 247 a circa 200. Dal canto suo il Partito Democratico Costituzionale del Giappone guidato dal predecessore ed ex premier Yoshihiko Noda, mira a sottrarre all'Ldp la maggioranza assoluta ma, come ricorda il Financial Times, non ha avuto tempo per costruire un'agenda per affrontare in maniera articolata le sfide economiche e sociali del Giappone, dall'alta inflazione alla scarsa crescita, e punta sul cavallo dell'opposizione tout court alla formazione che, salvo pochi intervalli, dal 1955 è egemone della politica nazionale. Maggioranza in bilico “Per la prima volta da quando l’Ldp è tornato al potere nel 2012 il partito di governo rischia di perdere la maggioranza nella camera bassa del parlamento”, commenta Guido Casanova, analista dell’Ispi, secondo cui “una buona prestazione dell’alleato di coalizione, il partito di ispirazione buddhista Komeito, potrebbe comunque portare l’attuale governo oltre la soglia necessaria dei 233 seggi, ma il risultato politico per il premier Ishiba sarebbe comunque devastante”. Coalizioni difficili Il Komeito ha a lungo sostenuto i governi dell’Ldp come partner di minoranza, e in quest’ottica un indebolimento della formazione che fu di Shinzo Abe potrebbe aumentare il suo potere contrattuale. Il partito buddhista, ad esempio, spinge per strappare all’Ldp una nuova moratoria o addirittura la cancellazione della pena di morte, a cui invece i conservatori sono favorevoli, ed è fortemente contrario alla revisione delle politiche di riarmo e proiezione geopolitica verso cui il Paese appare sempre più orientato. Secondo Casanova “un’eventuale debole prestazione elettorale del Komeito metterebbe il Partito Liberaldemocratico nella scomoda condizione di dover cercare un terzo partito per formare il governo e non è chiaro quale possa essere questo interlocutore”. Per l’analista, inoltre, un risultato debole peserebbe come un macigno sulle prospettive politiche di Ishiba. Il neo-primo ministro è stato scelto per succedere a Kishida in virtù della sua fama di politico incorruttibile e della sua indipendenza dalle correnti del partito. Questo però si scontra con il fatto che il capo del governo non possiede una solida base politica interna al suo partito ma è stato selezionato nella speranza che, dopo lo scandalo dei fondi neri, la sua popolarità potesse rinnovare l’immagine della formazione garantendole un’immagine di maggior integrità e conducendola a un nuovo successo elettorale. Sommati, i seggi di cui sono accreditati Ldp e Komeito li mostrano lontani tra i 5 e i 20 seggi dalla soglia necessaria per la maggioranza assoluta, e questo rischierebbe di danneggiare le prospettive di Ishiba di restare alla guida del Paese. Il primo ministro ha scommesso sull’anticipo delle elezioni rispetto al termine della legislatura, prevista per il 2025, proprio con l’obiettivo di anticipare il possibile compattamento delle opposizioni, dal centro alla sinistra, attorno ai democratico-costituzionalisti di Noda e, dunque, l’emersione di un’alternativa di governo. Ad oggi, l’asset più prezioso a disposizione del primo ministro è proprio la disunione delle opposizioni. Ma non è detto che questo possa essere una garanzia per consolidare, agli occhi dell’elettorato, come più credibile forza di governo un partito al potere da dodici anni e che manifesta un crescente logoramento.