Perché Trump vuole fare degli Usa "la capitale crypto del pianeta"

La cosa spesso non fa notizia quanto dovrebbe, ma anche Donald Trump appartiene al novero dei politici che cambiano spesso e volentieri idea: l’ha fatto sull’aborto, saltando allegramente tra pro-life e pro-choice a seconda della convenienza del momento, e anche sull’immigrazione, il tema che più di ogni altro sta cavalcando in vista delle prossime elezioni presidenziali statunitensi. Ma c’è anche un altro campo in cui “The Donald” ha silenziosamente e convenientemente corretto il tiro: è quello delle criptovalute. Le opinioni pubblicamente espresse sul tema dal tycoon neyworkese sono cambiate radicalmente rispetto a soli tre anni fa, quando Trump si annoverava fra i detrattori del mondo crypto, spiegando a Newsmax: «Non sono un fan del bitcoin e delle altre criptovalute: non sono denaro vero, e in più il loro valore è altamente volatile e basato sul nulla». Sempre nel 2021, rincarando la dose, confidava alla fida Fox News che il crypto era «un disastro in attesa di colpire», e che quindi gli Stati Uniti avrebbero dovuto «regolare molto» il settore. Andiamo avanti veloce sul nostro registratore immaginario e torniamo all’anno in corso, e più precisamente alla fine dello scorso giugno, alla Bitcoin Conference di Nashville, in Texas: l’ex presidente non solo è stato uno degli ospiti, ma ha promesso che, se verrà eletto, renderà gli Stati Uniti d’America "la capitale crypto del pianeta" e licenzierà i dipendenti degli enti di controllo che non vedono di buon occhio le criptovalute. Lo stesso programma elettorale Repubblicano parla espressamente di "difesa del diritto di mining di Bitcoin", come se si trattasse di una libertà fondamentale protetta dalla Costituzione americana. I voltagabbana in politica sono la prassi, e quello di Trump novello crypto bro non sarà certo l’ultimo, ma l’aspetto più rilevante del trend sono le motivazioni recondite che vi stanno alla base: la destra Usa ha trovato nel crypto una fonte di finanziamento entusiasta e danarosa, e a sua volta si è potuta ritagliare uno spazio di colonizzazione culturale in un settore, quello del tech, tradizionalmente Democratico . E Bitcoin e gli altri, a questa tornata, potrebbero davvero indirizzare l’esito delle urne per la Casa Bianca: il New Yorker riporta che metà del totale delle donazioni corporate della campagna elettorale di quest’anno viene da lobbisti pro-crypto, i quali spesso arrivano anche a prendere di mira i singoli politici che vogliono più regolamentazioni per il settore. A poche settimane dal fatidico Election Day, Trump è arrivato persino a lanciare World Liberty Financial, un progetto crypto promosso da lui stesso e dalla sua famiglia, di cui ha postato per mesi sui suoi profili social. In un live streaming di cui Trump è stato ospite con l’influencer del settore Farokh Sarmad, quest’ultimo gli ha detto: "Sono un orgoglioso crypto bro. Stai iniziando a diventare uno di noi, se non lo sei già". L’anziano Donald ha detto di non capire poi molto di questo mondo, ha addotto che dietro l’idea in realtà ci sarebbe il suo ultimogenito Barron, ma cambia poco: in questi giorni decisivi per il futuro degli Stati Uniti d’America e del mondo, i fan delle criptovalute sono diventati una demografia da corteggiare e ammansire. Perché magari il Bitcoin non volerà to the moon, per usare il gergo con cui si definisce la possibile scalata del suo valore ai massimi storici, ma qui sulla Terra c’è un’elezione da vincere.