Assange "prigioniero politico", perché il Consiglio d'Europa accusa Usa e Uk

Julian Assange è stato trattato come un “prigioniero politico”. Il pronunciamento dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa sul fondatore di WikiLeaks aggiunge un nuovo capitolo alla vicenda del giornalista e attivista australiano recentemente scarcerato nel Regno Unito dopo un accordo col governo statunitense che ne ha sventato l’estradizione e il conseguente processo per la rivelazione di documenti segreti da parte di WikiLeaks. Per la Pace Assange ha subito una “persecuzione transnazionale” e un “trattamento sproporzionato” da parte delle autorità di molti Paesi, tra cui un membro del Consiglio d’Europa come il Regno Unito. La relazione dell’assemblea di Strasburgo, curata dalla deputata islandese Sunna Aevarsdottir, sottolinea che Londra non avrebbe tutelato nel migliore dei modi la libertà d’espressione di Assange, arrestato nel 2019 dopo la revoca dell’asilo durato sette anni presso l’ambasciata dell’Ecuador nella capitale britannica. Sotto accusa anche il novero delle accuse con cui Assange ha dovuto confrontarsi, provenienti dagli Stati Uniti, facenti riferimento all’Espionage Act del 1917. La vicenda giudiziaria di Assange Assange ha passato anni in carcere nel Regno Unito mentre proseguiva una tesissima battaglia legale circa la sua estradizione oltre Atlantico. Prima di accordarsi con il Dipartimento della Giustizia e accettare di dichiararsi colpevole di un solo capo d'accusa, “cospirazione alla diffusione di informazioni sulla difesa nazionale” presso un tribunale delle Isole Marianne Settentrionali, il fondatore di Wikileaks rischiava una condanna a 175 anni di carcere. La motivazione a lungo addotta dagli Usa e accettata da Londra era che le rivelazioni di Assange e del sito WikiLeaks ponessero un danno alla sicurezza nazionale americana. Assange – le cui rivelazioni portarono alla luce vicende di abusi, malversazioni e veri e propri crimini di guerra commessi su civili inermi dai militari americani in Iraq - si è sempre difeso invocando il primo emendamento e sostenendo il diritto di informazione e la libertà di stampa. Il voto dell’assemblea di Strasburgo sembra dargli ragione, sottolineando il fatto che la ‘caccia’ ad Assange abbia creato un pericoloso precedente contro il giornalismo investigativo. Per la Pace infatti il caso Assange "crea un effetto pericoloso e intimidatorio e un clima di autocensura che colpisce tutti i giornalisti". Un fatto, secondo il 52enne Assange, confermato dal fatto che il giornalista ha dovuto dichiararsi colpevole di un reato federale per porre fine al suo calvario giudiziario. "Colpevole di giornalismo", l'affondo di Assange Il giornalista australiano ha detto di vedere la fine della sua vicissitudine giudiziaria come una liberazione ma non come una vittoria. “Non sono libero oggi perché il sistema ha funzionato – ha detto – ma perché mi sono dichiarato colpevole di giornalismo”. Il fondatore di WikiLeaks ha reso noto inoltre che l'accordo di patteggiamento raggiunto con gli Usa gli impedisce di ricorrere alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Parlando a Strasburgo a margine dell’assemblea Pace, Assange ha dichiarato: “Vedo più impunità, più segretezza, più rappresaglie per aver detto la verità, e più autocensura. Risulta difficile non tracciare una linea tra il governo degli Stati Uniti che attraversa il Rubicone criminalizzando a livello internazionale il giornalismo e il clima di attuale freddezza nei confronti della libertà di espressione“.

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