Vance vs Walz: 5 takeaways dal dibattito fra vicepresidenti

Chi ha vinto? La risposta breve è J.D. Vance. Il Senatore dell'Ohio è a suo agio davanti alle telecamere, ha il phisique du role. Gli occhi azzurri bucano lo schermo . La sua strategia è efficace. Parla spesso di un'amministrazione Harris, "dimenticando" che il presidente è Biden: uno stratagemma utile per contagiare la candidata democratica con l'impopolarità del suo capo. La risposta lunga inizia con il ricordare che Walz, per sua stessa ammissione, non è un grande debater. Il suo obiettivo era soprattutto quello di non fare grossi danni, e non ne ha fatti. Parte lento, guarda troppo spesso gli appunti, i tempi televisivi frenano la sua esuberanza da midwestern guy. Piano piano, però, Walz si riprende, piazzando un paio di buone risposte; quella sull'aborto, per esempio. L'educazione prima di tutto. Make debates great again. Ah, i bei dibattiti civili di una volta! Lo scontro tra i candidati vice si distingue per correttezza e fair play. Anni fa non sarebbe stata una grande notizia, ma oggi il fatto che i duellanti non si siano saltati alla gola alla prima occasione è motivo di sorpresa. Strette di mano e toni pacati rendono la discussione un po' noiosa, ma è il prezzo da pagare per un dibattito incentrato sui contenuti. In realtà, anche questo è il frutto di una strategia. Vance aveva il compito di far apparire il ticket repubblicano autorevole, credibile e presidenziale. Non era un compito facile, viste le intemperanze di Trump, ma il senatore l'ha portato a termine. Walz ha sempre definito gli avversari weird, strambi; Vance è riuscito a dare un'impressione completamente diversa. La sua mancanza di aggressività ha spinto l'avversario ad essere altrettanto mite: se era una trappola, Walz c'è caduto dentro. Un punto a favore del repubblicano. O no? Qualcuno dice che Vance avrebbe fatto meglio a vincere senza stravincere. Trump non ama farsi rubare la scena, soprattutto se a farlo è il suo running mate. Bugie Nello sforzo di dipingere Donald Trump come un buon padre di famiglia affidabile e responsabile, Vance va addirittura oltre. L'ex presidente appare quasi come un repubblicano d'altri tempi quando il senatore ricorda gli sforzi che ha fatto per "salvare l'Obamacare" . A proposito di menzogne e mezze verità. Quando le conduttrici correggono il senatore Vance a proposito dello status dei migranti haitiani in Ohio, lui si infuria: le regole del dibattito escludono il fact-checking istantaneo. Ne scaturisce un botta e risposta che costringe la regia a chiudere i microfoni. È il momento più vivace del duello, l'unico in cui i nervi di Vance si scoprono un po'. Anche Walz inciampa su alcune ricostruzioni non proprio veritiere. In passato aveva raccontato di essersi trovato a Hong Kong nei giorni della rivolta di piazza Tienanmen. In realtà il suo viaggio risaliva a diversi mesi prima. Quando una delle conduttrici gliene chiede conto, Walz farfuglia: che volete? "Sono un knucklehead, uno zuccone". Non benissimo. La sottile linea rossa Vox.com l'ha definito "l'unico momento importante nel dibattito dei vice". Non è un'esagerazione, ma per assurdo questo momento è arrivato verso la fine. La domanda era semplice e diretta: Donald Trump ha perso le elezioni del 2020? J.D. Vance l'ha elusa: "preferisco parlare del futuro". Il quesito, in realtà, per quanto concentrato sulle presidenziali di quattro anni fa serviva più che altro a far luce su quelle di novembre. Se Trump dovesse perdere J.D. Vance sarebbe pronto a riconoscere la sconfitta? In passato il Senatore dell'Ohio ha abbracciato con entusiasmo la teoria dell'elezione rubata, affermando che se si fosse trovato al posto di Mike Pence il 6 gennaio 2021 avrebbe ascoltato le direttive del capo, invece di certificare i risultati così com'erano. La sua risposta, dunque, è particolarmente eloquente. Quanto conta questo dibattito? I dibattiti televisivi spostano poco . I dibattiti tra vice spostano ancora meno. Questo non dovrebbe fare eccezione, anche perché non ci sono stati né colpi da k.o. né clamorosi scivoloni. È il caso però di aggiungere un paio di considerazioni. Primo: era un duello delicato, perché a cinque settimane dal voto rappresentava l'ultima occasione per vedere due membri dei rispettivi ticket faccia a faccia. Secondo: questa sfida elettorale è serratissima e anche pochi voti possono fare la differenza. Qualsiasi cosa sia in grado di spostare anche lievemente l'ago della bilancia merita di essere seguito con attenzione.

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