Il fronte Houthi-Israele-Mar Rosso: lo Yemen tra crisi regionali e internazionali

Gli houthi attaccano il territorio israeliano, Tel Aviv compresa, con missili e droni, e Israele risponde bombardando il porto di Hodeida in Yemen, controllato dal movimento armato sciita yemenita sostenuto dall’Iran. Dal 2024, il fronte Mar Rosso-Yemen è ormai parte della guerra in Medio Oriente fra Hamas e Israele nonché, adesso, dello scontro in Libano fra Israele e Hezbollah. Dieci anni dopo l’inizio del conflitto civile in Yemen tra gli houthi e il governo riconosciuto internazionalmente e sostenuto dall’Arabia Saudita, protagonista dal 2015 di un intervento armato contro il movimento, il Paese più povero del Medio Oriente è ora stretto in una tenaglia geopolitica che rischia di gelare le già flebili speranze di cessate il fuoco. Le scelte politiche del movimento, nato come gruppo di guerriglia locale nel nord montuoso dello Yemen, hanno infatti intrecciato la vicenda yemenita con le grandi crisi regionali e internazionali. Prima gli attacchi, iniziati nell’ottobre 2023, contro le navi commerciali nel Mar Rosso, Bab el-Mandeb, Golfo di Aden, e contro Israele, in “solidarietà con Gaza”; poi i crescenti contatti politici e militari con la Russia per la fornitura di missili, nel contesto della partnership militare fra Iran e Russia. Il fronte Houthi-Israele-Mar Rosso Come già avvenuto il 20 luglio scorso dopo che un drone aveva colpito Tel Aviv, Israele ha bombardato il 29 settembre le infrastrutture di Hodeida, porto dell'omonima città yemenita sul Mar Rosso, per indebolire la capacità degli houthi di attaccare obiettivi in Israele e nel Mar Rosso, nonché di finanziarsi tramite tasse portuali e contrabbando di petrolio iraniano. Il movimento armato yemenita, già sopravvissuto a dieci anni di bombardamenti sauditi e, più di recente, americani e britannici, intende sfruttare al massimo il fronte mediorientale per guadagnare consensi e reclute. L’obiettivo è consolidare il suo "stato" nel nord ovest del Paese, nonché il ruolo di attore regionale pro-Iran. Dopo il 7 ottobre gli houthi, originari di Saada, nell’estremo nord dello Yemen, hanno rafforzato l’integrazione nel cosiddetto asse della resistenza capeggiato da Teheran. Tuttavia, essi non sono attori per procura dell’Iran poiché hanno una storia e una leadership precedente all’alleanza con i pasdaran iraniani, da cui conservano autonomia decisionale pur condividendone gli obiettivi regionali. Il porto di Hodeida: soldi, armi e aiuti umanitari L’ingresso di armi spiega solo in parte la scelta israeliana di attaccare il porto di Hodeida. Fino al 2022, quando gli houthi, il governo yemenita e l’Arabia Saudita hanno annunciato una tregua nei combattimenti , le armi che l’Iran inviava al movimento armato non passavano per Hodeida. La costa yemenita del Mar Rosso era infatti oggetto sin dal 2015 di un embargo saudita nonché di un Meccanismo di ispezione e verifica delle Nazioni Unite sulle navi commerciali in arrivo. Le armi entravano così illegalmente attraverso il confine terrestre fra Oman e Yemen, oppure dal mar Arabico tramite i porti yemeniti vicini al Sultanato oppure con piccole imbarcazioni dalla Somalia. La tregua in Yemen ha però permesso di ridisegnare le rotte d’ingresso delle armi destinate al movimento armato. Infatti, l’allentamento delle restrizioni applicate da sauditi e Onu sui porti del Mar Rosso controllati dal gruppo , ha permesso a più navi, anche container, di attraccare a quei porti, rendendo più difficoltosi i controlli. Pertanto, l’Iran utilizza adesso anche due nuove rotte per inviare armi agli houthi: la prima va dall’Eritrea a Hodeida e alle isole vicine, la seconda parte da Port Sudan e arriva ad Al-Salif. Le ragioni per cui Israele ha bombardato per due volte il porto di Hodeida sono, però, soprattutto economiche e strategiche. L’obiettivo è colpire le entrate finanziarie del movimento armato nonché danneggiare la sua capacità di sferrare attacchi, anche a costo di mettere fuori uso infrastrutture civili. Dalla tregua del 2022, gli houthi hanno infatti notevolmente aumentato i profitti dal porto di Hodeida ricevendo significative rendite da tassazione soprattutto per petrolio e benzina. Entrate di denaro che secondo l’Onu avrebbero raggiunto i 4 milioni di dollari nella prima metà del 2023. C’è poi la questione umanitaria, ed è grande. Gli attacchi di Israele al porto di Hodeida sono diversi da quelli sferrati in Yemen, dall’inizio del 2024, da Stati Uniti e Gran Bretagna. Infatti, mentre americani e britannici sono soliti attaccare in maniera mirata siti militari nel nord ovest del Paese , Israele ha bombardato per infliggere danni economici al “governo” degli houthi, colpendo dunque anche infrastrutture dual use come porti, centrali elettriche e serbatoi di stoccaggio di carburante, che possono avere scopi civili e militari insieme. Il problema è che lo Yemen dipende per il 90% dall’importazione di cibo e l’80% degli aiuti umanitari entra proprio attraverso Hodeida. Questo è il principale motivo per cui Stati Uniti e Gran Bretagna hanno fin qui evitato di colpire il porto nonostante gli houthi lo abbiano trasformato -insieme alle isole limitrofe- in un hub per gli attacchi nel Mar Rosso e contro Israele. Il fattore Russia: missili agli houthi? Difficile immaginare, però, che i bombardamenti israeliani abbiano un effetto deterrente sugli houthi. Mentre le strutture organizzative e le leadership di Hamas e Hezbollah sono a pezzi, il gruppo guidato da Abdel Malek Al-Houthi sente di poter salire di grado nella costellazione armata filo-Iran, per di più da una posizione laterale. E guarda così alla crescente cooperazione con le milizie sciite di Resistenza Islamica in Iraq ma anche alla Russia. Una delegazione degli houthi si è incontrata più volte nel 2024 con Mikhail Bogdanov, viceministro degli esteri russo con delega al Medio Oriente, tra la Russia e l’Oman. Secondo l’intelligence americana, membri dei servizi segreti militari russi sarebbero dispiegati da diversi mesi in zone dello Yemen controllate dagli houthi. Forse per l’addestramento all’utilizzo di armi o per individuare le navi commerciali da colpire, in chiave anti-occidentale. Il presidente russo Vladimir Putin avrebbe fin qui desistito, grazie alle pressioni dell’Arabia Saudita, dal fornire missili anti-nave agli houthi Gli Stati Uniti sono però convinti che il movimento armato yemenita stia già diversificando i suoi fornitori e la trattativa per i missili russi sarebbe ancora aperta, con la mediazione dell'Iran. Lo scontro fra gli houthi e Israele ha intersecato due scenari di guerra distinti e che sembravano lontani. Giocando senza freni sul piano regionale e internazionale, gli houthi stanno consegnando lo Yemen alla crisi permanente. Trasformando il Paese nell’ennesimo teatro di scontro fra interessi esterni.