In Francia il governo Barnier si gioca subito tutto sulla manovra

Michel Barnier vara il nuovo esecutivo e si prepara a navigare subito in acque estremamente agitate. Due le date da tenere d’occhio: la prima, quella del primo ottobre, giorno in cui all’Assemblea Nazionale il premier repubblicano presenterà le linee d’indirizzo generali del suo esecutivo. La seconda, a poco più di una settimana di distanza, il 9 dello stesso mese, in cui secondo Le Monde arriverà la presentazione della legge di bilancio per il 2025. In otto giorni Barnier si gioca tutto: la tenuta della coalizione creata su impulso dell’Eliseo, la credibilità del processo di stabilizzazione dello scenario politico francese in subbuglio e la possibilità di bloccare la procedura d’infrazione per debito eccessivo avviata dall’Unione Europea nei confronti di Parigi. Ultimo, ma non meno importante: la prospettiva di durare nel tempo come capo del governo. La mediazione più difficile di Barnier Per l’ex ministro dei governi di centro-destra ed ex capo negoziatore dell’Unione Europea per la Brexit si prepara la sfida della più difficile: Barnier dovrà guidare l’esecutivo nelle acque inesplorate del dialogo con l’estrema destra del Rassemblement National per garantire stabilità e continuità al governo. Al contrario della sinistra del Nuovo Fronte Popolare, compatta nel negare qualsiasi sostegno al nuovo governo, il partito di Marine Le Pen e Jordan Bardella ha rimandato al primo discorso del premier ogni decisione sulla sua posizione riguardo al governo. E non si è detto ostile a priori a cercare margini di dialogo. La priorità dell’esecutivo sarà l’economia. Barnier rassicurare l’Europa sul fatto che sarà in grado di rimettere in sesto le finanze francesi: il deficit di bilancio nel 2023 è stato pari al 5,5% del Pil ed è secondo le stime destinato a salire ulteriormente nell'anno in corso. Macron non ha voluto varare una manovra correttiva prima delle elezioni europee di maggio e del rinnovo dell'Assemblea Nazionale di luglio e dunque toccherà al l’esecutivo fare scelte dolorose per il 2025. Se l’intransigenza della sinistra continuerà, Barnier avrà bisogno del via libera lepenista per poter approvare una finanziaria costellata di tagli alla spesa di ministeri e enti pubblici. E questo alzerà il potere negoziale della destra sovranista. Barnier ha già fatto due importanti concessioni a Le Pen sulle nomine al governo. La tre volte candidata all’Eliseo aveva posto come condizione per non avviare una mozione di censura un veto sulla partecipazione all’esecutivo di due figure a lei sgradite: il macroniano Eric Dupond-Moretti, ministro della Giustizia nel governo di Gabriel Attal, e il repubblicano Xavier Bertrand, suo avversario nel Nord-Passo di Calais. Entrambi sono rimasti fuori dal nuovo esecutivo. Le concessioni sull’immigrazione centrali per soddisfare Le Pen? In prospettiva, un tema su cui il governo potrebbe operare una svolta a destra gradita ai sovranisti è quello dell’immigrazione: non a caso, come ricorda Politico.eu, “una delle nomine più degne di nota nel nuovo governo è quella di Bruno Retailleau, un conservatore convinto noto per le sue posizioni intransigenti sull'immigrazione che in passato hanno portato ad accuse di razzismo, come ministro degli Interni”. Retailleau ha indicato in un’intervista a Le Figaro le priorità per il suo mandato: azzerare gli ingressi irregolari di immigrati, aumentare i rimpatri dei clandestini in nome della sicurezza pubblica. In capo al neo-premier, dunque, c’è una situazione estremamente complessa in un contesto politico frammentato. Entro la prima decade di ottobre Barnier capirà se i compromessi fatti all’interno e all’esterno del perimetro di governo saranno sufficienti a garantirgli lo slancio. La Commissione Europea osserva con attenzione: Bruxelles punta su una Francia stabile politicamente e finanziariamente. Ma ad oggi l’unica opzione per il capo del governo passa per quello che fino a pochi anni fa tutti a Parigi avrebbero considerato un “patto col diavolo”: il negoziato politico con il Rassemblement. Mentre dalla sinistra guidata da Jean-Luc Mélenchon si attende un’opposizione dura e intransigente, la Francia si prepara ad un nuovo autunno caldo.