Usa, l'immigrazione sta davvero abbassando i salari? Cosa dicono i numeri

Da qualche anno a questa parte gli Stati Uniti stanno vivendo una delle più grandi ondate migratorie degli ultimi decenni. Dal 2020 a oggi, più di nove milioni di persone sono entrate negli Stati Uniti, circa lo stesso numero di quante ne erano arrivate nell’intero decennio precedente. Questo enorme afflusso ha provocato diverse conseguenze: la popolazione ha iniziato a crescere dell’1,2% all’anno invece che dello 0,2% e il mercato del lavoro ha subìto diversi stravolgimenti. La maggior parte di chi è entrato negli Stati Uniti negli ultimi quattro anni lo ha fatto illegalmente. Secondo il Wall Street Journal solo il 30% ha oggi lo status di “residente permanente regolare”, l’altro 70% si sarebbe presentato al confine per fare richiesta d'asilo. Ma la Commissione della Camera dei rappresentanti per la sicurezza interna stima che circa 2 milioni siano riusciti a oltrepassare i controlli senza essere rilevati. Guardando alle 4,2 milioni di udienze presso i tribunali per l'immigrazione, il Wall Street Journal ha stimato che i quattro Stati in cui si sono stabiliti più nuovi arrivati sono anche i più popolosi: Florida, Texas, California e New York. Quelli con meno migranti sono invece tra i più periferici e meno popolati, come Alaska e Vermont, o i più poveri, come il West Virginia. I migranti partecipano di più alla forza lavoro, ma sono meno qualificati I migranti, una volta stabiliti sul territorio statunitense, cercano lavoro in massa. I dati riportati dal censimento mensile del governo mostrano che la popolazione migrante è più giovane e più facilmente in età lavorativa rispetto agli statunitensi: tra gli stranieri arrivati dal 2020 in poi, il 78% ha un’età compresa tra 16 e 64 anni, rispetto al 60% di chi è nato negli Stati Uniti. Questo dato si riflette sulla partecipazione alla forza lavoro: tra gli immigrati di età pari o superiore a 16 anni, il 68% lavora o cerca lavoro, rispetto al 62% degli statunitensi. Una percentuale che secondo il Wall Street Journal è destinata a salire poiché tra gli stranieri arrivati tra il 2004 e il 2019 - che al contrario di molti arrivati dopo il 2020 hanno avuto tutto il tempo di mettersi in regola - ammonta al 73%. Ma se la stragrande maggioranza degli immigrati è disponibile a lavorare, molti di loro sono costretti a cercare lavori poco qualificati. Tra chi è arrivato dopo il 2020, infatti, una percentuale doppia rispetto agli statunitensi non ha un diploma di scuola superiore e quindi non ha le competenze per svolgere un lavoro altamente qualificato. Ad esempio, il 6,5% dei nuovi immigrati lavora nel settore delle costruzioni , il 4,2% fa il domestico o le pulizie nelle abitazioni e il 3,8% lavora in cucina . Anche per questo motivo i nuovi arrivati guadagnano mediamente di meno degli statunitensi. Una conseguenza negativa di queste dinamiche è il fatto che la competizione al ribasso porta nel breve termine a una riduzione dei salari anche per chi già prima svolgeva questo tipo di lavori. Ma a lungo andare, anche i migranti acquisiranno esperienza e la pressione sui salari dovrebbe rientrare.

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