I britannici sono meno orgogliosi della loro Storia. Colpa di Brexit e colonialismo

LONDRA - A vederli esultare e disperarsi mentre guardano giocare le loro nazionali , inglesi, scozzesi e gallesi sembrerebbero orgogliosi oltre misura della propria nazionalità. E tutto il regno ha manifestato una profonda fierezza davanti al notevole risultato ottenuto dal “team GB” alle olimpiadi. Ma il British pride, scopre ora un sondaggio, basato su 5.600 interviste effettuate, si sarebbe ridotto notevolmente nell’ultimo decennio e ora si limiterebbe a manifestarsi solo, appunto, in occasione di eventi sportivi e poco altro. Il salto generazionale Ciò che è più interessante notare, è che questo calo è particolarmente evidente quando i britannici si relazionano alla propria Storia, specie quella coloniale, e al passato schiavista. Solo le ultimissime generazioni, infatti, hanno affrontato a scuola questo periodo con senso critico, come mai è stato fatto prima. Merito, sicuramente, di una società sempre più multiculturale e attenta alle sensibilità delle minoranze. Se si chiede agli ultratrentenni cosa sanno del colonialismo britannico, risponderanno il più delle volte: “Quasi nulla” e confermeranno di sapere molto di più di Elisabetta prima, dei Tudor, della Seconda Guerra mondiale. Una voragine nella memoria collettiva che solo le nuove generazioni stanno colmando. Ecco spiegato perché, in un decennio, l’orgoglio nei confronti della propria Storia avrebbe perso, stando al sondaggio in questione, ben ventidue punti, calando dall’88% al 64%. Sempre alto, per carità, ma decisamente in calo. Di tredici punti sarebbe sceso anche il numero di colore che preferirebbero essere cittadini del Regno Unito piuttosto che di qualsiasi altro Paese. La sfiducia nella politica Da cosa è stato provocato questo smottamento? Sicuramente la politica ci ha messo del suo, con un crollo generale della fiducia, in particolar modo nei confronti dei conservatori che hanno guidato il Paese per ben 14 anni filati. I Tories hanno dato il peggio di sé soprattutto durante la stagione di Boris Johnson a Downing Street – breve, ma pur sempre in grado di produrre una valanga di scandali – e quella di Liz Truss, durata, ironizzano gli inglesi, meno un cespo di lattuga, ma capace di lasciare un buco da almeno 30 miliardi di sterline in 50 giorni. Quanto accaduto può, almeno in parte, spiegare perché sia diminuita anche la percentuale delle persone che si dicono orgogliose della democrazia britannica, dei suoi risultati economici e della sua influenza politica nel mondo. Ed è sceso anche il numero di coloro che concordano sul fatto che il Regno Unito sia migliore della maggior parte degli altri Paesi o che lo si debba sostenere anche se è nel torto. Il bagno di umiltà causato dalla Brexit E poi, last but not least, ultima, ma non per importanza, a un bagno di umiltà ha contribuito anche la Brexit. La campagna referendaria aveva incendiato il sentimento nazionalista, aveva rinfocolato un certo sentimento “imperiale”, soprattutto nella fascia di popolazione più avanti d’età, convinta che il Regno Unito ce la faccia sempre e comunque meglio da solo, e che i migranti siano un problema più che una risorsa. Be’, la cronaca degli ultimi anni li ha smentiti. E anche se per molti resta un tabù ammettere che lasciare l’Unione europea è stato un errore, sono sempre più numerosi colori che si fanno prendere da una forma di nostalgia. Un Paese più critico e riflessivo “Nonostante la Brexit e il dibattito sull'immigrazione, la Gran Bretagna è diventata meno propensa a provare un senso di superiorità rispetto al resto del mondo e un po' più critica nei confronti della sua politica e del suo passato”, conclude il rapporto che ha accompagnato il sondaggio. “È forse l'immagine di un Paese che, almeno in una certa misura, diventa più riflessivo su se stesso e sul suo rapporto con il resto del mondo”.

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