Michel Barnier, "Mr. Brexit", traghetterà Parigi fuori dall'impasse?

Michel Barnier è il nuovo primo ministro francese: a 73 anni l’esponente del centrodestra gollista di Les Republicains è stato nominato da Emmanuel Macron con l’obiettivo di governare un’Assemblea Nazionale frammentata. L’ex commissario europeo e capo negoziatore di Brexit per conto di Bruxelles se da un lato rassicura l’Europa, dall’altro dovrà affrontare un difficile percorso per traghettare la Francia fuori dall’attuale impasse politica. La ricerca del consenso Mentre quello in arrivo si prospetta come un autunno caldo per il Paese - i conti pubblici francesi sono in affanno e ci sono dubbi sulla futura posizione finanziaria di Parigi - e mentre il governo dell’altro Paese-guida d’Europa, la Germania, è in difficoltà, l’ascesa di Barnier al governo è stata accolta dall’Unione con un sospiro di sollievo. Storico esponente del mondo moderato, più volte ministro nei governi gollisti e che ha lavorato con gli ultimi quattro presidenti della Commissione Ue, Barnier si è guadagnato negli anni la fama di mediatore di successo, capace di conciliare le posizioni più distanti grazie alle sue doti di pazienza e tenacia. Un’abilità dimostrata dal 2016 al 2021 come capo negoziatore per conto di Bruxelles nel difficile divorzio da Londra che gli è valso il soprannome di Mr.Brexit. Oggi, in un Parlamento francese che le legislative dello scorso luglio hanno restituito diviso in tre blocchi e non governabile da nessuna forza in autonomia, Barnier dovrà mettere in campo tutta la sua capacità di conciliazione per governare. Visto che il campo gollista e quello macroniano si stanno saldando a suo sostegno, tale mediazione dovrà riguardare soprattutto le relazioni con il Nuovo Fronte Popolare di sinistra, prima coalizione alle legislative ma senza la maggioranza assoluta, e con il Rassemblement National di estrema destra. Barnier tra Mélenchon e Le Pen Per il navigato ex commissario, la sfida di far quadrare il cerchio della politica francese, significa superare due ostacoli maggiori. Da un lato, l’irrigidimento dell’intero Nfp sulle posizioni de La France Insoumise, il partito di Jean-Luc Mélenchon, che chiedeva un premier esponente della galassia progressista che ora, compatta, si dice pronta a sfiduciarlo. E dall’altro, la necessità di tener conto delle richieste dell’RN per elaborare l’agenda di governo. Per ora Marine Le Pen – che nelle ultime settimane si è ritagliata il ruolo di ago della bilancia politica nazionale - non ha respinto la sua nomina. Questo ha fatto parlare di un presunto accordo fra Macron e il RN, uno sviluppo che in campagna elettorale Macron aveva decisamente escluso. I lepenisti per il momento non scoprono le carte e si dicono pronti a votare con l’esecutivo su una serie di dossier: le loro richieste includono “misure sul potere d'acquisto, una stretta sulla sicurezza e sull'immigrazione; l'introduzione della rappresentanza proporzionale in Parlamento”. È in questa posizione di precario equilibrio che Barnier dovrà cercare di portare a casa il primo, decisivo risultato: un compromesso sulla legge di bilancio che risolva la procedura d'infrazione aperta da Bruxelles contro Parigi a luglio per un deficit di bilancio stimato al 5,6% del Pil per l'anno in corso e per il 6,2% per il 2025. Un talento da mediatore La sfida di Barnier, giunto all’incarico più prestigioso della carriera a 46 anni dalla prima elezione a deputato, sarà dunque quella di far convergere posizioni opposte e trovare compromessi. La sua capacità di mediazione dovrà aiutarlo a navigare attraverso la possibile necessità di cercare compromessi con la destra sovranista, non cooptabile a responsabilità di governo ma che dati i 142 seggi in Parlamento sarà impossibile ignorare o lasciare fuori dai giochi. Il suo metodo rivendicato – consultazione e senso collettivo – sarà prezioso a Matignon, dove si troverà stretto tra un Presidente della Repubblica indebolito che non vuole perdere il controllo e un’Assemblea Nazionale frammentata e vendicativa, in cui i repubblicani hanno solo 47 deputati. Un compito quasi impossibile ma in cui - secondo i suoi collaboratori - lui è uno dei pochi ad avere delle possibilità di successo: “Non lascia nulla al caso e ha un talento naturale per il negoziato - dicono di lui a Le Monde - Sa come riunire le persone attorno a un tavolo per trovare una soluzione”.