Quando JFK era un "underdog": i dibattiti che hanno cambiato la storia Usa

I dibattiti presidenziali sono una prassi più recente di quello che si potrebbe immaginare: il primo si tenne tra John Fitzgerald Kennedy e Richard Nixon nel 1960 - periodo in cui la tv stava avendo un enorme diffusione - ma per i 16 anni successivi, almeno uno dei due candidati rifiutò il confronto con l’avversario. Il dibattito televisivo è diventato quindi un appuntamento fisso solo dal 1976, quando Jimmy Carter e Gerald Ford accettarono il confronto: da quel momento in poi se ne sono tenuti quasi sempre tre - più uno tra i candidati vicepresidenti - per ogni tornata elettorale. Kennedy era un "underdog" Il primo dibattito tra Kennedy e Nixon segnò un punto di svolta nella politica americana, mettendo per la prima volta due candidati faccia a faccia di fronte a un pubblico di milioni di telespettatori. Fino a quel momento, Kennedy era un cosiddetto “underdog”, mentre Nixon, vicepresidente in carica, era un politico esperto e conosciuto. Ma le ottime performance di Kennedy lo aiutarono a farsi conoscere al grande pubblico e ad accrescere la sua popolarità. Un fatto singolare: il terzo dibattito tra i due si tenne in circostanze insolite, ovvero a distanza: i due candidati si trovavano a quasi 5000 chilometri l’uno dall’altro, il primo a New York, il secondo a Los Angeles, e il moderatore in un terzo studio televisivo. La gaffe di Gerald Ford Nel 1976, Carter e Ford accettarono il confronto televisivo perché entrambi avevano bisogno di visibilità. Erano infatti candidati poco popolari: Ford, nonostante fosse il presidente in carica, era poco conosciuto dal pubblico poiché ottenne la carica in quanto vicepresidente di Nixon, dopo le dimissioni di quest’ultimo dovute allo scandalo Watergate. Lo scontro televisivo tra i due è ricordato principalmente per una gaffe di Ford, che in piena guerra fredda affermò, erroneamente, che l’Europa orientale non era sotto dominazione sovietica. Quel particolare episodio danneggiò Ford - poi sconfitto alle elezioni - contribuendo alla già diffusa narrativa che fosse un candidato goffo, smemorato e non adatto alla presidenza. La figura da attore di Ronald Reagan Nel 1980 il presidente in carica Jimmy Carter rifiutò più volte di confrontarsi con il suo sfidante Ronald Reagan, ex attore di Hollywood, temendo lo charme e le abilità televisive e di quest’ultimo. Solo dieci giorni prima delle elezioni, Carter, in svantaggio nei sondaggi, decise di accettare l’invito al dibattito. Con 80 milioni e mezzo di telespettatori, il primo e unico confronto televisivo tra Carter e Reagan divenne il secondo più visto della storia . Il presidente in carica puntò sul presentare la propria piattaforma politica corredate da fatti e numeri, mentre Reagan, comprendendo appieno lo spirito della televisione, rispondeva con slogan ed efficaci controbattute. Ne uscì vincitore quest’ultimo, che apparve come un candidato alla mano e sicuro di sé, mentre Carter, costantemente sotto attacco, non riuscì a trovare la formula giusta per conquistare il favore del pubblico. 1992: le domande dal pubblico e un Bush "annoiato" Il dibattito del 1992 tra il presidente in carica George H.W. Bush, Bill Clinton e il candidato indipendente Ross Perot adottò un nuovo format: quello del “town hall”, ovvero una modalità di dibattito ispirata alle assemblee cittadine, più rilassata, con domande dal pubblico e senza podi, ma con i candidati liberi di muoversi sul palco. Un episodio memorabile avvenne durante il secondo dibattito, quando Bush guardò il suo orologio da polso durante una domanda del pubblico, dando l’impressione di essere annoiato e disinteressato. Nel 2000 Al Gore prestò il fianco a Bush Nel 2000, i dibattiti tra George Bush e Al Gore furono ricordati principalmente per l’atteggiamento aggressivo di quest’ultimo. Gore partiva da una posizione di vantaggio, avendo già maturato molta esperienza nei confronti diretti, mentre Bush non era particolarmente famoso per le sue abilità oratorie. Ma gli attacchi di Gore, forse troppo sicuro di sé, lo fecero passare come arrogante e troppo bellicoso. Le elezioni, in bilico per una manciata di voti, furono poi decise da una sentenza della Corte Suprema a favore di Bush. È difficile misurare quanto i dibattiti siano realmente decisivi nell’influenzare l’esito delle elezioni. Ma secondo gli esperti, generalmente spostano più consensi quando non c’è un chiaro favorito e gli indecisi compongono una larga fetta dell’elettorato. Quest’anno sono presenti entrambe queste condizioni e il dibattito della prossima settimana tra Kamala Harris e Donald Trump potrebbe spostare quello “zero virgola” necessario per la vittoria finale - soprattutto se un candidato prevarrà nettamente sull’altro. Dopotutto, il dibattito tra Trump e Biden, che ha portato al ritiro di quest’ultimo, è già passato alla storia come uno dei più influenti di sempre.

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