Draghi fa lezione all'Europa: cosa sappiamo del report sulla competitività

Tutti chini a prendere appunti. Raccontano che alla riunione tra gli ambasciatori dei 27 Stati membri e Mario Draghi, l’attenzione dei diplomatici era massima. Quasi come studenti di fronte al professore che poi interroga, tutti erano concentrati a non perdersi una parola dell’esposizione dell’ex premier italiano. La “lezione” però, da ciò che si racconta non è stata poi né così lunga né così complessa. Il “professore” si è limitato ad esporre le linee generali del suo report sulla competitività in Europa rimandando alla pubblicazione del documento e probabilmente alla sua presentazione ufficiale lunedì prossimo davanti alla stampa e accanto a Ursula Von der Leyen una più precisa esposizione dei dettagli. Lezione ermetica I rappresentanti dei governi, che poi dovranno contribuire a mettere in pratica le raccomandazioni del report, sembrano essere rimasti un po’ delusi dall’asciuttezza dell’incontro. Draghi non è stato prodigo di parole e spiegazioni ed in parte così sembra essere andata anche nel secondo incontro fatto dall’ex premier a Bruxelles, quello con la presidente del parlamento Europeo Metsola, i presidenti dei gruppi parlamentari e quelli delle commissioni. Anche lì pochi dettagli. Linee generali, scambio di vedute con gli interlocutori e appuntamento alla prossima settimana. Fretta e fiducia Indipendentemente dalla predisposizione di Mario Draghi, la giornata di incontri a Bruxelles ha lasciato due nette impressioni. La prima è la fretta, il senso di urgenza, che l’autore del report sulla competitività europea ha voluto trasmettere ai suoi interlocutori. La seconda è l’attenzione di questi ultimi e l’immutata fiducia che hanno mostrato nei confronti di Mario Draghi e dei suoi suggerimenti. Persone che hanno assistito agli incontri hanno raccontato di un inedito clima quasi di soggezione da parte di ambasciatori o parlamentari di fronte all’ex capo della Bce segno di una predisposizione di partiti o Stati membri anche con posizioni distanti a cercare di mettere in pratica e seguire, almeno nelle intenzioni, i suggerimenti ricevuti. Obiettivo competitività Entriamo però nel merito di quanto illustrato da Draghi e di quanto, per quello che se ne può sapere dalle anticipazioni da lui stesso fornite, è scritto nel report. La Commissione Europea ha chiesto all’ex Premier di studiare come l’Ue possa diventare più competitiva di fronte al mondo che cambia, come possa arrestare il suo declino economico e ridurre la sua dipendenza dalle altre grandi potenze come Stati Uniti e Cina. Il rapporto suggerisce che se l’Europa vuole garantire ai propri cittadini un tenore di vita al livello degli scorsi decenni deve mettere mano a riforme senza precedenti. L’Ue deve cambiare passo, capire che o si comporta da potenza unita che fa scelte strategiche comuni oppure, se rimarrà una unione incompiuta di 27 o più differenti economie, inevitabilmente perderà terreno di fronte a Stati unitari con popolazioni di centinaia di milioni o più di un miliardo di abitanti e ricchi di spirito di innovazione e materie prime. Investimenti in difesa Secondo Draghi, l’ipotesi che l’Ue non riesca a integrarsi potrebbe corrispondere ad una sorta di incubo, d’altra parte tale incubo può essere evitato con una ferma volontà politica. Innanzi tutto ci vuole una chiara strategia da seguire. Bisogna aver chiaro in testa, ad esempio, su quali industrie europee si vuole investire per far sì che diventino leader mondiali nel loro settore. Inevitabile poi, secondo il report, è investire nell’innovazione, nelle alte tecnologie, dove siamo in grave ritardo rispetto a Cina e Stati Uniti, e nella formazione, per colmare un evidente ritardo di competenze tecniche di alto livello rispetto alle altre potenze. Tutto questo deve essere supportato da un consistente aumento degli investimenti pubblici europei nei settori considerati strategici. Il ragionamento sembra suggerire nuove forme di debito comune per finanziare industrie e settori economici che altrove ricevono miliardi di risorse ed in Europa faticano ad avere un sostegno finanziario importante. Tra questi settori c’è anche quello della difesa. Un’industria e una politica di difesa comuni in Europa sono considerate ormai indispensabili se si vuole avere voce in capitolo nel resto del mondo. Stessa cosa per quanto riguarda l’energia e le materie prime. Sotto questi aspetti, indispensabili in ogni campo produttivo, l’Europa deve cercare di rendersi indipendente dalle grandi potenze concorrenti. Attenzione alle piccole e medie imprese Draghi sottolinea anche quanto sia necessario sbloccare il più possibile l’attività delle piccole e medie imprese, imbrigliate da troppi vincoli normativi e burocratici. Queste che soffrono enormemente la concorrenza extraeuropea di aziende più libere di operare potrebbero invece tornare ad essere un traino fondamentale per l’economia di tutta l’Unione. Lo studio, che consisterà in circa 400 pagine, affronta moltissimi altri temi e ovviamente mette al centro l’importanza della transizione verde e digitale. Molti punti però, nota lo stesso Draghi, già si trovano nel programma della Commissione europea in via di formazione. Von der Leyen, esponendo le linee guida del suo secondo governo europeo di fronte al Parlamento, nel luglio scorso ha già fatto capire che voleva portare l’Europa proprio nella direzione suggerita da Mario Draghi. Cambio di passo Ue C’è da capire però quanto Bruxelles sia in grado di imporre un simile cambiamento di passo ai 27 Stati membri. Draghi lo ha ripetuto: di tempo ce n’è poco, bisogna muoversi. In un incontro a porte chiuse con alcuni parlamentari, qualche mese fa, aveva detto con voce accorata: Fate qualcosa! Non importa cosa, ma qualcosa fatelo! Paesi come l’Ungheria, che da presidente di turno dell’Ue ha messo in programma di seguire le direttive del report, una volta pubblicato, saranno veramente disposti a condividere con i partner scelte strategiche di politica estera ed economica? Stessa domanda vale per gli altri Stati governati da forze sovraniste che rivendicano autonomia rispetto ai “burocrati di Bruxelles”. E Paesi come la Francia, unica potenza nucleare dell’Europa Unita, saranno realmente pronti a condividere con gli altri partner europei la loro politica difesa? A sentire Mario Draghi o si è disposti a condividere e ad integrarsi diventando forti e competitivi, o si soccombe e si diventa più poveri, tertium non datur. A noi la scelta.