Conto alla rovescia per la nuova Commissione europea: a che punto siamo?

Mancano pochi giorni alla scadenza di sabato 31 agosto, entro cui gli Stati dell’Unione Europea dovranno indicare i loro candidati per la nuova Commissione. Il profilo politico del nuovo esecutivo guidato da Ursula von der Leyen appare sempre più evidente e 22 Paesi su 27 hanno già indicato i nomi per il von der Leyen bis. All’appello mancano ancora Belgio, Bulgaria, Croazia, Portogallo e Italia, unica tra i big europei, che secondo le indiscrezioni dovrebbe proporre il Ministro per gli Affari Europei e il PNRR Raffaele Fitto, di Fratelli d'Italia, puntando ad un importante portafoglio economico. Come si nominano i commissari La Commissione è un organo collegiale composto da commissari proposti dai governi nazionali, nominati dal presidente indicato dal Consiglio Europeo e confermati dal Parlamento e devono essere a loro volta approvati dall'emiciclo di Strasburgo. Attualmente sono ventisette in totale, compreso il presidente, e una vota nominati cessano di rappresentare lo Stato di provenienza e rispondono unicamente all’esecutivo Ue. Non esistono regole scritte per la nomina se non la corrispondenza secondo cui ad ogni paese spetta un commissario. Di prassi, per individuare i candidati i singoli governi tengono conto della maggioranza al Parlamento Europeo. Questo impone a ogni governo di non valutare il proprio colore politico, ma di considerare la potenziale linea dell’esecutivo Ue stesso. Ad oggi, oltre al ruolo di Alto Rappresentante, i principali commissari governano l’Industria, la Concorrenza, gli Affari Economici e la Transizione ecologica. Del resto, economia, Green Deal, politica estera e mercato interno sono anche i campi in cui la Commissione von der Leyen nel 2019 ha nominato dei vicepresidenti esecutivi per gestire i dossier strategici. Nel solco della continuità Tutto fa pensare che la prossima Commissione si iscriverà nel solco della continuità con la precedente. Per ora, oltre a von der Leyen, ben sei commissari hanno visto il loro incarico rinnovato dai rispettivi governi. Primo fra tutti il super-commissario all’Industria, il francese Thierry Breton, che dopo l’uscita di scena della titolare della Concorrenza, Margrethe Vestager, potrà spingere la propria visione interventista sul fronte regolatorio e degli investimenti per una politica industriale comune. E, in prospettiva, per quelle politiche di rilancio della Difesa europea su cui von der Leyen intende puntare e per le quali la Francia non nasconde le proprie ambizioni. Tra i big si confermano anche il vicepresidente con delega all'Economia, il "falco" pro-austerità Valdis Dombrovskis, al terzo mandato per la Lettonia e il collega vice Maros Sefcovic, titolare del Green Deal. Sono stati riproposti anche la croata Dubravka Suica, commissaria per la Democrazia e la Demografia, il commissario per l'Allargamento ungherese, Oliver Varhelyi, e il titolare dell'Ambiente, l'olandese Wopke Hoekstra. Se per alcuni leader, come Viktor Orban e Robert Fico, confermare commissari che hanno già lavorato con von der Leyen serve a evitare le forche caudine di una bocciatura al Parlamento Europeo, per altri governi la scelta del commissario indica precise linee d’indirizzo politico. Dombrovskis e Hoekstra, ad esempio, da paladini del rigore potranno giocare un ruolo centrale negli affari economici comunitari. Parità di genere, obiettivo lontano La partita per la nomina dei nuovi commissari è ancora tutta in salita: in particolare, al momento, ad apparire fuori portata è la parità di genere interna alla Commissione su cui von der Leyen puntava. Inizialmente la presidente aveva chiesto a ogni governo di nominare un uomo e una donna per confermare il trend del 2019 che vedeva 13 commissari donne su 27. Ma, all’avvicinarsi della scadenza, solo sei dei ventuno candidati già decisi dalle cancellerie sono donne. A parziale compensazione però, va sottolineato che vista la conferma di Ursula von der Leyen e Roberta Metsola al Parlamento Europeo, il perdurare del mandato di Christine Lagarde alla Banca centrale europea fino al 2027 e l’avvicendamento Borrell-Kallas, da qui ai prossimi tre anni per la prima volta nella storia del blocco tutti e quattro i vertici europei saranno “al femminile”. Il peso specifico della leadership al femminile nell’Europa di domani, insomma, non sembra del tutto ridimensionato, ora che ci si avvia verso il quinquennio dell’Ursula-bis.