Agostino da Polenza: "Il K2 è la montagna della vita"

Archiviata la spedizione K2 del Cai, al 70° anniversario, che non si è chiusa soddisfacendo le aspettative ma che assicura comunque qualche risultato da celebrare, il Capo-spedizione, Agostino da Polenza, racconta il suo punto di vista sulle spedizione hymalaiane. Ma soprattutto racconta il suo K2, la montagna delle montagne, quella che ha segnato un'esistenza. Da Polenza, prima di tutto un passo indietro su K2-70. La spedizione aveva anche obiettivi scientifici importanti. Quali erano e come è andata? Prima di partire avevo presentato al Presidente Meloni l’Inventario dei Ghiacciai del Pakistan fatto da EVK2CNR con la Cooperazione italiana. Che sono ben 13.200, la più importante risorsa d’acqua dolce dell’Asia. Lo porteremo per suo desiderio alla COP 29 come un’eccellenza, un esempio del “sistema Paese” che valorizza capacità diversificate e complesse della scienza al servizio della salvaguardia della natura e della cooperazione internazionale. La conoscenza e lo studio dei ghiacciai del “terzo Polo” della Terra rispondono anche a una delle tre priorità individuate lo scorso giugno dal Comitato Esecutivo del WMO. Con l’Istituto di Scienze Polari del CNR e l’UNI Ca’ Foscari abbiamo iniziato quest’anno una campagna preliminare per l’individuazione di un sito di carotaggio profondo da effettuarsi i prossimi due anni. Un Grande impegno coordinato da Jacopo Gabrieli che s’è scontrato con il K2. Una grande valanga precipitata dal versante est del K2 per 2000 metri ha provocato uno spostamento d’aria che ha distrutto il campo di lavoro, collocato a 2km dal punto di impatto, dove 6 persone stavano preparandosi per la cena. Tutti salvi, ma lavoro interrotto e rinviato al prossimo anno. Ma l’esperienza è servita a capire che i ghiacciai continentali d’alta quota sono una “bestia” da prendere con grande attenzione. Ora sappiamo come. Del resto negli ultimi 18 mesi, Evk2CNR con l’università di Milano e quella di Cagliari e quelle pakistane ha realizzato l’inventario dei 13.200 ghiacciai del Pakistan. La più importante e duratura riserva d’acqua dolce dell’Asia. Anche dal punto di vista medico e fisiologico con l’EURAC di Bolzano e la nostra instancabile Lorenza Pratali, si è portato avanti un protocollo sulla fisiologia e la medicina d’alta quota riferita alle donne. Scienza poco indagata che con la nostra spedizione ha avuto una nuova attenzione. Ma forse la ricerca deve finalizzare i suoi sforzi indipendentemente dall’alpinismo. Ardito Desio e il grande Paolo Cerretelli ce lo avevano indicato. Anche di questo varrà la pena tener conto in futuro. Ma certo anche la ricerca ambientale e la sua messa a disposizione per migliorare le aree protette dei Parchi, non solo del CKNP che ha al suo vertice il K2 ma anche altri parchi come il DEOSAI o quello del Kunjerab, hanno tratto dall’apporto e dalla specializzazione dell’uso dei droni idee e incentivi per esempio per la valutazione dei rischi da GLOF, i laghi glaciali e periglaciali e le mutazioni annuali dei grandi ghiacciai. Durante la spedizione poi abbiamo acquisito dati puntuali meteorologici al campo base , sia con una stazione classica sia con una stazione superleggera, un brevetto che si chiama “Inalto”, condiviso tra Evk2cnr e CAE una primaria azienda italiana che produce stazioni meteorologiche. C'è chi sostiene che occorre limitare le spedizioni commerciali sul K2 per evitare che si avvii a essere troppo frequentato, un po' come la via normale dell'Everest. Lei cosa ne pensa? Totalmente d’accordo e non da ora. Critico da anni la “everestizzazione” del K2. A volte ho perfino fatto il tifo per il K2. Quest’anno c’erano 20 spedizioni commerciali al base, organizzate dalle più note sigle, quasi tutte nepalesi. A Skardu prima di salire sul Baltoro ho chiesto al Governatore del Gilgit Baltistan di rivedere quest’autunno il Management Plan del Central Karakorum National Park e il regolamento delle Spedizioni Alpinistiche in Gilgit Baltistan. Andrebbero introdotte regole e correttivi per la salita al K2, ma non solo. Questo è un territorio formidabilmente prezioso, il più importante e duraturo deposito d’acqua dolce dell’Asia, va curato, rispettato, protetto, e gli alpinisti devono contribuire a questo non al contrario. La montagna va anche salvaguardata per ciò che rappresenta, non la si può e deve svilire a semplice esercizio di attività commerciali. Ha un valore naturale e culturale che va preservato. Per questo questa spedizione al K2 ha centrato l'obiettivo. Era una spedizione classica, organizzata con criteri classici. Totalmente lontana nel pensiero, nelle relazioni umane e interpersonali dei suoi componenti, nei modi e nell’organizzazione logistica da quelle commerciali, magari super attrezzate e comode, come lo eravamo anche noi. Ma da noi venivano a prendersi un caffè anche quelli delle spedizioni commerciali. Non capire che è diverso organizzarsi la propria salita, insieme ai propri compagni, invece che essere accompagnati e accuditi da uno o più sherpa con tanto di bombole di ossigeno a 3-4 litri al minuto da campo 3, è essere in malafede. Si può certo praticare questa forma di alpinismo commerciale d’alta quota, ma con regole e modalità chiare e rispettose della montagna e magari anche dell’alpinismo. Sicuramente lei ha un rapporto personale molto particolare con il K2. Ci può raccontare la sua "storia d'amore" con questa montagna? Quali sono gli episodi che oggi si porta dentro con più intensità? Il K2 è di certo la mia montagna guida. L’Ho salito dal versante Nord arrivando in vetta il 31 luglio del 1983, avevo 28 anni ed erano passati 29 anni dopo Compagnoni e Lacedelli; ci ho dormito in cima quella notte. Lui, il K2, mi ha graziato, non un refolo di vento ha aggravato la mia condizione e quella di Josef Raconcai che era con me. Una spedizione durata 5 mesi, e l’ho diretta finché Francesco Santon dopo due mesi ci ha raggiunto al Campo Base. Nel 1986 al K2 ci ritorno con Gianni Calcagno, un monumento dell’alpinismo, con Tullio Vidoni suo scudiero e Benoit, che realizzò il record di salita in 23 ore dal campo base alla vetta. Eravamo inarrivabili alpinisticamente. Quello fu anche l’anno tragico della morte di Casarotto, degli americani a Sella Negrotto, di Jiulie Tallis e di Alan Rouse di molti altri. E poi nel 1996 con i Ragni di Lecco che mi chiesero di organizzare una spedizione al K2 per il loro sessantesimo. Fu una bella spedizione, tra ragazzotti forti e divertenti. Arrivammo in vetta, ma in discesa Lorenzo Mazzoleni scivolò via. Fu un dolore che ancora oggi mi trafigge. E che ho riprovato poche settimane fa ritrovando poco lontano dal campo base sotto la parete del K2, la zaino di Lorenzo, probabilmente sbalzato da spalla al momento della caduta. Sono tornato poi nel 2004 per il 50°. Una grande e complessa spedizione. A fine luglio mio cognato mi chiamò al satellitare e mi disse che Silvana, la donna con la quale ero sposato da vent’anni, con la quale avevo una figlia di 16 anni, Francesca, e che mi aveva spinto al K2, si era aggravata. Un tumore la stava uccidendo. Mi precipitai a casa con elicotteri e voli speciali. La trovai ormai agonizzante, il 26 luglio le comunicai che i ragazzi erano arrivati in cima. Sorrise e mi strinse le mani mi chiese se ero felice e si chiuse nel silenzio della sua agonia. Ci lasciò due giorni dopo. Lo scorso 25 luglio con Francesca, con Riaz, il mio “figlioccio” pakistano e Mohammad, siamo saliti all’attacco della “Magic Line”, la linea più bella e imponente per la vetta del K2. Poco più avanti, sul ghiacciaio che porta al pendio per Sella Negrotto, nell’86 con Gianni Calcagno, Tullio, Wanda e un paio d’altri, estraemmo Renato Casarotto dal buco di ghiaccio che un paio d’ore prima lo aveva inghiottito e dove lo riseppellimmo all’alba. Li 10 anni dopo salii con Goretta, la moglie di Renato, per il suo saluto liberatorio a Renato. E lì 10 anni fa , in occasione del 60°, con Stefania, la donna che mi ha accompagnato per più di un decennio e che ha amato il K2 come e più di me, passammo molte ore felici. In quel luogo fatato che chiamammo la valle dei papaveri blu, nel cuore del K2 a 5300 metri, dove nascono fiori colorati e papaveri blu, ho sparso una manciata di polvere in ricordo di Stefy che nel 2020 se n’è andata travolta dal cancro. Glielo avevo giurato mentre se ne andava. Questo è il mio rapporto con il k2, con il Baltoro con il Karakorum e l’Himalaya. È la vita e la morte. È la forza e la gioia di un simbolo immenso che ho dentro e che nessuno potrà mai scalfire.