La crisi demografica colpisce tutta Europa. Ma l'Italia un po' di più

Crisi demografica. Crollo della nascite. Invecchiamento della popolazione. Il fenomeno ha tante facce, altrettanti nomi e può essere osservato da molteplici punti di vista. Ma il senso è lo stesso. In alcune aree del mondo la fertilità cala e i decessi superano le nascite. Risultato: l’età media della popolazione aumenta e il numero di abitanti giocoforza diminuisce se non è compensato dall’immigrazione. L’Unione europea, lo sappiamo, è una di queste aree. Ma all’interno della Ue il fenomeno, pur generalizzato, non colpisce tutti i Paesi allo stesso modo. Segno che se la direzione è comunque la stessa, le politiche nazionali possono fare una, seppur piccola, differenza. Quella che, evidentemente, non riesce a fare l’Italia che, come noto, è uno degli stati dove la crisi demografica in tutte le sue sfaccettature si avverte di più. Ma cerchiamo di capire meglio di che cosa stiamo parlando. La popolazione Ue cresce, ma solo grazie agli immigrati Iniziamo con un dato, che potrà sembrare sorprendente visti gli allarmi periodici sulla crisi demografica e che invece, se osservato con più attenzione, li conferma. Nel 2023 - raccontano le statistiche Eurostat pubblicate a metà luglio - la popolazione della Ue è cresciuta di circa 1 milione e 650mila persone. Non è molto in un‘area che ospita quasi 450 milioni residenti ma pur sempre qualcosa. Ma questo aumento non è dovuto a quello che i demografi chiamano “saldo naturale”, la differenza tra nuovi nati e morti, che da 10 anni è ormai negativa. Anche nel 2023 infatti nell’Unione europea i decessi hanno superato le nascite. E se la popolazione è aumentata, è solo per il contributo di chi è venuto da fuori. Dal 1985 il tasso annuale di variazione dell’immigrazione è infatti positivo e ha raggiunto 6,3 persone per 1.000 abitanti nel 2023. Vuol dire che ogni mille abitanti della Ue ne sono arrivati in media 6,3 da fuori confine. Al contrario, come abbiamo visto, il tasso naturale è negativo dal 2014 e nel 2023 si è assestato a -2,6 per 1.000 abitanti. La popolazione Ue cresce, ma in certi Paesi diminuisce Dunque, dicevamo, la popolazione dell’Unione europea è leggermente aumentata nell'ultimo anno. E l’incremento, come abbiamo visto, è stato frutto dell’immigrazione. Ma non tutti i Paesi della Ue, nonostante l’apporto degli immigrati, hanno visto una crescita degli abitanti. Secondo Eurostat, la popolazione italiana, per esempio, nel 2023 è diminuita. Di pochissimo ma è diminuita: 0,1 persone ogni mille abitanti. Lo stesso vale per i Paesi rappresentati in una scala di rosso nella mappa, come la Grecia e il blocco dell’est europeo: tutti con valori negativi con Moldavia e Bosnia Erzegovina a guidare la fila. Aumentano invece i residenti dei Paesi colorati con una scala di blu. Soprattutto Spagna, Portogallo, Irlanda e Norvegia. Complessivamente la popolazione sale nel nord e centro Europa e nell’area scandinava. La popolazione Ue invecchia, ma in Italia più velocemente Una delle conseguenze dei processi descritti, insieme all’allungamento dell’aspettativa di vita, è il progressivo invecchiamento della popolazione. L’età mediana della Ue è cresciuta stabilmente nel corso degli anni. E con 48,4 anni di età mediana l’Italia può essere considerato il Paese più “vecchio” della Ue e uno di quelli in cui, come mostra la linea evidenziata nel grafico seguente, l’invecchiamento procede più spedito. E che sia così lo conferma un altro indicatore, la quota di popolazione con più di 65 anni. Per capire meglio come è distribuita, possiamo guardare a questo indicatore dal punto di vista delle regioni e non dei Paesi in cui è suddivisa l’Unione europea. In questo caso le aree più scure, quelle in cui la percentuale di over 65 è più alta, si trovano nei Paesi mediterranei come la Grecia e l’Italia, nel nord della Spagna, nell’ovest della Francia, nelle regioni orientali e settentrionali della Germania e in alcune aree della Scandinavia. Queste differenze territoriali aiutano a capire che il fenomeno dell’invecchiamento è variegato e dipende da svariati fattori, non tutti necessariamente negativi. Può indicare infatti sia l’abbandono di alcune aree più depresse da parte della popolazione più giovane in cerca di luoghi con maggiore disponibilità di lavoro. Allo stesso tempo può indicare aree di relativo benessere, con servizi sociali e sanitari di qualità e climi confortevoli che favoriscono sia il trasferimento di pensionati sia un’aspettativa di vita più alta. O una combinazione di questi elementi.