Finita la tregua olimpica, Macron alle prese col rebus governo

Conclusi i Giochi Olimpici di Parigi, per Emmanuel Macron è finita anche la “tregua” politico-istituzionale garantita all’Eliseo dalla sostanziale sospensione del dibattito interno sulla formazione del governo nella prima parte di agosto. Il Capo di Stato francese dovrà sbrogliare la matassa venutasi a creare dopo il voto politico legislativo anticipato del 30 giugno e 7 luglio che ha visto la coalizione presidenziale imperniata sul partito di Macron, Renaissance, dimezzare i seggi ma non sprofondare. Il Nuovo Fronte Popolare di sinistra è emerso come vincitore relativo ed è stato imposto un barrage all’avanzata del Rassemblement National, solo terzo. Gallia est omnis divisa in partes tres, si potrebbe dire reinterpretando Cesare. Ma finite le Olimpiadi si riapre il lungo e logorante tira e molla per la scelta del successore del premier uscente Gabriel Attal. Stampa divisa sull’impasse Macron ha promesso che avrebbe nominato un nuovo primo ministro dopo la fine dei Giochi, conclusisi l’11 agosto. Quasi due settimane sono passate e ancora nulla appare chiaro all’orizzonte. La stampa transalpina si è divisa. Le Figaro, importante testata conservatrice, definisce il procrastinare presidenziale “un’illusione pericolosa. Perché in realtà le sfide che la Francia deve affrontare sono immense: consolidamento del bilancio, carenza di alloggi, lotta all’immigrazione clandestina, reindustrializzazione, sostegno a scuole e ospedali, transizione ecologica. Il nostro Paese ha bisogno di un governo. E in fretta”. La testata cattolica La Croix, invece, predica calma: “La sequenza degli eventi è semplicemente un promemoria del fatto che scegliere un primo ministro, costruire una coalizione e redigere un contratto governativo non sono cose che si possono fare in un giorno”. Aggiungendo che “l'attuale confusione è senza dubbio un necessario periodo di gestazione. Diventerà un investimento altamente redditizio una volta che le negoziazioni saranno davvero avviate". Consultazioni appena avviate Macron ha fatto una prima mossa per sbloccare l’impasse. Il primo round di discussioni si è tenuto venerdì 23 agosto: il capo dell’Eliseo ha riunito i partiti per aprire le discussioni sulle future nomine. Sembra esser per ora naufragata la strategia attribuita al campo moderato prima dei Giochi, ovvero quella che mirava a costruire una maggioranza di governo estesa dai macroniani alla sinistra non radicale, escludendo il primo partito del Nfp, La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, e aprendo alla destra gollista le consultazioni per un governo di larga coalizione. Allo smarcamento dei Republicains, il partito che eredita la tradizione politica del Generale, si è aggiunto il ricompattamento del Nfp su una candidatura di bandiera per il ruolo di Primo ministro: Lucie Castets, economista di 37 anni che guida gli affari finanziari del comune di Parigi, guidato dalla socialista Anne Hidalgo, gradita anche a Mélenchon. Una sfida complessa Macron ha invitato Castets alle consultazioni ma ha detto che non eserciterà il diritto di nomina nei suoi confronti. Il Nfp si è diviso sulla reazione alla mossa di Macron, con Mélenchon che ha paventato una richiesta di impeachment per la mancata nomina di Castets non colta dal segretario socialista Olivier Faure, ma non sul messaggio politico da mandare al Capo di Stato. Ovvero presentare il Nuovo Fronte Popolare come compatto e come prima forza politica di Francia alle consultazioni. Si torna a dialogare in vista delle sempre minori ipotesi residue: essenzialmente, sul tavolo restano le prospettive di un governo di coalizione tra Nfp e campo macroniano; l’idea di un governo di minoranza di sinistra; la prospettiva di un esecutivo tecnico; da ultimo, l’ipotesi del ritorno alle urne. In cui la tenuta del “fronte repubblicano” contro il partito di Marine Le Pen non sarebbe nuovamente scontata. Del resto, forse questa è stata la grande ambiguità della notte del 7 luglio: nessuna formazione ha inteso il patto anti-Le Pen come la premessa di un’alleanza successiva, obbligata ma senza vere alternative, per governare il Paese. Il campo di Macron e quello di Mélenchon hanno finito per apparire radicalmente alternativi. E oggi la strada per la politica francese verso un nuovo governo sembra tutta in salita, una matassa da sbrogliare. Alle cui spalle il Rassemblement scommette sul fallimento del campo largo che ne ha frenato l’ascesa, sperando di veder solo rimandata la sua corsa al potere.