Convention dem, tappeto rosso per gli influencer: una strategia social?

"Giornalisti che parlano di giornalisti" sarebbe il titolo perfetto per una rubrica che avesse come scopo non essere letta da nessuno. Concedetemi tuttavia poche righe di fiducia e vediamo se riesco a coinvolgervi. I reporter accreditati alla convention di Chicago, circa quindicimila, non hanno avuto vita facile . I pass per accedere sono pochi e distribuiti secondo regole di una chiarezza paragonabile a quella della "Confessio fraternitatis" rosacrociana. All'esterno dello United Center ho assistito personalmente a una sorta di bagarinaggio quotidiano in cui reporter di varie testate si prestavano vicendevolmente i pass, che in questo caso non erano nominativi. Qualcuno lamenta la scarsità di prese di corrente, altri l'inaffidabilità delle rete wi-fi, altri ancora l'assenza di generi di conforto . Non tutti, però, subiscono lo stesso trattamento. C'è chi viene coccolato, e in genere si tratta di coloro che girano immagini con lo smartphone e tengono il telefono in senso verticale. La Convention Democratica di Chicago è, orgogliosamente, la prima in cui i creator digitali non sono solo bene accetti, ma sedotti, invitati e vezzeggiati. Prima dell'inizio della kermesse, la direttrice della strategia digitale della DNC, Cayana Mackey-Nance, ha spiegato che portare i creator alla convention avrebbe aumentato la "capacità di attrazione del partito, garantendo a tutti la possibilità di testimoniare com’è la democrazia mentre viene messa in atto”. Nobile intendimento, ma non tutti la vedono nello stesso modo. Wired, che non è esattamente una testata passatista, ha scritto: "mentre gli influencer ricevono un trattamento da VIP, i giornalisti accreditati faticano a trovare una presa alla quale attaccare i loro laptop". I creator accreditati sono oltre duecento, e hanno a disposizione almeno quattro luoghi diversi per girare le loro clip. Sul floor della convention c'è una piattaforma riservata a loro con un punto di osservazione diretto sul palco. Non so se Makena Kelly, senior writer di Wired, abbia qualcosa di personale contro i creator, ma è sempre lei a scrivere che gli influencer hanno due lounge tutte per loro, all'interno delle quali "lo staff della convention rifornisce i tavoli di vino e cibo gratuito, tra cui sandwich e costolette". Questa cosa delle costolette a Makena Kelly non va proprio giù. Ho cercato personalmente le fantomatiche lounge, percorrendo i gironi per nulla infernali dello United Center, ma sbirciando dietro le impalpabili tendine nere che nascondono le location esclusive della Convention ho visto semplicemente gente impegnata a mangiare : anche l'influencer più prolifico posa lo smartphone mente mangia, dunque risulta difficile distinguerlo da un semplice delegato - poniamo - delle Isole Vergini. “Siamo fiduciosi che quando il mondo si rivolgerà a Chicago", ha detto ancora Mackey-Nance a ridosso della Convention, "sui propri telefoni, tablet o TV vedrà esattamente chi sono i democratici e per quale futuro stiamo combattendo”. Matt Hill, Senior Director per la comunicazione della Convention, è stato ancora più enfatico: "stiamo dando agli influencer un posto in prima fila nella storia". Letteralmente, a quanto pare. I creator hanno rimediato un biglietto di prima classe anche per quanto riguarda la facilità d'accesso ai big del partito, e dal "posto in prima fila" sono saltati direttamente sul palco. Nella lista degli oratori ci sono infatti cinque influencer: Deja Foxx, Nabela Noor, Carlos Eduardo Espina, Olivia Julianna and John Russell, che raggiungono complessivamente oltre 24 milioni di follower. È un modo per rivolgersi al pubblico più giovane, sempre più propenso a leggere la realtà attraverso la lente dei social. Secondo il Pew Research Center, Youtube è utilizzato dal 93% dei cittadini americani tra i 18 e i 29 anni, mentre nella fascia 50-64 il dato cala all’83%. Il 78% degli under 29 utilizza Instagram, atteggiamento condiviso dal 35% di chi ha più di 50 anni e meno di 64. Per quanto riguarda TikTok la percentuale è, rispettivamente, del 62 e del 24. I dati sono del gennaio scorso. Gli influencer invitati dai democratici affrontano temi come i diritti riproduttivi, l’inclusività, il bullismo, l’immigrazione e il dibattito politico in senso stretto. Tutti argomenti fondamentali che meritano di essere illustrati e discussi con ogni mezzo possibile. Se c’è una fascia di popolazione che preferisce informarsi su determinate piattaforme è giusto indirizzare l’informazione su quelle piattaforme. Certo il mezzo è – fin troppo notoriamente – il messaggio, ma il messaggio è anche colui che il mezzo lo governa. Ben vengano i duecento influencer ammessi alla Convention, tranne forse quel foodblogger che gira per i corridoi del palazzetto chiedendo ai delegati: “se Donald Trump e Kamala Harris fossero un cibo, che cibo sarebbero?”