Afghanistan 3 anni dopo: la popolazione è isolata e in preda alla fame

Il 15 agosto 2021 le immagini della caduta di Kabul nelle mani dei talebani e il ritiro disordinato e caotico delle truppe della coalizione occidentale a guida statunitense scioccarono il mondo. Gli Stati Uniti divennero l’ennesimo “impero” a subire uno scacco decisivo nel Paese che a molti altri era stato ostile. Lo sfaldamento della Repubblica Islamica dell’Afghanistan di fronte all’offensiva d’estate dei talebani, alla luce dell’accordo con cui l’amministrazione Trump aveva riconosciuto direttamente gli ex Studenti Coranici come controparte diplomatica, rafforzandone il peso politico, e la sottovalutazione da parte di militari e intelligence sulla rapidità della possibile avanzata dei militanti furono all’origine di un disastro senza appello. I talebani occupano il potere di un Paese in crisi Al netto delle critiche che si possono muovere al governo dell’ex presidente Ashraf Ghani, alla gestione del conflitto della coalizione occidentale e alla corruzione e ai problemi securitari del governo rovesciato nel 2021, è indubbio il fatto che in questo triennio la situazione dell’Afghanistan talebano sia drammaticamente peggiorata. E a farne le spese non è certamente la classe dirigente del paese, che dal 15 agosto 2021 secondo il Middle East Institute ha nominato ben 1.200 funzionari di alto rango per governare lo Stato, ma una popolazione civile che per il 63,7% è costituita da giovani di meno di 25 anni, che dunque non hanno ricordo del mondo pre-invasione americana del 2001 e soffrono una duplice problematica: l’inadeguatezza amministrativa dei talebani da un lato, l’isolamento internazionale del paese dall’altro. Povertà dilagante Human Rights Watch ha dedicato all’Afghanistan un dossier che tratteggia un quadro drammatico: Secondo le Nazioni Unite, nel 2024, 23,7 milioni di persone, più della metà della popolazione del Paese, avranno bisogno di assistenza umanitaria. Le statistiche sono allarmanti: il 69% delle persone "non ha abbastanza cibo”, e per il World Food Program in questa statistica vanno inclusi 3,2 milioni di bambini sotto i 5 anni. Inoltre, ricorda Hrw, “il 67% ha difficoltà ad accedere all'acqua, a causa di una prolungata siccità legata al cambiamento climatico; l'economia si è contratta del 27%; e solo 4 abitanti su 10 hanno accesso all'elettricità. Oltre a tutto questo, il sistema sanitario è sull'orlo del collasso”. La presenza dei talebani a Kabul rallenta anche ogni politica di gestione umanitaria della crisi: il Paese è governato da un regime che non ha alcun formale riconoscimento internazionale, e per questo le Nazioni Unite sono riuscite, nel loro ultimo piano di aiuti, a far approvare solo il 3% dello stanziamento da 3 miliardi di dollari richiesto per alleviare i problemi del Paese. In qualche modo, i talebani stanno cercando di reagire per uscire dall’isolamento, legittimandosi politicamente e mostrando una parvenza di statualità a fronte alla rigida impostazione islamista e coranica della loro amministrazione. In maniera innovativa rispetto alla precedente esperienza di governo tra il 1996 e il 2001, gli ex Studenti Coranici sperano così di ottenere perfino una legittimazione internazionale. Oltre al costante, per quanto ambiguo, rapporto col Pakistan i talebani stanno cercando un’interlocuzione anche con i Paesi limitrofi. Cina e Iran "usano" i talebani Tra i principali successi di Amir Khan Muttaqi, ministro degli Esteri dei talebani, è stato lo scambio di credenziali tra l’ambasciatore cinese a Kabul e il regime da un lato e l’apertura di Pechino a un rapporto pragmatico fondato sulla volontà della Cina di mettere le mani sulle ricche risorse di materie prime, rame e terre rare di cui è ricco il sottosuolo afghano. Ma come ricorda il Middle East Institute anche l’Iran, che sa che nessuna forza politica o militare ha oggi prospettiva di rovesciare i talebani, sta costruendo un rapporto con i padroni del Paese. L’obiettivo di Teheran è di fare dell’Afghanistan un valico di transito dell’energia iraniana diretta verso fiorenti mercati di sbocco come l’India, facendo leva sulla dipendenza talebana dalla Repubblica Islamica: “Un terzo delle importazioni totali dell'Afghanistan proviene dall'Iran. Per incrementare ulteriormente il commercio e gli scambi bilaterali, Teheran ha ospitato una riunione del Comitato economico congiunto Iran-Afghanistan nel novembre 2023 , a cui ha partecipato il vice primo ministro dei talebani Mullah Abdul Ghani Baradar”. Entrambi scenari, quello iraniano e quello cinese, in cui l’Afghanistan talebano è oggetto, non soggetto delle grandi partite della connettività, della corsa alle materie prime critiche e degli equilibri centroasiatici del XXI secolo. Tra povertà, fame e isolamento alternato a relazioni predatorie, dunque, è innegabile che questi tre anni abbiano prodotto un drastico peggioramento della situazione dell’Afghanistan. Ed è difficile pensare come si possa risalire la china.