Ue-Cina: parola d'ordine "pragmatismo"

Cina e Unione Europea sono arrivate ai ferri corti. Anzi, cortissimi, stando agli ultimi sviluppi di questi mesi. Benché Pechino e Bruxelles siano state unite a lungo da un rapporto molto stretto, i legami tra le due hanno subito profondi cambiamenti e quella che era una relazione prevalentemente economica è diventata in tempi recenti sempre più politicizzata. In particolare, con l'intensificarsi del confronto geopolitico tra Cina e Stati Uniti che domina la comunità internazionale, sono emersi in più occasioni attriti tra Bruxelles e Pechino su un'ampia serie di temi che vanno dal commercio alla tecnologia, dai diritti umani alla geopolitica. Ciò avviene sia a livello continentale, nelle istituzioni dell'UE, sia a livello interno, negli Stati membri. I punti di vista stanno comprensibilmente cambiando mentre la Repubblica Popolare Cinese ascende rapidamente sulla scena globale come nazione sviluppata e sicura di sé, un processo che ha innescato un'ondata di riflessioni politiche nelle capitali europee, soprattutto dopo lo scoppio della pandemia di Covid-19 all'inizio del 2020. Attriti economici Il commercio è uno dei settori in cui le tensioni sono diventate più evidenti. Negli ultimi due decenni, gli scambi sono cresciuti costantemente e hanno contribuito a intrecciare le economie della Cina e dell’Europa. Tuttavia, la bilancia è fortemente squilibrata a favore di Pechino, con un surplus commerciale nei confronti dell'UE che nel 2022 ha toccato quota 397 miliardi di euro. L'anno scorso la cifra si è attestata su un livello inferiore, 291 miliardi di euro, ma il calo è quasi interamente dovuto a una diminuzione delle esportazioni cinesi e non a un aumento di quelle europee. Oggi la Cina rimane il primo partner dell'UE in termini di importazioni , ma è solo il terzo partner dell'UE in termini di esportazioni . Al fine di proteggere la propria base manifatturiera, negli ultimi mesi l'UE ha adottato misure più decise contro le importazioni tecnologiche dalla Cina. I dazi proposti sull’import di veicoli elettrici dalla Cina sono solo l'esempio più evidente e pubblicizzato date le ricadute sistemiche del settore per l’Europa, ma una lunga serie di altri articoli è attualmente sotto osservazione a Bruxelles. Le preoccupazioni economiche sono condivise anche da molte aziende europee per le quali è sempre più difficile destreggiarsi nell’ambiente commerciale della Repubblica Popolare. Non solo a causa delle norme più severe un rivale sistemico che promuove modelli alternativi di governance. Tenendo presente questa tripartizione, le lezioni apprese dall'invasione russa dell'Ucraina hanno spinto l'Unione europea ad adottare una strategia di de-risking nei rapporti economici con la Cina. Infatti, i Paesi europei dipendono dalla Cina per l'importazione di un gran numero di materiali critici e molti temono che il volume dell’esposizione commerciale verso la Cina metta l'Europa in una condizione di insicurezza. Per rimediare a questa situazione, l'UE ha elaborato nuovi strumenti politici e ha perseguito una strategia di promozione industriale , di competizione tecnologica e di diversificazione commerciale, la cui più chiara articolazione è stata finora la Strategia di sicurezza economica. Di conseguenza, gli investimenti lungo la Belt and Road si sono spostati verso Paesi più favorevoli alla Cina, con l'Ungheria che è diventata il più importante beneficiario all'interno dell'UE. Tuttavia, l'accoglienza degli investimenti cinesi è cambiata drasticamente: se un decennio fa l'iniziativa aveva ricevuto un'accoglienza calorosa nell'Europa centro-orientale e mediterranea, oggi questo sentimento è quasi del tutto svanito e diversi Paesi sono diventati scettici sull'approfondimento delle relazioni con Pechino. Una conversazione necessaria Tuttavia, l'UE e la Cina devono ritagliarsi uno spazio diplomatico in cui continuare il dialogo bilaterale. Nonostante le differenze reciproche, è necessario mantenere aperte le linee di comunicazione per discutere quelle questioni che maggiormente richiedono la cooperazione delle due potenze. La lotta al cambiamento climatico e la regolamentazione dell'intelligenza artificiale richiederanno entrambe uno sforzo coordinato a livello globale e coinvolgeranno necessariamente sia la Cina che l'UE. Infine, la Cina ha preteso di mantenere una posizione neutrale sul conflitto in Ucraina e di costruirsi le credenziali per mediare una possibile soluzione politica. Anche se agli occhi dell'UE, gli stretti legami con Mosca qualificano la posizione di Pechino come una “neutralità filorussa”, per diversi leader europei la Cina rimane l'attore internazionale meglio posizionato per esercitare una certa influenza e mediare tra le parti in conflitto. Profonde differenze politiche dividono la Cina e l'UE su questo tema, ma i loro interessi si sovrappongono quando si tratta di prevenire un'escalation del conflitto. Tra crescenti preoccupazioni e disillusioni, il pragmatismo potrebbe essere diventato il nuovo faro della politica cinese dell'UE. L'ascesa della Cina come potenza globale la rende un partner inevitabile per affrontare le sfide globali, ma d'altra parte anche l'UE rimane un attore imprescindibile per Pechino in un contesto di crescente rivalità internazionale tra Cina e Stati Uniti. Questo scenario richiederà alla nuova Commissione di Ursula von der Leyen una certa dose di sensibilità per raggiungere un attento equilibrio tra i diversi interessi.