Libano, la minaccia della guerra su un paese già in crisi

Sono ore di massima allerta in Libano: il gruppo paramilitare Hezbollah ha minacciato di rispondere a qualsiasi aggressione israeliana dopo che il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso una "risposta dura" per l'attacco missilistico di sabato scorso a Majdal Shams, sulle Alture del Golan, che ha ucciso 12 tra bambini e adolescenti. Sedici giovani feriti sono ancora ricoverati in ospedale, sette di loro versano in gravi condizioni. Se scoppiasse la guerra tra Hezbollah e Israele le conseguenze per il Libano sarebbero fatali: il paese versa in una crisi economico- politico-sociale profonda. Nel 2022, il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto la vertiginosa quota del 47,8%. Non stupisce che, da anni, il numero dei giovani che lascia il Libano rifletta le cifre di un vero e proprio esodo e che, secondo i sondaggi, circa il 40% dei quasi 7 milioni di abitanti di quella che un tempo era nota come “la Svizzera del Medio Oriente” stia pensando di emigrare. Un'economia al collasso Secondo la Banca Mondiale, negli ultimi dieci anni in Libano il tasso di povertà è triplicato. La Banca mondiale stima che quella libanese sia nella top 3 delle peggiori crisi economiche mai verificatesi a livello globale negli ultimi 150 anni: il sistema bancario è fallito e il paese, con un debito pubblico vicino al 180% del PIL rischia un nuovo default finanziario dopo quello dello scorso anno. Negli ultimi due anni la lira ha perso il 92% del suo valore rispetto al dollaro americano mentre il reddito pro-capite è sceso del 40% e il tasso di disoccupazione è salito al 40%. Chi poteva permetterselo ha lasciato il paese, mentre quelli che rimangono affrontano la fame e la difficoltà di accesso ai beni di prima necessità. Secondo l’Osservatorio sui prezzi dell’Università Americana di Beirut il costo degli alimenti è aumentato del 700% negli ultimi due anni, mentre gli stipendi sono bloccati ai valori di prima della crisi. Di conseguenza, come riportato dall’Unicef, più della metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà e non ha accesso sicuro all’acqua potabile. Un paese in stallo La difficile congiuntura economica, aggravata dalla guerra in Ucraina, che ha ulteriormente esacerbato l’impennata dei prezzi e la diffusa carenza di cibo, carburante e medicine, fa da sfondo ad una crisi istituzionale altrettanto se non più grave. A quasi due anni dalla scadenza del mandato dell’ex presidente Michel Aoun il paese rimane senza un presidente della Repubblica e con un governo dimissionario. Mesi di trattative hanno portato a scarsi risultati e la carica, tradizionalmente riservata a un cristiano maronita, rimane tuttora vacante, oggetto di un’accesa battaglia politica tra Hezbollah, l’organizzazione paramilitare sciita libanese, e i suoi avversari, in particolare le Forze libanesi guidate da Samir Geagea. Il rischio di una nuova guerra Alla crisi politica si aggiunge poi il rischio che il conflitto strisciante tra Israele e Hezbollah, alimentato dalla crisi in corso a Gaza, deflagri in una guerra aperta dalle conseguenze devastanti per la regione. Da ottobre a oggi, i bombardamenti reciproci tra Hezbollah e l’esercito israeliano hanno causato in Libano circa 400 morti, di cui più di 80 civili, oltre che danni materiali ed economico-finanziari. Inoltre, il timore che la guerra di Israele a Gaza coinvolga anche il Libano è stato alimentato dal tragico bilancio del missile che sabato scorso ha colpito un campetto da calcio nella cittadina drusa di Majdal Al Shams, sulle alture del Golan. Dopo l’uccisione di tanti tra bambini e adolescenti l’ipotesi di una rappresaglia israeliana non è più questione di se ma di quando. E diversi paesi occidentali – i cui diplomatici tentano ancora di scongiurare l’escalation - hanno sollecitato i cittadini a lasciare il Libano: “Invitiamo tutti gli italiani che sono in Libano alla massima prudenza, chi può rientrare in Italia lo faccia" ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani e ha aggiunto: “Sconsigliamo nella maniera più ferma di andare in quel paese finché la situazione è così complicata. Siamo pronti a far tutto ciò che serve per tutela degli italiani”. L'Ue teme un'altra crisi di rifugiati Una situazione che alimenta in Europa le preoccupazioni che un’escalation militare nel sud del Libano provochi una nuova crisi di rifugiati verso l’Europa. Il Libano è il Paese che ospita il maggior numero di rifugiati pro-capite al mondo, palestinesi, iracheni e soprattutto siriani. Circa 800mila persone registrate ufficialmente come rifugiate, ma dal 2015 il governo ha chiesto all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati di smettere di registrarli e secondo le autorità libanesi i siriani sarebbero circa 1,5 milioni. Per questo, e per evitare che anche dal Libano si apra una nuova rotta migratoria verso l’Unione europea, Bruxelles fornirà al Libano un pacchetto di aiuti finanziari di un miliardo di euro da qui al 2027. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dichiarato che gli aiuti serviranno “a rafforzare i servizi di base come l'istruzione, la protezione sociale e la salute, nonché a stimolare le riforme economiche”. Ma tutto fa pensare che dopo Tunisia ed Egitto, e ancora prima Turchia e Libia, Bruxelles stia provando a tamponare il confine mediorientale. Solo 160 chilometri di mare separano il Libano da Cipro , e negli ultimi mesi gli sbarchi provenienti dal paese dei Cedri sono in aumento.