Il designer delle Olimpiadi Roncin: da Je suis Charlie alla Torre Eiffel nelle medaglie

È il 7 gennaio del 2015. Parigi è una città profondamente scossa dalla strage terroristica alla redazione di Charlie Hebdo, in cui 12 persone vengono assassinate, una notizia che rimbalza nelle redazioni di tutto il mondo. Joachim Roncin all’epoca ha 39 anni ed è il direttore di Stylist, una rivista di moda. Come tutti è sconvolto. Nel corso della riunione con i suoi redattori, gli viene voglia di scrivere qualcosa su quello che è successo. Prende la testata del giornale satirico finito nel mirino dei terroristi, toglie la scritta “Hebdo” e aggiunge “Je suis”. Poi pubblica l’immagine su quello che allora si chiamava ancora Twitter. Uno slogan che farà velocemente il giro del mondo, diventando un messaggio universale in difesa della libertà di stampa e di espressione, in cui milioni di persone si riconoscono. Dal Pallone d'oro alle Olimpiadi Da allora sono passati quasi 10 anni e tante cose sono accadute nella vita di questo designer: dopo aver lasciato la direzione di Stylist, ricopre il ruolo di direttore creativo per il “Pallone d’oro”, il premio annuale istituito dalla rivista sportiva France Football assegnato al calciatore più meritevole, e della cerimonia dei “Cesar”, in cui vengono premiati ogni anno i migliori film e le più importanti figure professionali del cinema francese. Incarichi prestigiosi e sfidanti, sicuramente, ma nulla a che vedere con quella che lui stesso ha definito la più grande sfida professionale della vita, quella che lo ha portato a essere il direttore del design dei giochi olimpici di Parigi. Lo incontriamo all’Hotel de Ville, il municipio della capitale francese, la cui piazza ospita in questi giorni esibizioni, attrazioni culturali e un piccolo spazio dedicato ai media. Ci racconta del lavoro monumentale portato avanti in questi ultimi cinque anni e di quello che c’è ancora da fare. Con il suo staff si è occupato degli aspetti più diversi di queste olimpiadi: dal braciere della cerimonia di apertura alla mascotte dei giochi, dai poster ufficiali della manifestazione alla grafica del logo dei giochi e di ogni scritta e immagine alla struttura, dai podi su cui salgono gli atleti premiati, fino ad arrivare alla torcia dei tedofori e, forse l’elemento più distintivo di questi giochi, alle medaglie olimpiche, ognuna impreziosita da un pezzo della Torre Eiffel. Le medaglie con la Torre Eiffel “L’idea delle medaglie – ci racconta - è venuta durante una riunione, circa tre anni fa, quando abbiamo cominciato a discutere di come dovessero essere fatte Abbiamo cominciato a pensare a quale significato volessimo suggerire e a cosa volevamo. A un certo punto, qualcuno ha proposto di decorarle con un pezzo della Torre Eiffel e tutti abbiamo pensato fosse un’idea geniale” Contattano così la società che gestisce e amministra il simbolo più rappresentativo di Parigi , per capire se questo progetto possa davvero essere realizzato. Vengono così a sapere che esiste un deposito in cui gli elementi metallici rimossi dalla Torre, costruita come attrazione temporanea in occasione dell’Esposizione Universale del 1899, nelle varie operazioni di ristrutturazione, ammodernamento e conservazione eseguite nel corso degli anni vengono conservati con cura. “Siamo andati lì, abbiamo preso il materiale che ci serviva adattandolo alle nostre esigenze, ripulendolo dalla ruggine, riverniciandolo e tagliandolo in piccoli pezzi da inserire poi nelle medaglie”. E’ in quei giorni che nasce una collaborazione con Maison Chaumet, una storica gioielleria parigina famosa in tutto il mondo e la Monnaie de Paris, ovvero l'istituto francese responsabile del conio nazionale. Il frammento di ferro originale della Tour Eiffel viene ricavato in un esagono, la forma geometrica che richiama il profilo geografico della Francia: non a caso l'”Hexagone” è uno dei soprannomi del paese. Poi viene incastonato nella medaglia. Il significato dietro al simbolo Non è l’unico simbolo presente: sul retro si trovano le figure della dea della vittoria, Athena Nike e dell'Acropoli di Atene, cui è stato aggiunto il disegno della Tour Eiffel. È solo uno dei tanti racconti possibili, di come le idee messe sul tavolo all’inizio di questa avventura sono riuscite poi a trasformarsi in realtà. “È come se avessi concentrato in cinque anni, 30 anni di lavoro e ho capito una cosa: la sfida più grande è gestire il tempo. Quando abbiamo cominciato cinque anni fa , ci ripetevamo: non c’è fretta, abbiamo cinque anni di fronte a noi. In realtà, ci sono state talmente tante decisioni da prendere, così tanti processi da mettere in atto che questi cinque anni sono volati”. “La cosa più importante per me – ci dice prima di salutarci – è stato dare un significato a questi progetti. Il design non è davvero importante. Abbiamo così tante culture diverse nel mondo: qualcuno penserà che tu abbia fatto qualcosa di buono, qualcun’altro no. Ma non è questo che conta per me. Il mio obiettivo è sempre stato dare un profondo significato alle cose che faccio. Se tu trovi un significato, allora puoi disegnare quello che vuoi” E quelle medaglie uniche che ha contribuito a creare sono lì a dimostrarlo.