Biden vs Trump, quando la crescita economia (non) si traduce in fiducia

Ormai è chiaro. Sarà Kamala Harris vs Donald Trump. E anche se Harris era “solo” la vicepresidente e le decisioni le prendeva Biden, il record economico durante l’uscente amministrazione democratica sarà confrontato con quello della precedente amministrazione repubblicana guidata da “The Donald”. E, si sa, salvo qualche eccezione, la differenza nel vincere le elezioni presidenziali la fa proprio l’economia. Chi ha fatto allora meglio? Biden o Trump? Vittoria a Biden Ci aiuta a rispondere a questa domanda una recente analisi condotta dal Washington Post, anche se ci aiuta solo fino a un certo punto, come vedremo. Il pezzo confronta la performance economica delle due amministrazioni usando 17 indicatori. Vince Biden. Biden è avanti per undici indicatori, in modo netto per sette di questi e quattro meno nettamente . Trump è avanti solo in cinque aree, tre in modo netto e due meno nettamente . Per un indicatore è un pareggio. Con questi risultati , perché allora gli elettori americani, secondo i sondaggi condotti negli ultimi mesi si fidavano più di Trump piuttosto che di Biden nella gestione dell’economia? Questione di fiducia Ci sono essenzialmente due motivi. Il primo è che la performance economica di Trump è stata danneggiata pesantemente dalla crisi Covid del 2020, l’ultimo anno della sua amministrazione. All’epoca quella crisi gli costò probabilmente la rielezione. Ma quella crisi ora è ormai lontana nel tempo e, se i dati restano e influiscono sui precedenti indicatori, gli elettori americani, come accade peraltro anche da noi, sembrano avere memoria corta. Del resto se molti non sembrano più ricordarsi di come Trump arringò le folle il 6 gennaio 2021, prima dell’assalto a Capitol Hill, ci dobbiamo stupire se non biasimano più Trump per una recessione, certo pesantissima ma causata da un virus? Aumento dei prezzi e acquisto di case Il secondo motivo riguarda due indicatori che pesano probabilmente molto più degli altri e che penalizzano l’amministrazione Biden-Harris. Il primo è la crescita salariale rispetto all’inflazione. Durante l’amministrazione democratica si è verificato il più forte aumento dei prezzi dall’inizio degli anni ’80 e i salari, inizialmente, non hanno tenuto il passo. L’inflazione è ora scesa e i salari stanno salendo più dell’indice dei prezzi al consumo, ma i prezzi al supermercato sono percepiti ancora come troppo alti dal lavoratore medio americano. Il secondo riguarda la facilità nell’acquisto delle case: per combattere l’inflazione la banca centrale americana ha dovuto aumentare i tassi di interesse a livelli che non si vedevano da quindici anni e questo ha reso più difficile per il ceto medio americano indebitarsi per realizzare il sogno di possedere una casa. Il testimone in mano a Harris Se questa è la situazione, allora Harris deve sperare che gli sviluppi nei prossimi tre mesi possano cambiare la percezione delle famiglie americane rispetto a questi due aspetti. Sul fronte dell’inflazione ci sono buone notizie. Nei primi quattro messi di quest’anno l’indice dei prezzi al consumo era cresciuto, al netto dei fattori stagionali, a una velocità annualizzata del 4,3%. In maggio, i prezzi sono invece rimasti stabili e a giugno sono scesi dello 0,1% . Sul fronte dei tassi di interesse, la Fed non ha ancora iniziato il taglio dei tassi, anche se la bassa crescita dei prezzi a maggio e giugno potrebbe accelerare una decisione in questo senso. Ma i tassi di interesse a lungo termine, dopo l’impennata a inizio anno sulla spinta della ripresa dell’inflazione, hanno iniziato a scendere a maggio e giugno. Forse ha influito su questa discesa lo spostamento delle emissioni del Tesoro americano dalle lunghe scadenze a quelle a breve, come sostenuto recentemente Nuriel Roubini: in attesa della Fed, il Tesoro americano starebbe cercando di fare qualcosa in vista delle elezioni del 5 novembre. A queste positive notizie per il partito democratico aggiungerei gli ultimi dati positivi sul Pil: dopo un rallentamento nel primo trimestre, nel secondo l’economia americana è cresciuta a un tasso annualizzato del 2,8%, robe da Trump del miglior periodo. Insomma, la partita presidenziale resta aperta anche sul fronte economico: il prossimo trimestre potrebbe essere decisivo.