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Danimarca, vietato il velo integrale nei luoghi pubblici

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La violazione costerà circa 134 euro e la sua reiterazione una pena detentiva fino a 6 mesi (foto: archivio Getty Images)

Il provvedimento, presentato dal governo di centrodestra e passato con 75 voti a favore e 30 contrari, entrerà in vigore a partire dal primo agosto

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La Danimarca ha approvato una legge che vieta di indossare in luoghi pubblici indumenti che coprono il viso, come il niqab ed il burqa. Il provvedimento, presentato dal governo di centrodestra e passato in parlamento con 75 voti a favore e 30 contrari, entrerà in vigore a partire dal prossimo primo agosto.

Provvedimento non discriminatorio

Con l'approvazione di questo provvedimento, la Danimarca si è unita a diversi altri Paesi europei che hanno già bandito gli indumenti che coprono il volto. Austria, Belgio e Francia hanno già legislazioni simili. Il governo danese ha però assicurato che la nuova legge non intende prendere di mira alcuna religione perché non bandisce foulard, turbanti o tradizionali copricapo. Stando al provvedimento, è possibile coprirsi il volto quando esiste uno "scopo riconoscibile" come il freddo o il rispetto di altri requisiti di legge come ad esempio l'uso del casco da motociclista. La violazione della norma, che entrerà in vigore a partire dal prossimo primo agosto, costerà circa 134 euro e la reiterazione fino a sei mesi di carcere.  

La protesta di Amnesty International

L'approvazione della legge da parte del governo danese ha suscitato la reazione di Amnesty International. "Tutte le donne - ha detto al "Guardian" Gauri van Gulik, direttore di Amnesty International per l'Europa - dovrebbero essere libere di vestirsi a loro piacimento e indossare abiti che esprimano la loro identità o le loro convinzioni". Secondo il direttore, questo divieto potrebbe avere un impatto particolarmente negativo sulle donne musulmane che scelgono di indossare il niqab o il burqa. "Mentre alcune restrizioni specifiche sull'uso di veli integrali per scopi di sicurezza pubblica possono essere legittime - ha aggiunto van Gulik - questo divieto non è né necessario né proporzionato e viola il diritto alla libertà di espressione e di religione".