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Smantellata organizzazione clandestina nazi-fascista tra Milano e Trieste

Lombardia

Il gruppo era composto da ventenni di buona famiglia che si ispiravano ai gruppi suprematisti americani. Quattro le misure cautelari

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Quattro misure restrittive della libertà personale, a carico di 4 cittadini italiani, sono state eseguite dagli agenti della Digos della Questura di Milano nel capoluogo lombardo e a Trieste a seguito di una inchiesta che ha permesso di individuare e disarticolare un'organizzazione clandestina denominata 'A.R. Avanguardia Rivoluzionaria'. Il gruppo è composto da due ragazzi nati nel 2000 e due nati nel 2001, tutti di buona famiglia e studenti universitari: si ispirava ai gruppi suprematisti americani e perseguiva l'instaurazione di un nuovo ordine mondiale di matrice nazi-fascista, incitando alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici e nazionali. I quattro, sottoposti all'obbligo di dimora con obbligo di presentazione giornaliera presso un Ufficio di Polizia, sono accusati di associazione a delinquere. L'inchiesta è stata condotta dagli agenti della Digos di Milano, coordinati dal capo della Sezione Distrettuale Antiterrorismo della Procura di Milano Alberto Nobili e dal pm Enrico Pavone. 

Il progetto del gruppo

Gli indagati, spiegano gli investigatori, usavano come alias i nomi di terroristi della galassia neonazista come, ad esempio, quello di Anders Breikvik, responsabile dell'eccidio di Utoya nel luglio 2011. Stavano pianificando un violento pestaggio ai danni di un uomo di origine straniera e religione musulmana, frequentatore di centri sociali. Il loro piano era quello di creare con questa (da non rivendicare nei loro intenti) e altre azioni il "caos assoluto" per favorire l'arrivo di un "dittatore". Si tratta del primo gruppo di 'suprematisti' scoperti sul territorio milanese. Stando a quanto ricostruito dalle indagini, i giovani stavano anche pianificando di ampliare i componenti del gruppo facendo "proselitismo" tra gli ambienti dell'estrema destra. Il loro piano, a quanto si è saputo, era di 'lunga portata', nel senso che progettavano una serie di azioni, come il pestaggio per il quale con mazze e bastoni si stavano preparando negli ultimi giorni (avevano individuato 'l'obiettivo' ma sono stati fermati prima), per "creare caos" e arrivare alla "rigenerazione di una dittatura". Il gruppo clandestino, mentre preparava il pestaggio, si era dato anche alcune regole: la persona non doveva essere uccisa ma picchiata con violenza, l'uomo non andava insultato per il colore della pelle e l'azione non andava rivendicata, perché non si doveva capire chi stesse agendo in quel modo, appunto per creare confusione con questa e altre violenze simili.

I contatti con gli estremisti svizzeri

Il gruppo aveva anche tentato di allargare il proprio raggio d'azione attraverso rapporti diretti con altre organizzazioni di estrema destra, come il sodalizio elvetico 'Junge Tat' che un indagato aveva visitato a maggio, rimanendo coinvolto nell'aggressione organizzata da movimenti antifascisti ai danni degli esponenti svizzeri.

Pm: “Alta pericolosità operativa”

Durante la conferenza stampa in Questura, il capo del pool antiterrorismo milanese, Alberto Nobili, ha spiegato che l’organizzazione aveva "un'alta pericolosità operativa. Non stavano delirando, non facevano due chiacchere, non sono dei fuori di testa, proprio no - ha detto il magistrato -. Stavano cercando di costruire una rete nazionale e con collegamenti internazionali". Da quanto emerso il gruppo avrebbe voluto entrare nel mercato della droga e delle armi ma solo con scopo di autofinanziamento.