In Italia i rider "hanno un trattamento di lavoro che nega loro un futuro. Hanno un permesso di soggiorno regolare - sostiene il procuratore di Milano, Francesco Greco - ma non permettiamo loro di costruirsi una carriera adeguata"
Sei indagati, 733 milioni di euro di ammende e la necessità di applicare le normative sull'assunzione di 60mila lavoratori. È il bilancio dell'inchiesta milanese sui rider e le società di delivery, riferito in una conferenza stampa dal procuratore Francesco Greco, l'aggiunto Tiziana Siciliano, il pm Maura Ripamonti e il comandante del Nucleo tutela del lavoro dei carabinieri, Antonino Bolognani.
SPECIALE: La pandemia vista da un fattorino del food delivery: VIDEO
Avviata indagine fiscale su Uber Eats
Durante la conferenza stampa il procuratore Greco ha comunicato che la procura di Milano ha aperto un'indagine fiscale su Uber Eats, filiale italiana del colosso americano già finita in amministrazione giudiziaria per caporalato sui rider. L'inchiesta ha l'obiettivo di "verificare se sia configurabile una stabile organizzazione occulta" dal punto di vista fiscale, ossia chiarire se Uber Eats svolga il servizio in Italia ma con guadagni all'estero per evitare di pagare le tasse al fisco italiano. "È bene che sia aperta questa analisi fiscale su Uber Eats, peraltro già in corso. I pagamenti dei clienti vengono effettuati online - ha chiarito Greco - ma non sappiamo dove vengono percepiti questi pagamenti e nel frattempo il rapporto di lavoro dei rider è strutturato sul territorio italiano".
Sei persone indagate
Nell'indagine sui rider che si è estesa a livello nazionale la Procura di Milano ha indagato sei persone, tra amministratori delegati, legali rappresentanti o delegati per la sicurezza, delle società Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e Deliveroo. Lo ha spiegato il procuratore aggiunto milanese Tiziana Siciliano che con il pm Maura Ripamonti è titolare del fascicolo. "Questa inchiesta - ha detto Tiziana Siciliano - si è imposta perché questa situazione di illegalità è palese" .
Procuratore Greco: "Rider non sono schiavi ma cittadini"
"Non è più il tempo di dire sono schiavi ma è il tempo di dire che sono cittadini", ha dichiarato Greco facendo il punto sulla "prima fase" delle indagini milanesi sui rider che, secondo il procuratore, in questo periodo di lockdown svolgono "una funzione fondamentale" perchè consegnano a casa dei cittadini il cibo e hanno permesso a "molte imprese di non chiudere". In Italia i rider "hanno un trattamento di lavoro che nega loro un futuro. Hanno un permesso di soggiorno regolare - ha proseguito Greco - ma non permettiamo loro di costruirsi una carriera adeguata". Il procuratore ha anche espresso la necessità di un "approccio giuridico" al tema.
"Non c'è più un capo reparto, sono guidati e valutati da un programma informatico"
"Non c'è più un capo reparto come una volta. I rider vengono guidati, sorvegliati, valutati attraverso l'intelligenza artificiale, da un programma informatico", ha spiegato Greco. Il procuratore ha citato il film di Ken Loach Sorry we missed you che propone uno spaccato del lavoro precario dei fattorini su due ruote, aggiungendo che "ci troviamo davanti a un sistema di organizzazione aziendale che funziona attraverso un intelligenza artificiale".
Contestate ammende per oltre 733 milioni di euro a società del delivery
Alle società del delivery che fanno lavorare i rider sono state "contestate ammende" sui profili di sicurezza dei fattorini per "oltre 733 milioni di euro". Il dato è stato comunicato da Antonino Bolognani, comandante del Nucleo tutela del lavoro dei carabinieri, nel corso della conferenza stampa. "Se le aziende pagheranno queste ammende, ciò consentirà loro l'estinzione del reato", ha aggiunto Bolognani. In attività di verifiche sono stati controllati "oltre 60mila fattorini", lavoratori "esposti a rischi".
La procura: "60mila lavoratori dovranno essere assunti"
Oltre "60mila lavoratori" di società del delivery, ossia Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e Deliveroo, dovranno essere assunti dalle aziende come "lavoratori coordinati e continuativi", ossia passare da lavoratori autonomi e occasionali a parasubordinati. E ciò sulla base, come spiegato nella conferenza stampa, di verbali notificati stamani alle aziende. "Diciamo al datore di lavoro - è stato spiegato - di applicare per quel tipo di mansione che svolgono i rider la normativa, di applicare i contratti adeguati e quindi ci devono essere quelle assunzioni". Altrimenti saranno presi "provvedimenti" specifici. Le aziende devono "procedere" da un punto di vista civilistico e amministrativo ad "una riqualificazione contrattuale del rapporto che lega i rider alla singola società", non più "una prestazione autonoma di naturale occasionale" bensì "una prestazione di tipo coordinato e continuativo" e con "divieto di retribuzione a cottimo". Lo scrive la Procura di Milano che oggi ha notificato ai legali rappresentanti delle società "verbali amministrativi di riqualificazione della posizione lavorativa dei rider che risultano avere prestato la loro opera" tra il primo gennaio 2017 e ottobre 2020, "con recupero delle somme contributive (in via di quantificazione da parte dell'Istituto della Previdenza Sociale) e dei premi assicurativi". In più, alle aziende sono stati notificati "verbali di prescrizione" con cui viene "intimato ai datori di lavoro" di provvedere "ad adempiere a tutti gli obblighi in materia di sicurezza del lavoro applicabili alla categoria dei rider, entro 90 giorni dalla notifica".
"Sistema fondato su pressione continua"
Quello delle società di delivery è un "sistema" che "si fonda su una pressione continua sul lavoratore, il quale non può sottrarsi per evitare di essere retrocesso o addirittura espulso dal sistema e quindi di non poter più lavorare", scrive la Procura di Milano. Nell'inchiesta, scrivono i pm, sono state esaminate le posizioni di oltre 28mila rider di Foodinho-Glovo, di circa 8.500 di Uber Eats Italy, di circa 3600 di Just Eat Italy e di quasi 20mila di Deliveroo Italy. Gli inquirenti hanno accertato che "la asserita autonomia" dei rider, "anelli fondamentali" dei servizi, "si riduce in realtà ad una scelta delle fasce orarie in cui svolgere la propria attività, scelta che, a seconda dei casi, è condizionata in maniera più o meno ampia in base al 'punteggio' (il cosiddetto ranking), attribuito automaticamente dal sistema informatico e collegato alle performance (puntualità, rapidità, accettazione degli ordini)". Non lavorare in alcuni giorni e in alcune fasce orarie porta i rider "normalmente ad un retrocessione e quindi a sempre minori opportunità di lavoro in futuro". Sono costretti, segnala ancora la Procura, "a lavorare anche in caso di infortunio, pena la perdita di fatto del lavoro e, nei casi in cui sia impossibile, si è accertato che si ricorre spesso all'espediente di cedere temporaneamente l'account a terzi". Nei verbali penali sulle violazioni in tema di sicurezza sul lavoro, che hanno portato ad ammende per oltre 733 milioni alle società, si legge che le aziende hanno anche "omesso di verificare" lo "stato di salute" dei rider "in ordine alle mansioni a cui sono adibiti".
Il provvedimento nei confronti di Uber Eats
Le indagini per caporalato del pm Paolo Storari, condotte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Gdf, il 29 maggio avevano portato la Sezione misure di prevenzione del Tribunale, presieduta da Fabio Roia, a disporre, con un provvedimento mai preso prima nei confronti di una piattaforma di delivery, l'amministrazione giudiziaria di Uber Italy. Il procedimento riprenderà il 3 marzo e poi i giudici dovranno decidere sulla prosecuzione o meno del commissariamento, inizialmente previsto per la durata di un anno. Gli amministratori giudiziari hanno già evidenziato che l'azienda in questi mesi sta seguendo un percorso molto positivo. In fase di udienza preliminare tra gli imputati figura una manager di Uber Italy, ora sospesa mentre sono 21 i rider entrati come parti civili.
Assodelivery: "Sorpresi, valuteremo azioni"
"L'online food delivery è un'industria che opera nel pieno rispetto delle regole, capace di garantire un servizio essenziale", replicano in una nota le società di online food delivery, Deliveroo, Glovo e Uber Eats. "Siamo sorpresi dalle dichiarazioni e stiamo analizzando e approfondendo i documenti che ci sono stati forniti e valuteremo ogni azione conseguente", affermano. "Oggi i rider che collaborano con le piattaforme di food delivery operano all'interno di un contesto legale e protetto, che assicura ai rider flessibilità e sicurezza", si legge ancora nella nota di Assodelivery. "Le piattaforme, pur nelle specifiche differenze, hanno operato in questi anni nel rispetto delle normative vigenti, compreso l'inquadramento dei lavoratori e le normative in materia di sicurezza sul lavoro. Non concordiamo dunque con il quadro illustrato oggi. La pandemia ha dimostrato che il food delivery è un vero e proprio servizio essenziale".
"Non concordiamo con il quadro che emerge, che è stato rappresentato oggi dall'Ispettorato del Lavoro e dalla Procura di Milano e che contesteremo nelle sedi opportune". Così Deliveroo in una nota nella quale si afferma che: "i documenti trasmessi fanno riferimento a vecchi contratti: dal novembre 2020, infatti, i contratti dei rider che collaborano con Deliveroo sono disciplinati da nuovi contratti individuali che fanno riferimento al CCNL Rider. Questa decisione non ha impatto sulle attuali attività di Deliveroo in Italia. Come confermato di recente anche dal Tribunale di Firenze, i rider che collaborano con Deliveroo sono lavoratori autonomi".
Just Eat invece "ha avviato approfondimenti interni per effettuare le verifiche necessarie". Lo spiega la società dopo l'annuncio dell'inchiesta della Procura di Milano. "Per noi di Just Eat la sicurezza dei rider è di primaria importanza, per questo ci impegniamo a garantire sempre più tutele, incrementando i livelli di sicurezza e contrastando eventuali fenomeni di illegalità. In questa direzione - spiega in una nota l'azienda -, il nuovo modello di business, già avviato, contribuirà a introdurre un sistema più sicuro, controllato e diretto con i nostri lavoratori, in quando dipendenti". "In qualità di lavoratori subordinati i rider avranno vantaggi e tutele tipiche di questa modalità di lavoro, quali dispositivi di sicurezza, abbigliamento e zaini per le consegne forniti da Just Eat, e nelle grandi città - prosegue il comunicato -, saranno identificati dei centri di raccolta dove i rider potranno ritirare mezzi sostenibili come scooter e bici elettriche, per svolgere le consegne. I rider beneficiano inoltre delle prestazioni sociali, della pensione, dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e dei regimi assistenziali in vigore in conformità con la legge applicabile, oltre alla copertura dell'assicurazione di responsabilità civile verso terzi".
Data ultima modifica