Nella sentenza depositata oggi, con la quale spiega perchè, lo scorso 17 novembre decise di rigettare il ricorso della difesa, la Suprema Corte boccia anche le richieste difensive di poter accedere ai server della procura dove sarebbero conservate tracce audio originali di intercettazioni
Una richiesta che "non poggia su alcun elemento di fatto o logico", ma che invece "si limita a rappresentare il rinvenimento di altri reperti, rispetto a quelli che erano gia' stati distrutti". Si è espressa così la prima sezione penale della Cassazione, condividendo le motivazioni già espresse dalla Corte d'assise di Como, definendo l'istanza della difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all'ergastolo per la strage di Erba, di compiere accertamenti su nuovi reperti trovati sul luogo del delitto.
Le motivazioni della sentenza
"Il successivo rinvenimento, dopo la distruzione di larga parte del materiale in sequestro, di un'ulteriore porzione dei reperti - osservano i giudici di piazza Cavour - non implica affatto che non fosse stato possibile, come neppure la difesa deduce, esaminarli in precedenza". Nella sentenza depositata oggi, con la quale spiega perchè, lo scorso 17 novembre decise di rigettare il ricorso della difesa, la Suprema Corte boccia anche le richieste difensive di poter accedere ai server della procura dove sarebbero conservate tracce audio originali di intercettazioni: "La richiesta è meramente esplorativa - si legge nel documento - poiché assume l'esistenza di registrazioni delle quali, tuttavia, non vi è traccia perche' non sono indicate nei relativi brogliacci: la natura esplorativa della richiesta emerge dallo stesso tenore dell'istanza che si limita ad ipotizzare che possano emergere conversazioni utili a smentire la credibilita' del teste escusso al dibattimento".
"Credibilità della testimonianza della vittima è stata già accertata"
Secondo la Corte, che definisce "ragionevole ed equilibrata" l'ordinanza con cui i giudici di Como avevano già respinto la richiesta di nuovi accertamenti - avanzata dalla difesa al fine di proporre un'istanza di revisione del processo - "la ricerca del motivo che avrebbe indotto una delle vittime ad accusare uno dei ricorrenti non varrebbe a superare la testimonianza della stessa vittima, la cui credibilità è stata accertata con sentenza passata in giudicato": l'esistenza di tali conversazioni "è solo ipotizzata", conclude la sentenza, "mentre la responsabilità degli imputati è stata affermata anche in forza della confessione dai medesimi resa".