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Rissa in movida Milano, Caravita non patteggia. Gip: pena non congrua

Lombardia

Il giudice ha rigettato la nuova proposta di patteggiamento di 4 anni e 10 mesi di carcere, 4 mesi in più rispetto all'istanza già respinta in precedenza. “Girare armati di coltello è tipico di una 'sottocultura' molto radicata anche nei gruppi della tifoseria ultrà di cui l'imputato fa parte”, scrive il gip

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Il gip di Milano Guido Salvini oggi ha rigettato la nuova proposta di patteggiamento di 4 anni e 10 mesi di carcere, 4 mesi in più rispetto all'istanza già respinta in precedenza, avanzata da Alessandro Caravita, 20enne figlio di Franco, storico fondatore e capo degli ultrà dei Boys della curva dell'Inter, in carcere per avere accoltellato un 24enne dopo una lite, tra il 5 e il 6 giugno scorsi in corso Garibaldi a Milano. Il giudice ha ritenuto non congrua rispetto alle accuse la pena ritoccata al rialzo concordata tra Procura e difesa e domani deciderà sulla richiesta di modifica della misura cautelare in carcere nei domiciliari presentata dal difensore di Caravita jr. Mirko Perlino. Il procedimento ora passa a un altro gip perché il giudice Salvini, con la decisione assunta oggi è diventato incompatibile essendosi già espresso sul caso. Caravita è accusato di tentato omicidio e porto del coltello a serramanico. "Sì, ho colpito quel ragazzo, ma l'ho fatto per difendermi, perché sono stato prima minacciato e poi aggredito, erano in quattro", aveva ammesso l'imputato, invocando la legittima difesa, rendendo dichiarazioni spontanee dopo l’arresto.

Il gip: “Girare con coltello è sottocultura ultras”

"La disponibilità di un coltello in occasione di un'uscita il sabato sera - scrive nell’ordinanza il gip - non è stata spiegata in modo credibile dall’imputato, il quale ha affermato di aver portato con sé il coltello, perché preoccupato per gli 'ubriachi' che circolano quando rientra a casa. In realtà girare armati di coltello è tipico di una 'sottocultura' molto radicata anche nei gruppi della tifoseria ultrà di cui l'imputato fa parte ed in questo senso il comportamento giustificatorio dell'imputato non appare sintomatico di una seria resipiscenza".

L’imputato - tramite l'avvocato Perlino - ha sempre spiegato di essere stato minacciato ed aggredito alle spalle, prima di reagire ma, secondo il giudice, "non vi è stata la minima proporzione tra l'aggressione probabilmente subita nella prima fase e la sua reazione, tenendo conto" che l'avversario "era a mani nude, che Caravita è rimasto illeso, che il fatto è avvenuto in presenza di moltissime persone che si prodigavano per dividere i contendenti e che il tempo non breve durante il quale i due si sono affrontati gli avrebbe tranquillamente consentito di allontanarsi senza danni". Inoltre "il risarcimento effettuato in favore della persona offesa, nella misura allo stato di 5mila euro, benché non trascurabile, non e' certo proporzionato al danno inferto e non elide la complessiva pericolosità del fatto aggravato dai futili motivi che ne sono stati all’origine".

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