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Stupro a Milano, no dei giudici a richiesta difesa: "Irrilevanti foto ragazza sorridente"

Lombardia
Foto di archivio (ANSA)

La prima Corte d'Appello di Milano ha negato la richiesta di acquisire le immagini pubblicate dalla ragazza sui social network nei giorni successivi alla presunta violenza sessuale

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La prima Corte d'appello di Milano ha considerato "del tutto superflua", e quindi da respingere, la richiesta della difesa di acquisire, agli atti del processo, alcune fotografie pubblicate sui social network dalla vittima di una violenza sessuale avvenuta nell'aprile 2017. Nelle fotografie la ragazza di 23 anni era "ritratta con espressione sorridente": secondo la difesa degli imputati questo comportamento sarebbe stato "incompatibile con il trauma asseritamente subito". I giudici hanno spiegato il motivo del respingimento nelle motivazioni con cui, lo scorso maggio, hanno lievemente ridotto la pena a 11 anni e mezzo di carcere per Marco Coazzotti e Mario Caputo e a 8 anni di carcere per Guido Guarnieri. I tre sono imputati per violenza sessuale aggravata ai danni della ragazza che è stata, secondo le accuse, prima stordita con la benzodiazepina, la cosiddetta 'droga dello stupro', e poi violentata.

Le motivazioni dei giudici

I giudici, nel respingere la richiesta di fare entrare nel fascicolo del dibattimento le immagini pubblicate dalla vittima sui social network, hanno osservato: "Mentre è certa - si legge - la data di pubblicazione delle fotografie, non lo è altrettanto la data in cui gli scatti sono stati effettuati; in ogni caso, quand'anche fosse dimostrato che la parte offesa nei giorni immediatamente successivi ai fatti per cui si procede era in grado di sorridere, non mostrava segni di violenza ed era nella disposizione d'animo di farsi fare e pubblicare fotografie 'glamour', ciò comunque non si porrebbe in contraddizione con la dinamica dei fatti ricostruita nella sentenza impugnata". La Corte aggiunge poi che "è noto che nei casi quali quello che ci occupa i danni psicologici post traumatici emergono col tempo, via via che la vittima elabora l'accaduto, e non necessariamente sono più acuti nell'immediatezza".

La vicenda

Nella ricostruzione dell'accusa, la sera del 13 aprile 2017 la 23enne aveva un appuntamento con Cazzotti, all'epoca suo conoscente. Il giovane era però arrivato in auto assieme agli altri due uomini. Il gruppo aveva raggiunto un locale in via Cremona, a Milano, dove uno di loro aveva versato le benziodiazepine nel bicchiere della giovane, che non si era accorta di nulla. I quattro avevano poi raggiunto la casa di Caputo, a Bellusco (Monza Brianza), dove era avvenuto lo stupro. Secondo il pm, gli imputati erano convinti che la ragazza avrebbe dimenticato l'accaduto grazie alla droga. La giovane, invece, una volta tornata a casa il giorno dopo, aveva iniziato ad avvertire dolore e si era recata alla clinica Mangiagalli, dove erano state accertate le violenze.  

Non sono state concesse le attenuanti

I giudici hanno ritenuto di non concedere le attenuanti generiche ai tre imputati perché in loro non sarebbe sarebbe stato registrato alcun "cenno alcuno di resipiscenza". Inoltre in sede processuale avrebbero tentato "di negare l'evidenza". Nelle motivazioni si legge che gli abusi sono avvenuti mentre la giovane "si trovava in stato di semi incoscienza e non ha opposto resistenza: il fatto che non si scorgano segni di violenza è dunque irrilevante; inoltre la ragazza riferisce di uno stato di malessere ingravescente che nel primissimo periodo ben poteva essere stato da lei celato e dissimulato: non per questo si deve ritenere che esso non sussistesse o non fosse grave".

Annunciato il ricorso

Guido Camera, difensore degli imputati insieme agli avvocati Eliana Zecca e Debora Piazza, ha annunciato ricorso in Cassazione contro il verdetto. "La Corte d'Appello - ha spiegato l'avvocato Camera - non ha replicato adeguatamente alle argomentazioni difensive, che, dati scientifici alla mano, dimostravano l'assenza della violenza. Sono convinto che la Cassazione riformerà questa decisione, ristabilendo la verità".