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Milano, incendio in via Chiasserini: 15 misure di custodia cautelare

Lombardia
Le immagini dell'incendio (ANSA)

Le indagini, coordinate dalla Dda di Milano, sono partite dopo l'incendio scoppiato lo scorso 14 ottobre nel capannone della 'Ipb'. "Faremo il botto", aveva detto uno degli arrestati qualche giorno prima del rogo

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La polizia sta eseguendo in diverse regioni un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 15 persone, di cui 8 in carcere, 4 agli arresti domiciliari e 3 con l'obbligo di dimora nel comune di residenza, ritenute "responsabili a vario titolo di traffico illecito di rifiuti, attività di gestione non autorizzata e intestazione fittizia di beni". Le indagini della squadra mobile, coordinata dalla Dda di Milano, sono partite dall'incendio del capannone della Ipb in via Chiasserini 104, a Milano, distrutto nel rogo divampato il 14 ottobre 2018 (IL VIDEO).

Le indagini

Sono 37mila le tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente dal gruppo criminale scoperto dall'indagine 'Velenum', condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano. Si tratta di rifiuti urbani indifferenziati di cui il 38% proveniente dalla Campania. Secondo quanto ricostruito dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci e dai sostituti Silvia Bonardi e Donata Costa, sui conti della società Ipb Italia Srl sarebbe transitato un guadagno di 1.086.000 euro, cifra che è stata oggetto di sequestro preventivo. Ancora da quantificare, invece, il ricavo illecito delle altre società coinvolte.

Il traffico di rifiuti

I rifiuti gestiti appartengono alla classe CER 191212, provengono dalla raccolta dei rifiuti domestici e dalle attività produttive artigianali. "Per dare un'idea della quantità - ha spiegato il capo della Squadra Mobile Lorenzo Bucossi - basti pensare che i metri cubi di rifiuti corrispondono a un campo di calcio alto cinque metri". Oltre al sito di via Chiasserini di Milano, da cui l'indagine è partita dopo l'incendio del 14 ottobre scorso, gli investigatori hanno individuato altri capannoni appositamente affittati dagli indagati, anche servendosi di 'teste di legno' in località Fossalta di Piave (Venezia), a Meleti (Lodi) e Verona San Massimo (Verona).

Gli indagati

Tra i destinatari dei provvedimenti giudiziari, ci sono imprenditori, amministratori e gestori di società operanti nel settore dello stoccaggio e smaltimento rifiuti, intermediari e responsabili dei trasporti. Alcuni hanno precedenti per smaltimento illecito di rifiuti. I capi di imputazione per i destinatari dei provvedimenti in carcere e per altri due indagati sono: attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, attività di gestione di rifiuti non autorizzata, intestazione fittizia di beni e calunnia. Non è contestata l'aggravante mafiosa anche se alcuni potrebbero aver avuto legami con la criminalità organizzata. Va "tutto bene", faremo "il botto": queste le parole che uno degli arrestati avrebbe pronunciato qualche giorno prima dell'incendio di via Chiasserini. Come si legge nell'ordinanza del gip Giusy Barbara uno degli autisti incaricati "del trasporto illecito dei rifiuti" a un suo interlocutore, qualche giorno prima del rogo, avrebbe detto che "andava tutto bene e che avrebbero fatto il botto".

Le conseguenze dell'incendio

Durante l'incendio dello scorso ottobre dal sito di stoccaggio rifiuti si è sollevata una colonna di fumo nera visibile da chilometri, e per molti giorni a seguire l'aria è rimasta irrespirabile nella zona, a causa del vento i miasmi sono arrivati fino al centro della città. I successivi test dell'Arpa Lombardia hanno evidenziato la presenza di "6.7 picogrammi per metrocubo/teq di concentrazione di diossine e furani dal secondo filtro prelevato dal campionatore installato nella zona dell'incendio", un dato preoccupante se si considera che il limite di riferimento, fissato dall'Organizzazione mondiale della sanità è di 0,3 picogrammi per metrocubo.

Gip: "Incendio per smaltire rifiuti non trasferibili in altri siti"

È "altamente probabile" che tale incendio "sia servito per smaltire illegalmente" gli stessi rifiuti "per i sopravvenuti ostacoli a trasferirli in altri siti, oppure a nascondere le prove del traffico svolto dagli indagati dopo il sopralluogo di pochi giorni prima della polizia locale e del personale di Città Metropolitana e la conseguente scoperta" della presunta discarica abusiva, scrive il Gip Giusy Barbara nell'ordinanza. Il giudice nel provvedimento ha spiegato che al momento "non sono stati ancora individuati i responsabili" di quel rogo, e ha ricordato che nei giorni precedenti l'incendio "non si era proceduto al sequestro dell'intera area" come sarebbe invece stato "auspicabile", perché il funzionario di Città Metropolitana "era privo della qualifica necessaria al compimento di quell'atto" e gli operatori della polizia locale che lo avevano accompagnato "avevano ritenuto necessario" verificare se, come era stato riferito, quei rifiuti fossero davvero stati lasciati da chi aveva occupato il capannone in precedenza.