CONSIGLI DI LETTURA La scrittrice torna in libreria con "La notte si avvicina", un romanzo ambientato in un paese immaginario alle prese con un'epidemia. E a Sky TG24 racconta: "Scegliere di ambientare una storia in una piccola comunità dove il tempo apparentemente non scorre può aiutare a restituirci la nostra stessa immagine"
"Il 2008 è stato l'anno della grande crisi economica e, al tempo stesso, quello in cui in Italia si inizia a diffondere Facebook: uno strumento pregevole e spesso amabile certo, ma anche in grado di immobilizzarci in un presente eterno e in un concetto di realtà molto diverso da quello che avevamo prima. Volevo raccontare anche questo". Così Loredana Lipperini spiega a Sky TG24 come è nato il suo ultimo romanzo, La notte si avvicina, pubblicato da Bompiani e ambientato proprio nel 2008 in un paese marchigiano immaginario incastonato ai piedi delle montagne e colpito da una nuova peste. "Durante questa pandemia i borghi italiani sono stati spesso lodati anche se in realtà spesso vivono nell'abbandono - dice Lipperini durante la rubrica dei 'Consigli di lettura' - Eppure non esistono innocenti: come la letteratura gotica ci insegna, i borghi possono essere il luogo privilegiato per indagare quello che marcisce nel nostro spirito".
"C'è sempre bisogno di colpevoli"
Ma La notte si avvicina è anche un romanzo che parla di un'epidemia e che esce nell'anno della più grave pandemia degli ultimi decenni, con un effetto quasi iper-realistico in grado di turbare il lettore. "Ho cominciato a scriverlo nel 2016 - ricorda Lipperini - quando ancora non si poteva immaginare cosa sarebbe accaduto, e però in questi anni mi ero documentata sulle epidemie precedenti. Ebbene, anche allora le reazioni collettive erano soprendentemente simili a quelle di oggi".
A cominciare da una caccia senza sosta al colpevole: “C’è ne sempre bisogno - ricorda Lipperini - perché colpevole è una parola che ha un significato, tiene ancorati alla realtà e nelle epidemie la realtà viene sbriciolata e si disperde in pulviscoli”.
"Più volte - racconta a Sky TG24 - mi sono chiesta perché siamo diventati così. Non ho trovato una risposta precisa, se non un'accentuata tendenza all'individualismo esasperato e forse anche un'incapacità di approcciarsi alla compelssità. Siamo diventati semplici. E allora scegliere di ambientare una storia in un paese piccolo dove il tempo apparentemente non scorre e dove ci si conosce tutti, può forse aiutarci nel restituire la nostra stessa immagine. Ecco, la letteratura gotica (anche se una simile definizione per questo romanzo mi sta molto stretta) serve proprio a questo: a mostrare allo specchio una faccia deformata che a volte fa paura ma che comunque resta la tua".