Il ritorno di Yanez, l'amico di Sandokan che è un po' nostro specchio

Da pochi giorni è uscito in libreria “Yanez – Il grande ritorno di Sandokan”, il nuovo romanzo di Francesco Dimitri pubblicato da Rizzoli. Di Dimitri abbiamo già parlato su queste pagine: è uno scrittore specializzato in racconti di genere; i suoi libri sono pubblicati in inglese e ritradotti, poi, in italiano. Ha uno stile riconoscibile, fresco e avvincente. Sa unire la grammatica del fantastico ad ambientazioni familiari, più vicine a noi sia geograficamente che temporalmente . Yanez e gli insicuri che si trovano nel grigiore “Yanez – Il grande ritorno di Sandokan” è una prima volta, in un certo senso, per Dimitri. Innanzitutto perché si ritrova a gestire un personaggio che non è suo, che è stato creato da Emilio Salgari, e poi perché racconta una storia che avviene nel passato remoto, durante il boom del colonialismo europeo. “Yanez”, tra l’altro, è una scusa. A Dimitri interessa un determinato tipo di personaggi: non gli eroi invincibili, non i cavalieri senza macchia; ma quelli che si trovano in mezzo, nel grigiore: gli insicuri, gli incerti, chi deve convivere con la consapevolezza di aver fatto del male, quelli che sono chiamati a fare la cosa giusta e che devono decidere se rischiare tutto per riuscirci o se, molto banalmente, farsi gli affari propri. Sandokan sullo sfondo Yanez, il personaggio, è l’amico di Sandokan. Portoghese, brillante, baffuto. Consiglia Sandokan, gli dice cosa fare, come rispondere alle minacce e come comportarsi in determinate situazioni. Nel libro di Dimitri, la narrazione è completamente ribaltata: non seguiamo Yanez per seguire Sandokan; noi seguiamo Yanez perché è lui, in realtà, il nostro protagonista. Sandokan è quasi – sottolineiamo: quasi – un effetto collaterale. C’è perché ci deve essere. C’è perché, senza di lui, non avrebbe senso parlare delle Tigri di Mompracem, di pirateria, dei colonialisti usurpatori inglesi. Il modo migliore per mostrare il potere del re non è parlare unicamente del re, di come si muove, di quello che pensa, che dice, di come appare in pubblico. Il modo migliore per mostrare il potere del re è seguire le persone che gli stanno intorno, facendo particolare attenzione al tono che usano quando gli si rivolgono, allo spazio che occupano, all’obbedienza con cui tendono ad acconsentire a qualunque cosa dica. Questo approccio, quest’idea di impostare il racconto, funziona benissimo in teatro e funziona anche, in parte, al cinema. Nella letteratura, si rischia di diventare morbosi e ridondanti. E quindi il re è il re per tante cose diverse, non solo per il contesto in cui si muove. Nel libro di Dimitri, Yanez è fondamentale. È lui che ci presenta Sandokan, è attraverso il suo sguardo che osserviamo il pirata; è la sua ironia che ci tiene con i piedi per terra e che ci ricorda quanto tutto sia estremamente precario. Un nuovo sguardo su un classico “Yanez”, il libro, riprende una storia che tutti, bene o male, conosciamo; dà un altro spessore e un’altra profondità a personaggi che hanno riempito l’infanzia di molte persone, che sono diventati quasi una costante nell’immaginario comune e in un certo modo di esprimersi. Allo stesso tempo, però, offre al pubblico più giovane una possibilità per conoscere i classici, per recuperare Salgari, per scoprire chi è questo Sandokan. E lo fa in modo estremamente brillante, concentrandosi il più delle volte su un personaggio che, in un altro momento, avremmo chiamato comprimario e che qui, invece, è protagonista assoluto. Yanez è simpatico, sarcastico, pieno di contraddizioni e di sfumature; soffre per la perdita della donna che amava, per l’ossessione del gioco, per le sfide che ha dovuto affrontare. Ha preso il mare per sfuggire a suo padre e ai suoi piani, e nel mare ha trovata un’altra casa. Una enorme, impossibile da contenere in una sola occhiata o in un solo pensiero, e dove comunque sentirsi al sicuro. Yanez è, per diversi aspetti, più interessante di Sandokan. Proprio perché non è una leggenda e non sembra invincibile; cerca costantemente un modo per evitare la violenza e, soprattutto, di sforzarsi. Quando Sandokan gli fa i complimenti per le sue strategie, Yanez risponde: è perché sono pigro. Ecco, nella pigrizia di Yanez, ci siamo tutti quanti noi. Vogliamo vivere avventure, cambiare vita, essere persone differenti da quelle che, ogni giorno, siamo. E allo stesso tempo ci annoiamo, siamo pigri, il solo pensiero di alzarci dal divano ci mette in crisi. Vogliamo tutto, sì, ma con il minimo impegno. E così anche Yanez: il più divertente, il più carismatico e il più imperfetto dei personaggi dell’universo salgariano.

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Il ritorno di Yanez, l'amico di Sandokan che è un po' nostro specchio

Gianmaria Tammaro