Giuseppe Camuncoli: "Sono obiettore di coscienza ma adoro disegnare i cattivi"

Da Spider-Man a Batman, passando per Swamp Thing, John Constantine, persino Diabolik. Definire Giuseppe Camuncoli l’uomo dei supereroi è, probabilmente, eccessivamente riduttivo. La sua versatilità, mostrata nel corso di una carriera quasi trentennale, è evidente. Così come l’affabilità di un artista che, nonostante un successo con pochi eguali nel mondo del fumetto, rimane sempre un ragazzo dell’Emilia pieno di entusiasmo. Che sia seduto a un tavolo da disegno o in piedi davanti a un bancone a creare un cocktail , Camuncoli esprime una vitalità e una energia costanti. Ospite di Cortona Comics, si è raccontato a Sky TG24. Nel 2027 festeggerà 30 anni di carriera. Guardandosi indietro, cosa è cambiato dal Giuseppe di 22 anni che disegnava “Bonerest”? Mi piacerebbe dare una risposta figa, tipo che io non mi guardo mai indietro ma sempre avanti, però non è vero. Io penso che sia cambiato tanto, sia nel bene che nel male, a dire la verità. Se guardo ai disegni di “Bonerest”, alcune cose le trovo meravigliose e non saprei rifarle, altre le trovo imbarazzanti. E questo non capita solo con “Bonerest”, che è un pezzo di cuore, ma anche con i miei primi lavori per l'America, per esempio lo “Swamp Thing” di Brian Bogan, con cui ho esordito in DC Comics: alcune di quelle tavole le guardo adesso e mi dico chi le ha disegnate, e persino come hanno fatto a prendermi. Significa che penso di essere molto migliorato, anche perché all'epoca ero ancora molto influenzato dall’estetica Vertigo, quindi non disegnavo in maniera realistica. Quando ha cambiato stile? Iniziando a lavorare sui supereroi, che comunque sono sempre stati la mia prima passione prima dello sboccio adolescenziale con la Vertigo. Era comunque un linguaggio che conoscevo ma disegnare tanto aiuta, lo dico sempre anche ai miei allievi della scuola Comics, o diventi più veloce o diventi più bravo. In cosa è migliorato? Per esempio, prima gli sfondi li curavo pochissimo, poi sei anni su Spider-Man sono stati molto formativi, anche perché Marvel e DC considerano in ogni caso lo sfondo alla stregua di un personaggio, quindi devi curarlo molto bene. Nessun contro? Sicuramente ho perso un po' di naïveté, è una cosa che mi manca. I primi fumetti che arrivavano erano sempre una festa, non ci potevo credere che stavo lavorando per l'America, adesso è chiaro che ci sono abituato e sono diventato un po' vaccinato, quindi un po' di quella magia se n’è andata. Però ogni tanto ritorna, alle fiere o coi nuovi lavori, non dico proprio lo stesso entusiasmo, ma nemmeno così differente dal primo. In fondo continuo a fare delle cose che mi piacciono e mi divertono, con molta più esperienza chiaramente, con molta meno ingenuità. E se dovesse smettere di divertirsi? Mi sono sempre detto che in quel momento, probabilmente, cambierò lavoro, perché per me il fumetto è sempre stato prima di tutto passione, poi è chiaro che fare una professione significa lavorare tanto, dedicare molto tempo a questo, sottrarlo a tante altre cose come i piaceri personali, la famiglia, gli affetti. Ma tutte le volte che mi metto a disegnare ritrovo sempre quella scintilla che mi ha fatto iniziare quando avevo 3-4 anni. E sono fortunato perché negli anni ho lavorato e lavoro tuttora con scrittori bravissimi, che sono diventati poi comunque anche amici nel corso del tempo e ovviamente occupandomi solo del disegno sono molto aiutato, perché è chiaro che avere delle storie belle da disegnare ti toglie veramente un sacco di pressione, sai comunque che lavori con della gente che stimi e che ti farà divertire, anche con cose anche molto sfidanti. Per esempio, da poco ho fatto questa storia di Amazing Spiderman, per uno speciale con Kevin Smith, il regista di Clerks che è uno dei miei idoli di sempre, e c'è una pagina che è stata forse una di quelle che mi ha richiesto più tempo per completarla perché è piena di personaggi. Però una volta che l'ho finita ero contento. Ecco, qual è la sfida più grande che ha dovuto affrontare sul lavoro? Fors Spider-Verse. Olivier Coipel avrebbe dovuto disegnare tutta la storia, poi per questioni anche di impegni e scadenze mi hanno chiesto di dargli una mano e alla fine ho disegnato parecchi numeri, tante pagine, con grandissimo piacere, ma la sfida vera è stata proprio quella di dover disegnare tantissimi Spider-Man, tutti diversi l'uno dall'altro, con simboli e trame del costume differenti, bisognava fare tanta attenzione. Ed è tuttora una delle opere di cui sono più orgoglioso, perché è una storia meravigliosa che ha dato il la al film che avrebbe poi vinto l'Oscar, anche se la storia è completamente diversa. Come si approccia al lavoro su personaggi così iconici? Cerco sempre di rendere giustizia a quella che è la sua essenza, a meno che non l'abbia creato io chiaramente. Mi piace che sia riconoscibile il personaggio prima ancora che il fatto che l’ho disegnato io. Sono sempre a servizio della storia, per me è il ruolo del disegnatore, però ti posso raccontare questo aneddoto: quando ho fatto l'ultima tavola di “Spider-Verse”, ero molto contento perché finalmente la smettevo di disegnare tutti questi Spider-Man diversi. E quella notte lì ho fatto un incubo, ho sognato che continuavo a disegnare ragni, probabilmente perché il mio cervello si rifiutava di credere che era davvero finita. In un certo senso era bello perché vuol dire che effettivamente ero proprio sul pezzo, ma è stata abbastanza sconvolgente, sono stato contento di essermi svegliato quella notte. Nell’arco della sua carriera ha disegnato praticamente tutti i grandi personaggi della Marvel e della DC e ha dato la sua impronta fondamentale alla versione a fumetti di un villain tra i più iconici della storia quale è Darth Vader. C'è qualche personaggio che invece non ha ancora disegnato e le piacerebbe disegnare? In realtà sono tanti, per esempio Hellboy. Sono sempre stato un fan di Mike Mignola, dai tempi di “Cosmic Odyssey”. Ogni tanto me lo chiedono come commission, ho fatto qualche illustrazione ed è un personaggio che adoro disegnare ma non ho mai fatto niente di ufficiale. Un altro personaggio che adoro e per cui credo di aver fatto solo qualche copertina è Daredevil. Wolverine l'ho disegnato ma non un ciclo intero, così come Batman, su cui ho fatto cicli importanti senza avere mai una run lunga come quella su Spider-Man. A proposito di Batman, di recente ha collaborato alla realizzazione di tre numeri, a loro modo storici per la storia di Batman, che sono quelli di Joker 1. Come è stato lavorare su questo progetto, anche perché poi non era l'unico disegnatore. Sì, io e Andrea Sorrentino disegnavamo ciascuno una linea temporale. È una di quelle cose che quando te le offrono, anche se non hai tempo di farlo lo trovi, perché lavorare con uno scrittore come Zdarsky è sempre stato qualcosa che avrei voluto fare. Joker è uno dei miei personaggi preferiti da disegnare e in più questa era la prima volta in cui raccontava quella che è la sua trasformazione da sfortunata vittima degli eventi in principe del crimine. Era una sfida interessantissima, e penso che Zdarsky abbia tirato fuori delle idee molto forti. Non mi aspettavo di avere così tante pagine su James Gordon, che sono state forse tra le più divertenti da fare perché è un personaggio che da “Anno Uno” di Miller e Mazzucchelli mi è sempre piaciuto. È chiaramente una responsabilità, ma di quelle che mi sento sempre di affrontare, una di quelle storie che sai già che la gente leggerà e di cui parlerà. Ha detto che il Joker è uno dei personaggi che ama più disegnare. Come mai? Mi piacciono molto i cattivi, sono un obiettore di coscienza quindi sono la persona meno indicata a fare queste cose, però per certi versi nel disegnarlo esorcizzo qualcosa. Dopo sei anni su Spider-Man mi hanno offerto alcune opzioni, ma quando mi hanno detto Darth Vader ho detto subito di sì, sia perché sono fan di Star Wars sia perché appunto mi piacciono molto i cattivi. Anche se forse Palpatine è ancora più cattivo di lui, ha delle smorfie pazzesche, una postura proprio da cattivo, mentre in realtà Anakin tutto sommato un pochino la scintilla buona ce l'ha. Quali sono gli autori che l’hanno formata come artista? Potrei fare una lista che dura delle ore. Hugo Pratt, per il segno e perché quando lo scoprii da piccolo in biblioteca, rimasi affascinato dalla sua sintesi e da questi sguardi pazzeschi, dal modo in cui con pochi tratti riuscisse a convogliare delle emozioni. Anche quando faccio roba supereroistiche c'è sempre qualcosa di Pratt. Poi sicuramente Jim Lee, Frank Miller, perché il suo “Il ritorno del Cavaliere Oscuro” è stato forse l'opera che da piccolo mi ha più sconvolto, ma anche Mike Mignola, Dave McKean, Ivo Milazzo. A volte può non vedersi tanto, ma lo stile di un disegnatore si forma quasi come un cadavere squisito, per esempio quando ho visto come faceva le dita Milazzo, ho provato in qualche modo a capire se funzionava per me e ho trovato una quadra. Sono veramente tantissimi gli autori che ho guardato e che continuo a guardare, anche quelli venuti dopo di me. Questa è una lezione che mi diede Jim Lee, uno che ha chiaramente fatto la storia del fumetto e continua non solo a scoprire nuovi talenti ma anche proprio a guardare quello che i nuovi talenti portano. In America ha esordito con La Vertigo, che effetto le ha fatto il ritorno dell'etichetta? Sono molto contento perché è stata una realtà importantissima, non solo per me ma per il mondo del fumetto. È sempre stata una linea editoriale sfidante, magari in questi anni il testimone è stato portato avanti da altre realtà, ma il fatto che torni secondo me può essere solamente positivo per tutti. Io poi ci sono legato romanticamente, perché per quanto Marvel sia forse stata la major che mi ha fatto fare un po' il salto a livello di visibilità e qualità, avrò sempre un debito di riconoscimento con DC e Vertigo in particolare, perché è quella che mi ha fatto esordire. La editor Heidi MacDonald è stata quella che mi ha dato il primo lavoro. La cito sempre e lei mi ringrazia ma mi dice che sarei arrivato comunque. Ma io questo non posso saperlo e le sarò per sempre grato, anche perché non so veramente cosa abbia visto in quello che avevo portato, ero davvero molto verde. C’è qualcosa che può dirci dei prossimi progetti? Sto finendo l'ultimo ciclo di “Undiscovered Country”, stiamo facendo il numero 32 e ne mancano altri 4, stiamo veramente andando verso un'accelerazione molto intensa verso il finale con Scott e Charles , tra un po' sono sicuro che mi mancherà fare questa serie. Poi ho fatto la storia di “Amazing Spider-Man” con Kevin Smith di cui parlavo e sto finendo in questi giorni una sequenza di sei pagine per “Uncle Scrooge”, la nuova miniserie di Marvel dedicata a Paperone scritta da Jason Aaron che è un altro degli autori che ho sempre adorato. Una sfida nuova per me, perché sui paperi Disney avevo fatto un'illustrazione per una ricorrenza anni fa, ma me l'ero cavata disegnando Paperino sulla 313 di spalle. Avevo tante cose da fare ma non ho potuto dire di no, e devo dire che c’è stato un momento brevissimo in cui mi sono detto che forse avevo fatto il passo più lungo della gamba, invece devo dire che dopo le prime pagine ho cominciato un po' a capire come funziona questa anatomia e questa espressività Disney, è stato anche molto divertente anche perché la sceneggiatura di Jason è super.

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