Non farcela party, la festa per sentirsi libere dallo sguardo maschile

“Le donne sono abituate ad attraversare spazi pensati da uomini per uomini, con la costante sensazione di essere ospiti in un luogo che a loro non appartiene” dice Sarah Malnerich, fondatrice, insieme a Francesca Fiore, del blog Mammadimerda. “Abbiamo iniziato a scrivere di maternità e di femminilità perché non ci rispecchiavamo nel modello fino a ora raccontato”. “Le feste - aggiunge Fiore - nascono un po’ per lo stesso motivo: non esistevano in Italia spazi per donne tra i 35 e i 40 anni dove potersi divertire, ballare e cantare, tutte quelle attività collegate a una generazione più giovane della nostra, che noi non abbiamo smesso di voler fare. Molte sono mamme, lavorano e si sobbarcano del lavoro di cura. Le serate per noi hanno orari proibitivi, iniziano tardi la sera, finiscono nel cuore della notte e magari tu stessa non ti senti a tuo agio come donna di 40 anni ad andare in una discoteca tradizionale. Abbiamo detto: ‘Facciamo noi la serata come vorremmo che fosse’ e il 5 febbraio di quest’anno, a Torino, la data zero: è nato il Non farcela party”. "non farcela" come manifesto contro il senso di inadeguatezza Dal Piemonte, le serate si sono spostate in diverse città italiane: Pordenone, Padova, Milano, Bologna e la lista è in continuo aggiornamento. Le regole del party sono semplici: si inizia presto per finire prima di mezzanotte; vestiti come vuoi, nessuno è lì per giudicare; nessuna performance, nessuno sguardo maschile da assecondare e se non sai con chi venire “verrai adottata e inglobata da un gruppo di donne, come è successo a ogni festa che abbiamo fatto”. “Abbiamo creato un canale whatsapp dove le partecipanti si organizzano, si scambiano passaggi, posti letto. La playlist della serata si sceglie tutte insieme, ognuna può aggiungere la propria canzone e abbiamo aggiunto anche una parte ‘Piangere in discoteca’ per cantare insieme a squarciagola” spiega Francesca. Con sorpresa delle organizzatrici, i primi eventi sono andati in poco tempo sold out. “Non ce lo aspettavamo. Ci sono donne tra i quaranta e i cinquant’anni che ci raccontano che prima di questi party non erano mai andate a ballare perché non si sentivano a loro agio o idonee a serate del genere. Altre ci scrivevano non lo facevo da prima di avere i figli”. Il “Non farcela” si trasforma così in un momento di sorellanza e solidarietà in cui le donne si guardano e si riconoscono per riappropriarsi di uno spazio spesso negato. “Nel modello sociale attuale, una donna che diventa madre viene ridotta solo a quel ruolo, come se la sua identità e i suoi desideri oltre la maternità non contassero più” commenta Sarah. Il diritto al tempo libero viene meno, la possibilità di rivendicarlo viene vissuta con senso di colpa e la maternità sembra un percorso obbligato e bellissimo, in cui debolezze e sofferenze non sono ammesse. “La community Mammadimerda è anche il luogo in cui abbiamo dato vita al pensiero che chiamiamo ‘merdismo’: abbassare la performance e riappropriarsi di questo senso di inadeguatezza. In questo senso “Non farcela” significa allontanare modelli irraggiungibili e normalizzare la normalità di essere donna”. Liberarsi dal Male Gaze “Se dovessi spiegarlo a un uomo, direi che lo sguardo maschile è come lame sulla schiena” dice Francesca Fiore. “Una donna sa che se indossa un pantalone attillato, quando si girerà tutti gli occhi saranno su di lei”. Secondo le organizzatrici, i party sono un’occasione per vivere un rito collettivo di liberazione, non solo dal senso di colpa, ma anche da un condizionamento a cui sono sottoposte ogni giorno. “Essere socializzate come femmine significa imparare, fin da bambine, a vestirsi in un certo modo, a stare attente quando usciamo e a non passare in quella strada buia. Il discorso dello sguardo maschile spesso crea un po’ di effetto straniante: ci viene imputato di creare una sorta di riserva per le donne, dove in realtà non sono veramente libere se hanno bisogno di escludere i maschi. Invece, scegliere di non condividere una serata o uno spazio con gli uomini è una forma di autodeterminazione e non devo chiedere il permesso, non mi devo giustificare, perché gli uomini non lo fanno” afferma Malnerich. “Alcuni ci dicono ‘Ma io non vado nei locali per giudicare’. Ma non è importante la tua intenzione, è importante come mi sento rispetto a un qualcosa, che potrebbe anche non esistere, ma è una realtà in cui io sono cresciuta: quella di cercare sempre di compiacere lo sguardo maschile anche in modo non intenzionale. Non c’è un colpevole, è un sistema culturale in cui tutti siamo immersi e quando te ne liberi, finalmente te ne rendi conto” conclude Fiore. Riappropiarsi dello spazio: solo donne nella stanza La parabola bambina, donna, madre viene piegata e ripensata in un luogo rivoluzionario in cui tutte le possibilità che la società ancora rifiuta sono contemplate, qui le donne cantano a piena voce le proprie canzoni preferite, in un urlo collettivo di libertà che accoglie tutte. “Ci rivolgiamo soprattutto a donne tra i 35 e i 45 anni, che sono forse madri, lavoratrici e che si fanno carico di un discreto fardello di fatica e di lavoro di cura. Le nostre serate iniziano presto e finiscono presto non solo per una questione di tempi e responsabilità del giorno dopo, è proprio una questione di avere spazi consoni a un corpo che non performa come dieci anni prima, ma questo non significa che si debba rinunciare al divertimento prima del tempo” spiega Sarah. Se all’inizio le partecipanti se ne stanno timorose sul fondo della sala, raccontano le organizzatrici, bastano pochi attimi per occupare ogni centimetro. “I volumi dei corpi cambiano nello spazio, sappiamo che per andare dal punto A al punto B non verremo molestate, infastidite, avvicinate contro la nostra volontà. Le donne si sentono libere in uno spazio in cui si possono rivedere e identificare. Ognuna di noi sa qual è il vissuto del corpo di un’altra donna, anche se non hanno fatto la stessa vita”.

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