“Il mio amico Kim Jong-un”, un fumetto per raccontare l’ombra del dittatore nordcoreano

Un amico inquietante da provare a conoscere intimamente. È il dittatore nordcoreano Kim Jong-un, raccontato tra le tavole storiografiche di Keum Suk Gendry-Kim. Nel panorama del fumetto contemporaneo, raramente si ha l’occasione di entrare in contatto con opere che riescano a raccontare il presente geopolitico con la precisione del reportage e la forza dell’esperienza personale. Il mio amico Kim Jong-un, l’ultima graphic novel dell’acclamata autrice coreana, edita da Bao Publishing , si inserisce proprio in questa tradizione ibrida: un racconto che è insieme documento, denuncia, memoria e testimonianza. Quasi trecento pagine di indagine, che attraverso ricordi e interviste illustrano in modo tanto umano quanto disarmante il rapporto tra le due Coree e il senso della figura di Kim per i sudcoreani. Ma Il mio amico Kim Jong-un è molto più di un titolo catchy e vuole presentarsi come una riflessione attenta sulla pace, in un contesto di crescenti tensioni e conflitti globali. E così Gendry-Kim, già nota per titoli impegnati e di successo come Le malerbe, Jun e L’attesa, torna con il suo lavoro più politico e, al tempo stesso, più personale. Le due Coree oltre gli stereotipi Era dai tempi di Pyongyang di Guy Delisle che qualcuno non si avventurava con tale decisione nel provare a spiegare la Corea del Nord. E se l’autore canadese offriva uno sguardo esterno, occidentale, per quanto critico e minuzioso, sulla impenetrabilità del regime nordcoreano e sulle sue storture, Gendry-Kim può permettersi un racconto profondamente diverso: quello di una coreana, nata in Corea del Sud ma cresciuta con il confine a portata di sguardo, che si interroga su un'identità nazionale mai pienamente risolta. Tra le tavole eleganti e dai pochi, significativi, colori, il punto di vista intimo e intriso di identità culturale dell’autrice restituisce un’immagine meno stereotipata e più complessa della penisola coreana, evitando le trappole dell’orientalismo e offrendo così una rara e autentica rappresentazione delle frizioni tra i due Paesi. Ogni pagina diventa uno spioncino verso un mondo fatto di confini, regole, impressioni, idee di cosa debba essere l’altro al di là di una linea tracciata durante una guerra che non è mai ufficialmente finita . Il tutto senza mancare di rivolgere una critica anche all’interno, a quella Corea del Sud che sin da piccoli invita a essere diffidenti verso Pyongyang. Anche qui, l’autrice parte dalla propria esperienza personale, come quando racconta che da bambini si potevano ricevere ricompense riconsegnando volantini di propaganda arrivati per via aerea dalla Corea del Nord e di come lei stessa si fosse imbattuta nei preziosi fogli di carta, salvo poi scoprire che si trattava di propaganda sudcoreana. “Quella fu la prima volta che scoprii che anche il nostro Paese ne inviava dall’altra parte”, scrive Gendry-Kim. Sono dettagli come questi a immergere il lettore nel passato legandolo tuttavia alla contemporaneità: di quei volantini si parla anche oggi. Solo pochi mesi fa la guerriglia propagandistica sulla penisola è infatti tornata al centro dell’attenzione mediatica quando Pyongyang ha sganciato palloncini carichi di letame, spazzatura e volantini sul suolo sudcoreano. Una tensione irrisolta che pesa ancora oggi. Tra testimonianze e memoria collettiva Il mio amico Kim Jong-un si muove tra la ricostruzione della figura del giovane dittatore, ironicamente evocato già dal titolo, e le testimonianze di giornalisti, politici ed esperti di relazioni tra le due Coree. Alla base di ogni intervista, un duplice obiettivo: capire chi è davvero il dittatore nordcoreano e provare a verificare cosa sappiamo veramente di lui, andando oltre la propaganda o alle sommarie rappresentazioni internazionali . A proposito della sua ultima opera, intervistata dal Korea Herald, Gendry-Kim ha dichiarato di voler lanciare un “messaggio di pace” con il suo fumetto, e ha invitato i lettori a non fermarsi al titolo, volutamente provocatorio, che le è valso critiche e minacce tanto da parte della Corea del Sud quanto da quella del Nord. Al contrario, nelle parole di Gendry-Kim questa graphic novel è “un’esplorazione inquietante e necessaria” di quello che accade quando un regime eleva un’intera dinastia, la cosiddetta “linea di sangue del Monte Paektu”, a mito sacro. Politica, umanità e resistenza Come già in Grass , che affrontava il tema delle comfort women, e in L’attesa, che rievocava la separazione tra due sorelle divise dalla guerra, anche questa nuova opera si inserisce in quella che Gendry-Kim considera una trilogia della memoria. Un fumetto che ripercorre la storia senza mai scordare il presente. Così le riflessioni sulla guerra di Corea si alternano al pensiero fisso della minaccia nucleare. L’incubo di un nuovo conflitto aleggia su tutta l’indagine ed è al contempo angoscia e parte inevitabile della quotidianità dei personaggi. A conti fatti, Il mio amico Kim Jong-un è un’opera necessaria per questi tempi. Lo è per il coraggio con cui affronta un tema spinoso che ha esposto l’autrice a sguardi inquisitori. Lo è per la lucidità con cui srotola la maglia della storia intrecciata da anni di tensioni. E lo è perché dimostra che fumetto, autobiografia e giornalismo possono dare vita a una narrazione avvincente, da leggere tutta d’un fiato.

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