Dimmi di te, Chiara Gamberale interroga gli altri nel suo ultimo romanzo. L'intervista

Il viaggio di Dimmi di te, l'ultimo romanzo di Chiara Gamberale edito da Einaudi, è iniziato lo scorso 24 settembre e la sua autrice è salita a bordo per accompagnarlo in tutta Italia, tra librerie e location singolari. A Napoli l'abbiamo incontrata su una nave da crociera ancorata nel porto, prima di riprendere la rotta nel Mediterraneo. La scrittrice si è imbarcata per incontrare i lettori e gli studenti di due licei di provincia che hanno ricevuto il volume in anteprima e lo hanno letto come compito a casa grazie a Leggimi forte, Associazione che da venti anni promuove la lettura in Campania. Chiara Gamberale ci saluta con gioia, non ha paura di dire che a un certo punto le cose si erano messe così male che aveva smesso di scrivere. Ora che il blocco è alle spalle è contenta. E si vede. Dimmi di te, il libro Chiara ha superato gli anta ed è in uno di quei momenti della vita in cui non succede niente di romanzesco. Un nulla paralizzante che sa di chiuso e blocca i pensieri che sembrano scorrere solo quando sta con sua figlia, una bambina che cresce praticamente da sola e che, pure essendo ancora piccola, la fa riflettere e la fa giocare. Chiara inizia un gioco nuovo. Si mette alla ricerca dei suoi miti dell'adolescenza, persone che lei vedeva come modelli, per sapere se loro sono riusciti in quello che lei non è riuscita a fare: crescere, magari sentendosi felici di ciò che si è diventati. Dimmi di te è la prima domanda che rivolge, registratore alla mano, al ragazzo più bravo del corso di teatro, a quello di cui era cotta ma che non la ricambiava, alla più bella della scuola. Un'indagine faccia a faccia, impensabile nell'epoca dei social e della socialità a distanza. Le risposte sono spiazzanti. Ogni percorso di vita apre una nuova strada a Chiara che inizia a vedere più chiaramente la sua, fino ad arrivare al cuore delle cose che contano, a chi si è davvero, anche quando il tempo sbiadisce i contorni della propria identità, e al trauma che quando lei era una ragazzina, ha interrotto la sua vita facendola restare un'adolescente. Dimmi di te, l'intervista Questo libro ci insegna che si può sempre crescere. Pensi che sia obbligatorio crescere? No ma è vero: direi che si vuole sempre crescere senza farlo apposta. Si vorrebbe crescere rimanendo noi stessi, questo, almeno, è il desiderio della protagonista che si chiede come fare ad andare avanti senza perdere dei pezzi di sé. Così gira la domanda ai miti della sua adolescenza. Gli chiede: tu ce l'hai fatta? Che ne è stato dei tuoi sogni mentre crescevi? Dimmi di te è un libro felice, possiamo dirlo? C'è una certa energia attorno a questo romanzo. Mentre lo scrivevo sono proprio passata dal buio alla luce e spero che questa sensazione sia possibile anche per chi lo legge. È l'inizio di un nuovo capitolo? Io lo spero. Questa è una storia che parte da un'esperienza autobiografica, lo hai detto diverse volte... Tutti i miei romanzi hanno a che fare con un momento specifico. Per questo, lo dico dall'inizio, è la la palude, ovvero uno di quei momenti in cui ti senti ferma, sembra che non succeda più niente ma in verità sei tu che non ti muovi. Ogni mio romanzo ha una particolarità stilistica. Qui sono partita dalle interviste, che ho fatto davvero. Due su sei sono davvero miei ex compagni di scuola. Oggi si parla spesso di Multiverso. Come si colloca Dimmi di te tra i libri che hai scritto, nel “Gamberaleuniverse”? C'è un legame con Per dieci minuti. Entrambi i libri nascono da un momento molto complicato. Lì c'era l'urgenza di scrivere e la protagonista fa una cosa nuova ogni giorno per dieci minuti. Anche qui ho fatto una cosa nuova per la prima volta. In questo libro la protagonista è una mamma che cresce praticamente da sola la sua bambina. Possiamo dire che la maternità è un po' un riscatto per lei? No. Credo che per la protagonista la maternità di sicuro sia un'occasione per imparare qualcosa che non sapeva, sulla vita e sull'amore. La protagonista è una donna ma potrebbe essere chiunque. In questo libro ci sono uomini e donne, genitori e non genitori, che hanno magari altre occasioni per capire quello che non sanno. Per lei l'occasione arriva con la bambina. La maternità oggi è un discorso complesso, l'idea presente nel libro nasce da un'esigenza artistica, non ha niente a che vedere con la contemporaneità. Non mi piace parlare di maternità e riscatto. Ci sono tante donne che diventano mamme ma non lo sono davvero e tante donne che non sono madri biologicamente ma lo sono nella vita di tutti i giorni, se maternità significa accogliere l'altro e prendersene cura. Però la maternità qui fa compiere comunque un passaggio alla protagonista. A lei sì. Per andare avanti lei capisce che deve diventare qualcos'altro. E deve essere disposta a perdere di vista se stessa, che è uscire fuori dal narcisismo. Quando stiamo male tendiamo a metterci al centro: è sempre 'Io, io, io'. Qui si trattava di fare una ricerca attraverso gli altri. Racconti pochissimo della storia col padre della bambina. Ci sarà uno spin-off? Bella domanda . Sarebbe bello farlo!

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