Come saranno i libri del futuro?

“Potrò sembrare poco credibile su questo tema, visto che sono circondato da libri di carta“, ironizza Gino Roncaglia, uno dei principali esperti italiani di editoria digitale e professore di digital humanities all'Università Roma Tre, con cui ci colleghiamo in videochiamata. Alle sue spalle si erge una maestosa libreria ricolma di volumi di ogni colore e dimensione. D’altronde, si giustifica così nelle premesse della nostra conversazione: “Umberto Eco diceva giustamente che i libri di carta sono un'interfaccia di lettura quasi perfetta e superarne la perfezione ergonomica è un’impresa complessa”. Eppure, i libri elettronici non sono una novità e di tempo per evolvere e perfezionarsi ne hanno avuto. Se ne parla dagli inizi degli anni Settanta del secolo scorso. Nel 1971 il pioniere Micheal Hart, allora studente dell’Università dell’Illinois, sfruttò il computer, un Xerox Sigma 5, messo a disposizione dall’Ateneo e la rete Arpanet a cui era collegato, un’antesignana di Internet, per trascrivere un primo documento libero dai diritti, la Dichiarazione di indipendenza, dando così vita a Progetto Gutenberg, la prima biblioteca fatta di versioni elettroniche liberamente riproducibili di libri stampati. Una piattaforma longeva e tuttora in attività che in Italia è stata messa sotto sequestro nel 2020 nel quadro di un'operazione mirata a bloccare la diffusione illecita di beni tutelati dal diritto di autore. Quegli e-book ante litteram sembravano l’oggettificazione di un futuro prossimo e luminoso e di una cultura sempre più alla portata di tutti, ma il decollo è stato faticoso e non ancora completato. Dai primordiali file di Hart, si è passati ai floppy disk e poi ai CD-ROM fino ai contemporanei e-reader, una rivoluzione a metà che ha coinvolto i supporti di lettura e solo sfiorato l’esperienza di lettura in sé che è rimasta pressoché simile. Così il boom degli e-book ha tardato ad arrivare: la carta resta regina. Se guardiamo dentro i nostri confini nazionali scopriamo che sebbene nel 2023 le vendite di e-book siano cresciute del 2,5%, secondo i dati dell’Associazioni italiana editori, gli italiani continuano a preferire i libri di carta. I limiti dei dispositivi Quando parliamo in generale di libri elettronici mettiamo insieme strumenti diversi: il dispositivo di lettura, il libro elettronico inteso come file di testo e anche l’interfaccia, cioè le funzionalità del software di lettura. “Ora di questa equazione un po' complicata l'elemento forse più importante - spiega Roncaglia - è proprio il dispositivo, perché è da quello che dipende la nostra esperienza di lettura”. Oggi i dispositivi di lettura si dividono in due grandi famiglie. Ci sono, da un lato, i dispositivi a carta e inchiostro elettronici. “Si tratta di una tecnologia diffuda già da una decina di anni che però non ha fatto grandissimi progressi dal punto di vista pratico: è come avere una cartellina trasparente con dentro un liquido in cui sono sospese delle microsfere bianche e nere, caricate positivamente o negativamente. Le microsfere bianche costituiscono lo sfondo della pagina, quelle nere vengono richiamate in superficie per comporre il testo. Il problema è che per riorganizzare le microsfere e spostarle ci vogliono quattro o cinque decimi di secondo. Sembra un'inezia, ma è comunque troppo per permettere di avere animazioni fluide e filmati e poi parliamo di una tecnologia che è per ora quasi esclusivamente limitata al bianco e nero e per di più un pochino del nero delle microsfere messe sul fondo traspira attraverso gli interstizi della parte bianca e questo dà quella quella parvenza non brillante, appunto di carta riciclata”. Solo recentemente sul mercato italiano sono sbarcati gli e-reader a colori, un'innovazione più cosmetica che di sostanza. Dall'altro lato, abbiamo i tablet e gli smartphone che hanno colori perfetti, possono sfruttare i video, ma emettono luce e quindi non si visualizzano meno bene se si legge all'aria aperta. “Nel complesso nessuna delle due tecnologie è perfetta e questi limiti ne hanno sicuramente frenato l'avanzata”, conclude Roncaglia. Il libro di carta resta allo stato attuale lo strumento più performante. L’impatto ambientale e gli aspetti cognitivi: è meglio la carta o l'elettronico? La comodità e la praticità sono importanti, ma la sfida tra digitale e cartaceo passa anche per il fronte cognitivo e ambientale. A proposito del primo, l'impaginazione e la veste grafica non sono elementi secondari. “ll formato PDF permette un forte controllo della pagina ma non si adatta bene alla lettura su dispositivi piccoli. Gli e-book si adattano di più alla pagina ma consentono un minore controllo tipografico e questo vuol dire che l’impaginazione ci sembra più povera e questo influisce negativamente su quegli aspetti di memorizzazione del testo che sono legati a doppio filo alla bellezza tipografica”. Anche il Dipartimento di ricerca sulla lettura dell'Università di Valencia ha analizzato i comportamenti di 450mila persone arrivando a una prima conclusione che dovrà essere corroborata da future ricerche: qualunque sia il genere fruito, dal saggio alla fiction, la comprensione è minore sul supporto digitale. Quando sfogliamo le pagine creiamo infatti una sorta di indice nel cervello, assorbendo e ordinando le informazioni. “Noi guardiamo sempre alla pagina di un libro un po' come se fosse una mappa geografica, ci ricordiamo la posizione di una parola e i nostri occhi scorrono il testo ma spesso vanno anche agli angoli". Insomma, sul digitale abbiamo meno appigli e la memoria fotografica ne risente. Sul secondo fronte, la questione di quanto inquilino i due supporti è ancora aperta e controversa. “Dipende tutto da quanto si legge. La maggior parte delle persone legge poco e se leggiamo tre, quattro, cinque libri l'anno inquina sicuramente meno la carta, considerando anche che la vita media dei dispositivi elettronici è breve e che sono abbastanza inquinanti. Abbiamo anche la possibilità di selezionare le filiere di produzione: oggi molte case editrici italiane usano carta ecosostenibile. Per riconoscere quelle eco-friendly dobbiamo cercare il simboletto che indica che gli alberi da cui si è ricavata la carta sono stati progressivamente rimpiazzati”. Diversa è la questione se si parla di lettori forti e fortissimi. Per questi grandi consumatori di libri, la componente di inquinamento legato al dispositivo, la carica e poi lo smaltimento, è in parte coperta dal risparmio in termini di alberi abbattuti e spedizioni. "Quello che possiamo dire però con più certezza è che l'idea che c'era in passato per cui l'elettronico sarebbe stata una forma più ecologica è un mito da sfatare”., sostiene il professore Lo conferma anche l'università di Tokyo con un recente studio: Gli e-book sarebbero più eco-friendly se nel corso dei tre anni di vita del dispositivo si leggono 15 o più libri, 25 se si parla di tablet. Leggere uno o due libri all’anno su e-reader o utilizzare sia i cartacei sia i digitali non sarebbe sufficiente per risparmiare sulle emissioni. I libri del futuro Negli ambiti esaminati il formato elettronico ne esce parzialmente sconfitto. Finché i libri elettronici saranno fotocopie dei libri di carta non vi sarà gara. Quando cominciamo a parlare delle evoluzioni possibili degli attuali e-book, al professor Roncaglia, però, brillano gli occhi. “Multimediali, multicodicali e interattivi: questi sono i libri del futuro. Il libretto elettronico ha un grande potenziale inespresso”, afferma. Roncaglia, filosofo di formazione, immagina una forma libro un po’ diversa da quella tradizionale che possa rivoluzionare la modalità di lettura e di interpretazione dei testi. “Un passo avanti sarebbe l'affiancamento di contenuti video e di immagini al testo. Allora potremmo sfruttare molto di più le potenzialità dell’ecosistema digitale e questo finora è stato fatto relativamente poco. Sia per i limiti dei dispositivi di lettura, di cui si parlava prima, sia perché produrre un libro elettronico “aumentato”, cioè arricchito, costa". I casi scuola Sono stati fatti diversi tentativi nel passato di sviluppare modelli innovativi di libri elettronici. Il primo caso è quello di una casa editrice digitale canadese, la Voyager, che è stata attiva tra la metà degli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta, quando non c'erano i dispositivi di lettura portatili dei giorni nostri e quindi era un’editoria inizialmente su floppy disk che poi si è evoluta su CD-ROM. Il desiderio di sperimentare portò alla produzione di alcuni prototipi di libri aumentati e interattivi. Tra i titoli prodotti della Voyager ci fu l'edizione digitale di “The Society of Mind” di Marvin Minsky, in Italia edito da Adelphi. “Si trattava di un tipico libro-mattone, un saggio tradizionale che loro riuscirono a rendere leggero con un’edizione arricchita, estremamente interessante. In che modo? Animarono l'autore, che divenne un vero e proprio personaggio parlante". Dentro il libro Minsky passeggiava, a volte entrando in scena, a volte spuntando da una foto o dal bordo della pagina per commentare i passaggi più significativi, una serie di interventi che arricchirono il libro senza spezzettarlo. “Queste parentesi interattive furono inserite non alla fine dei capitoli, ma alla fine dei ragionamenti, quando l’attenzione tende a calare: un esempio molto interessante di editoria aumentata ed è un titolo ormai di più di 30 anni fa". Un'altra esperienza da segnalare è quella della Touch Press che ha prodotto dei libri aumentati per iPad: un'edizione elettronica di 'The Waste Land' di Eliot e un libro di chimica in cui ciascun elemento della tavola periodica poteva essere esaminato a 360 gradi ed era possibile farlo ruotare con le dita e così via le varie molecole. "'Elements', così si chiamava l’edizione, è stato un manifesto dell'editoria aumentata anche di successo ma è rimasto un caso isolato”, puntualizza. Entrambe le case editrici menzionate non esistono più, proprio perché questi modelli di editoria aumentata non hanno avuto grandissimi riscontri, richiedevano dei costi di produzione altissimi e si rivolgevano per di più a una nicchia. “Facendo una stima ci si aggirava attorno ai 200mila dollari per produrne uno”, continua Roncaglia. Per affrontare questi investimenti, il mercato editoriale deve trovarsi in condizioni floride, sicuramente più floride di quelle presenti. Eppure anche se insostenibile, è proprio questo il valore aggiunto che potrebbe fare la differenza e portare a un futuro sorpasso del digitale sulla carta. “Questi libri aumentati spostano in avanti l'idea di forma libro”, sottolinea Roncaglia. Ma gli editori sono pronti potenziare gli e-book? Se l'interattività e le sperimentazioni costano parecchio, la produzione di un e-book costa è relativamente poco dispendiosa. “Gli editori tutto sommato sono abbastanza pronti, nel senso che oggi la produzione del libro elettronico è una delle due strade di uscita naturale del processo di produzione del libro: nel momento in cui si va in stampa su carta si può anche finalizzare la produzione del file di libero elettronico. Questo finché ci limitiamo ai libri elettronici basici. L'unica difficoltà che ancora si incontra è a livello della protezione del file. Rimane una certa preoccupazione sulla pirateria che circola nel campo dei libri elettronici”, commenta. La domanda ci ronza in testa da un po’. Ci sarà mai un passaggio agli e-book in un futuro lontano, come secoli fa si passò dagli amanuensi alla stampa? Per rispondere bisogna prendere coscienza del fatto che, sì, la lettura elettronica fatica a prendere piede, ma il digitale ha già rivoluzionato l'editoria. “Oggi un libro su carta viene scritto dall'autore o dall'autrice al pc, impaginato, lavorato dalla casa editrice in digitale e sostanzialmente viene appoggiato su carta solo nel momento in cui deve essere messo sul mercato. La carta è molto comoda. La rivoluzione digitale nel mondo dell'editoria c'è stata eccome. E ha riguardato innanzitutto il modo in cui noi produciamo e scriviamo i libri e meno la fruizione”, chiarisce Roncaglia. Non facciamo di tutta un'erba un fascio e valutiamo le specificità dei vari mercati editoriali: “Quando pensiamo al libro, in genere pensiamo quasi automaticamente alla lettura rilassata in poltrona, ai romanzi ma non alla produzione accademica di ricerca. "Per quello che riguarda le riviste scientifiche e le riviste accademiche, la lettura nel mondo della ricerca avviene ormai quasi solo in digitale, proprio perché per quella tipologia di contenuti lì fatto di poter leggere e scrivere insieme e di poter ricercare e confrontare molte fonti diverse è molto importante”. E poi c'è la scuola e in Italia da almeno un decennio si tenta di introdurre i libri di testo digitali: “È vero che continuiamo a usare prevalentemente i manuali cartacei, però ormai anche l'uso di strumenti di apprendimento digitale è molto forte con contenuti integrativi digitali attraverso, e l'uso dei QR code che sono un modo - prosegue - per inserire su un libro tradizionale un link a contenuti che poi sono online”. Si tratta pur sempre di una tecnologia, quella dell'inchiostro elettronico e della carta elettronica, piuttosto recente, in circolazione dal 2010 più o meno, e non si escludono dei balzi improvvisi”. Intelligenza artificiale Anche l’'incontro tra l'intelligenza artificiale e il mondo dell'editoria va monitorato con attenzione. “Oggi abbiamo a disposizione sistemi di AI che lavorano sulle immagini, sui suoni ma una delle capacità principali dell'intelligenza artificiale generativa è proprio quella di lavorare con il linguaggio. E quindi è particolarmente efficace nel fare traduzioni - nel futuro plausibilmente traduzioni automatiche di qualità perfettamente comparabile a quella delle traduzioni umane - e nel fare sintesi o a produrre svariate alternative personalizzate che avranno un impatto non tanto sulla narrativa ma sulla fruizione della manualistica e della saggistica”. Cambieranno la lettura e lo studio perché si potrà contare su strumenti tecnologici di sintesi sempre più precisi, ma anche l'identità del mondo editoriale che per Roncaglia potrebbe perdere quel carattere strettamente nazionale: “Possiamo immaginare delle case editrici che produrranno dei libri nativamente per più mercati e in più lingue, così come è ipotizzabile la produzione semi-automatica di audiolibri”.