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L’ideatore dei reading party di New York: "Non solo Usa, ora puntiamo a Roma e Milano"

Lifestyle

Ludovica Passeri

Tre regole: portare con sé un libro, no alcol e avere voglia di conoscere persone nuove. Ecco perché le "feste di lettura" hanno spopolato a New York e ora entusiasmano l'Europa

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Ciclicamente le testate internazionali danno spazio “all'ultima moda che spopola a New York”, spesso meteore che si polverizzano nel tempo di un click, ma che quella dei reading party, di cui si è parlato molto negli ultimi due mesi, non fosse una tendenza passeggera, destinata a esaurirsi nel giro di poche settimane, era prevedibile. Le regole del resto sono semplici: portare un libro con sé, avere voglia di conoscere persone nuove e rompere con la logica dell'aperitivo come unico espediente di socialità. Ognuno legge per contro proprio, poi si aprono le danze e si comincia a discutere con gli altri partecipanti delle cose interessanti emerse dalla lettura individuale. L'entusiasmo attorno all'idea avuta un anno fa da Ben Bradbury, Charlotte Jackson, John Lifrieri, and Tom Worcester, quattro ragazzi newyorchesi stanchi di sacrificare la lettura per stare dietro ai ritmi frenetici della metropoli, continua a crescere. Del resto, la febbre dei libri che dal 2020 sembra irrefrenabile è anche il sintomo di un desiderio diffuso di tirarsi fuori dal flusso della contemporaneità, di “staccare”, prima ancora che di un’esigenza intellettuale. Come nel resto d'Europa, si moltiplicano in Italia dei facsimile di reading party, promossi da case editrici, centri culturali, librerie. Abbiamo parlato con Tom Worcester, uno dei cofondatori del format originale, chiamato Reading Rhythms per capire cosa ci sia dietro questa piccola "rivoluzione dei party" e se arriverà anche da noi.

 

Partiamo dalla preistoria del reading party. Ricordi la prima conversazione, quella da cui tutto è nato?

Un anno fa io e Ben, il mio coinquilino britannico che vive qui con me a New York, ci siamo resi conto di non avere più tempo per leggere. All'epoca entrambi conducevamo delle vite sociali attive, andavamo a ballare, ai concerti, avevamo tante occasioni per divertirci e per passare delle serate spensierate con i nostri coetanei, ma è come se le nostre vite sociali così vivaci entrassero in conflitto con la lettura, che è stata una parte importante della nostra amicizia, una parte fondamentale di ciò che siamo. Sentivamo una specie di frustrazione, un turbamento. Una sera ho bussato alla porta della stanza di Ben e abbiamo deciso che sarebbe stato bello passare dalle parole ai fatti, organizzando delle feste di lettura a casa nostra. Il rooftop del nostro palazzo è piccolo, può ospitare 20 persone massimo, ma non era niente male. All'inizio abbiamo coinvolto 5-10 invitati per leggere insieme. Abbiamo deciso che noi due avremmo fatto da moderatori, ci sarebbero state due sessioni di lettura, con un intermezzo tra l’una e l’altra e poi una discussione finale.

 

Come è stato il primo reading party?

Abbiamo creato un po’ di atmosfera con delle luci prestate da uno dei nostri amici, allestendo una specie di set cinematografico, molto cool, con dei drappi un po’ esotici. Come sottofondo la playlist musicale di Ben, chiamata Reading Rhythms con delle sonorità pensate per conciliare la lettura. Dei piccoli accorgimenti che hanno reso il tutto più accattivante. 

 

Come vi siete sentiti alla fine di quella sessione di lettura?

Era il 13 giugno del 2023, una bellissima giornata estiva a New York, e alla fine dell'evento ci siamo guardati e abbiamo detto: “Wow, è stato molto meglio di quanto potessimo immaginare”. Quella strana idea di festa di lettura funzionava. Ci siamo sentiti ricaricati, rigenerati. Alla fine ci eravamo limitati a passare una serata sorseggiando analcolici, immersi in un racconto: niente di straordinario appartentemente, ma in realtà avevamo speso del tempo di qualità con i nostri amici, guardandoci negli occhi, e confrontandoci sulle idee contenute in quella storia che ci stava appassionando o, magari, annoiando. Le altre otto persone che erano lì nel gruppo si sono dimostrate altrettanto entusiaste e così da quel momento in poi abbiamo capito che poteva esserci qualcosa di veramente interessante dietro questi party improvvisati.

 

Quand'è che la situazione è, per così dire, sfuggita di mano?

Poco dopo quell'incontro ci siamo detti: “Perché non lo facciamo di nuovo?” E così abbiamo riaperto le porte di casa nostra, o meglio del nostro rooftop, ma gli amici che si erano uniti nel frattempo erano diventati 15, e poi 30. È finita che non c'era più spazio per ospitare tutti e abbiamo dovuto predisporre anche il salone di casa nostra. Al settimo reading party abbiamo dovuto spostarci nell’appartamento di un amico che poteva accogliere 50-60 persone. Ed eravamo anche strettini. Il numero di partecipanti ha continuato a crescere.

 

E voi come l’avete presa?

Nonostante il numero sempre maggiore di persone, non è cambiato lo spirito, è rimasta quella bella sensazione di freschezza e rigenerazione - questo il termine più adatto per definirla - che ci aveva lasciato il primo incontro. Mi sentivo finalmente in connessione più profonda con i miei amici e con gli altri ragazzi che erano entrati nel giro.  Abbiamo deciso di incontrarci tutte le settimane. E di cambiare location, scegliendo un bar gestito da un amico nel quartiere Williamsburg.

 

Poi però la notizia di quello che stava accadendo a New York ha varcato i confini degli Usa.

Sì, c'è stato un ulteriore balzo. Una delle co-fondatrici ha registrato un video per TikTok in cui spiegava brevemente in cosa consistessero i nostri incontri: non il solito drink, non la solita cena ma un'occasione per leggere e conoscere gente nuova. E da lì a pochi giorni il post ha superato il milione di visualizzazioni. La cosa è quindi diventata di dominio pubblico. Tutti volevano esserci. Di noi si è accorto anche il New York Times. Una giornalista della testata, Molly Young, è venuta a uno dei nostri eventi, ha scritto un articolo che ha fatto il giro del mondo. Da quegli incontri random sul tetto di casa, ora siamo arrivati a organizzarne 24 al mese, con un sistema di ticket e prenotazioni online, ma tutto è venuto naturale. Abbiamo attivato fin da subito quella che definirei una modalità “discovery”. Abbiamo raggiunto ogni step lasciando che la realtà ci stupisse.

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Che peso ha avuto il discorso generazionale nella nascita di Reading Rhythms?

Ben ha 29 anni, io 28, quindi tecnicamente siamo proprio al confine tra Millennial e Generazione Z. Al di là dell’appartenenza generazionale, io combatto contro gli stereotipi che vengono affibbiati ai GenZers. Non viviamo solo su TikTok e Instagram. Piuttosto consumiamo le idee che nascono su TikTok e i social media. E c'è una grande differenza. Ci lasciamo ispirare dai creator attivi sulle piattaforme di scambio e condivisione, ma quelli sono semplicemente canali di espressione. Siamo ancora fortemente legati alla cultura del contatto umano. E questo non è un dettaglio. 

 

Quali sono le motivazioni profonde che secondo te sono dietro il successo di Reading Rhythms?

Sai qual è una delle principali emergenze sanitarie nazionali negli Usa? La solitudine. Anche i giovanissimi percepiscono la solitudine come un problema di salute. Per questo c'è un estremo bisogno di incontrarsi e mi spiego anche così il successo di Reading Rhythms. Per via di questa peculiare “crisi sanitaria” in atto siamo diventati virali. La GenZ è accusata di essere disconnessa dalla realtà ma è la principale promotrice di iniziative come queste. E Reading Rhythms non è l'unica. Penso comunque che il successo dell’idea di creare connessioni attraverso la lettura non possa essere ridotto a un discorso generazionale. Ho visto madri venire ai nostri eventi con le loro figlie, ho visto professori venire con i loro allievi, famiglie riunite, fratelli e sorelle. 

 

Quali sono gli ingredienti del successo?

Noi ci limitiamo ad offrire un'opportunità, un'occasione per incontrarsi. Le persone ci ringraziano. perché ci dicono che grazie a noi hanno "speso bene il proprio tempo". C'è poi un il fattore "zero stress". I nostri party non prevedono requisiti particolari, chiediamo solo di portare con sé un libro. La gente adora che siano senza necessità, senza aspettative, senza requisiti.

 

Cosa unisce le comunità di lettori?

La curiosità verso il mondo esterno. Amare la letturatura non fa di te solo una persona interessante, ma una persona interessata.  E il presupposto dei nostri reading party e quello di voler conoscere persone nuove, di entrare in connessione con gli altri, per davvero. L'amore per i libri aiuta a rompere il ghiaccio.

 

Quali sono i prossimi step del progetto? Sbarcherete in Italia?

Abbiamo intenzione di espanderci a livello internazionale, ci focalizzeremo sulle principali città europee. Stiamo cercando di capire quale sia il mondo migliore di portare il nostro progetto in queste città. In cima alla lista ci sono Parigi, Roma, Londra, forse Milano, Berlino, Amsterdam. Questa è probabilmente la top ten con cui vogliamo inziare. Crediamo di poter raggiungere un target di persone che vivono nelle grandi città, ma stiamo anche cercando di portare il nostro format altrove, in territori non monopolizzati dalle metropoli. Il punto principale è che crediamo che il nostro progetto debba essere democratizzato ed esteso.