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Cosa sono i manhua? Viaggio nel fumetto cinese con Martina Caschera

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Gabriele Lippi

Un saggio pubblicato da Tunué scava nelle origini della tradizione fumettistica cinese arrivando fino ai giorni nostri. L'autrice: "Webcomics e autori che lavorano in Europa ne agevolano la diffusione"

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Si scrive manhua, e se notate una certa assonanza con una parola giapponese decisamente più popolare e nota, non vi sbagliate. Il fumetto cinese è certamente meno noto, in Italia, rispetto al più celebre parente prossimo manga e forse anche del meno fortunato cugino coreano manhwa, spinto in alto dal boom del webtoon. Eppure ultimamente sta vivendo una fase di rilancio piuttosto decisa, di maggiore attenzione da parte degli editori e del pubblico, attraverso piattaforme online e pubblicazioni cartacee. Ma il fumetto cinese ha una storia decisamente lunga e composita, come spiega bene l’omonimo saggio scritto dalla ricercatrice universitaria Martina Caschera e pubblicato da Tunué, Il Fumetto Cinese. Introduzione ai manhua e ai lianhuanhua (352 pagine, 35 euro). Ne abbiamo parlato con l’autrice.

Come nasce la tua passione per i manhua?
Sono cresciuta leggendo manga e a fine liceo pensavo di intraprendere un percorso universitario che riguardasse la cultura giapponese. A spingermi verso la Cina sono stati due fattori: il fatto che quello che mi attraeva di più del giapponese era la qualità estetica dei kanji, che derivano dal cinese, e il consiglio di mio padre, che all’epoca, nel 2004, mi disse: “vedrai che la Cina prenderà il volo”. Al termine del mio percorso universitario ho cercato di unire l’utile al dilettevole, ho vinto una borsa di studio del ministero degli Esteri per portare avanti la mia ricerca sul fumetto in Cina e poi ho cominciato il dottorato dedicato a una rivista di fumetti cinese degli anni ‘30.

Quali sono le ragioni che ti hanno spinta a realizzare un saggio per parlarne?
Di mestiere sono ricercatrice universitaria, quindi per lavoro scrivo articoli sul fumetto dal 2016, quando ho terminato il dottorato. Ma sono tutti articoli specialistici su determinati aspetti e mi sono accorta che in Italia mancava un testo base che si occupasse sia del percorso storico del fumetto moderno, sia di fornire degli strumenti e delle riflessioni. Il mio libro non è esattamente una storia esaustiva del fumetto cinese ma una selezione, un percorso ragionato e diacronico, qualcosa che sia utile a me e ai miei studenti. Negli anni poi è aumentata molto la richiesta di partecipazione a eventi, chiamavano sempre me perché ero l’unica che se ne occupava, c’era l’esigenza di formare altre persone e creare un po’ di conoscenza.

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Quali sono le caratteristiche e i tratti principali del fumetto cinese? In che modo si avvicina e allontana al suo parente prossimo più celebre, il manga?
Questa è una domanda difficile anche per chi si occupa di fumetto giapponese. La risposta dovrebbe essere dettagliata dal punto di vista storico. Come si vede anche dalla copertina del mio libro, l’apice del fumetto cinese è stato raggiunto durante il periodo maoista, tutti leggevano fumetti che venivano venduti a costo bassissimo o noleggiati. Negli anni ’70 Umberto Eco e soci hanno curato una edizione tradotta di fumetti cinesi chiamata proprio I fumetti di Mao. Quel fumetto però non è più quello che si fa ora, è il più diverso dalla nostra immaginazione e dal modello giapponese. Quello attuale, il manhua primariamente online, a un occhio inesperto può essere confuso con un webcomic giapponese o un webtoon coreano. Però all’interno ci sono variabili importanti, stili diversi che dipendono anche dal genere. Sicuramente tra le differenze ci sono le ambientazioni, che riprendono tanti tratti culturali cinesi e un lavoro molto attento sulle scenografie. Una delle differenze principali è che il Webcomic cinese si legge in senso occidentale anche una volta stampato. Altre differenze sono apprezzabili tra i vari generi, per esempio un Boys Love cinese si riconosce subito, è meno diretto e più filtrato a causa della censura.

Cosa significa la parola manhua?
Ha lo stesso significato di manga in giapponese, è una parola formata da due caratteri: il primo significa “fatto in maniera libera, non strutturata”, mentre hua è semplicemente dipinto, disegno o immagine. Ora significa semplicemente fumetto.

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Il manhua è così poco diffuso e noto che il mio correttore Word mi segnala la parola come errata, cosa che non farebbe mai con manga. Eppure qualcosa sta cambiando, nell’ultimo periodo, anche grazie ad alcune piattaforme digitali come Jundo.
Se parliamo di webcomics sì, ma già da qualche anno abbiamo diverse graphic novel dalla Cina pubblicate da BAO. Diciamo dai tardi 2000, spesso con la mediazione francese: si trattava di opere selezionate in Francia, che lì vendevano bene e noi le traducevamo. In sé e per sé il fumetto cinese non è però un prodotto nuovo, dopo il periodo maoista è andato un po’ di moda il fumetto di Hong Kong. Ora c’è una sorta di wave anche perché la Cina si è aperta di più. Si trovano tanti prodotti in rete e anche le traduzioni in inglese fatte dai fan. Prodotti che poi vengono riveicolati da app come Jundo e in alcuni casi diventano volumi.

Ci sono ormai anche diversi autori cinesi che operano in Europa, portando la loro esperienza e la loro tradizione, magari ibridandola con quella del fumetto europeo. Mi viene in mente Yi Yang, anche lei pubblicata da BAO Publishing.
Assolutamente. Ci tenevo a parlare di lei e anche di un altro autore Li Kunwu, che lavora in Francia ed è stato tradotto da AD Editore. Nel libro lo definisco fumetto “sinofono”. Non è esattamente cinese, non è scritto in cinese né realizzato per il mercato cinese, però l’autore cinese cresciuto in Cina, che ambienta le storie in Cina, fa riflettere sulla tradizione cinese. Ci sono sicuramente aspetti di cinesità e ibridazioni. Yi Yang ha fatto benissimo alla diffusione del fumetto cinese, col suo stile molto originale che unisce diverse ispirazioni dal Giappone all’Europa, un tratto molto personale, storie ambientate in Cina, ha creato molta curiosità e avvicinato il pubblico a delle dimensioni che finora venivano, se non temute, comunque ignorate.

Ci consigli cinque manhua che per te sono imprescindibili?
Certo. Una vita cinese. La trilogia di Li Kunwu, in ristampa per Add Editore; Tu sei il più bel colore del mondo di Golo Zhao, edito da BAO Publishing; Of machine and beasts, una serie di Chenxi pubblicata in Italia da Jundo; Easy Breezy di Yi Yang, Bao Publishing e Splendidi reietti di Seven, Add editore.

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Martina Caschera, Il fumetto cinese. Introduzione ai manhua e ai lianhuanhua, Tunué, 352 pagine, 35 euro

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