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Piccola storia di Alan Turing, il genio dal cuore d'oro

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Giovanni Molaschi

In "Storie di libertà per ragazze e ragazzi che inseguono grandi sogni" (De Agostini) Giovanni Molaschi racconta dodici vite di talenti straordinari che hanno cambiato il mondo, soffermandosi sulle azioni che hanno reso queste personalità importanti per la lotta a favore di diversità e inclusione. Anticipiamo un estratto dedicato all'infanzia e alla formazione del grande matematico, corredato dalle illustrazioni di Roberta Maddalena Bireau

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Questa è la storia di Alan, il bambino che ha inventato il futuro. Alan nasce a Londra nel 1912. Da piccolo, soffre molto la mancanza dei suoi genitori: sia suo padre sia sua madre lavorano in India, un Paese lontano e affascinante che allora si trova sotto il dominio dell’Inghilterra. Quando, di tanto in tanto, i suoi genitori tornano a casa, Alan si fa raccontare per ore tutte le cose strane che vedono laggiù: gli elefanti; le statue che raffigurano divinità curiose, con una marea di braccia; i vestiti colorati; gli aromi delle spezie che solleticano il naso. Finché un giorno, rientrati in Inghilterra per una breve vacanza, suo padre e sua madre gli fanno un regalo davvero straordinario: una fotografia in cui il bambino può vedere come è fatto quel Paese che si trova all’altro capo del mondo. Alan non crede ai suoi occhi: non aveva mai visto una fotografia prima, e quel piccolo pezzo di carta stampata gli sembra quasi un miracolo!

 

Certo, oggi le cose sono molto diverse. Fra fotocamere, telefonini, tablet e computer, siamo pieni di apparecchi che possono catturare la realtà per farcela vedere sullo schermo. Quando Alan è piccolo, non è così: le macchine fotografiche, appena nate, sono enormi rispetto a quelle attuali, e soprattutto costano tantissimo! Avere una fotografia in casa è un privilegio che solo i più ricchi potevano permettersi, e neanche troppo spesso. Ma la foto che Alan riceve dai genitori è preziosa per lui non tanto per il suo valore, ma perché, con quell’immagine in mano, ha l’impressione di essere più vicino a loro, anche quando ci sono diverse migliaia di chilometri a separarli.

«Se lavoriamo così lontano» gli spiega più volte la mamma «è perché così possiamo guadagnare più soldi, per permetterti di studiare nelle scuole migliori e garantirti un futuro di successi.»

Alan questo lo capisce bene. Ci sono molti bambini della sua età, anche nella sua stessa classe, che non sono fortunati come lui: hanno case più piccole, vestiti meno caldi, tavole molto più vuote. Eppure, spesso sarebbe pronto a fare cambio con loro: tutto, pur di sentire l’affetto e la presenza dei suoi genitori.

Fra l’altro, le cose nella vita di tutti i giorni non gli vanno tanto bene. Fin da piccolo, sono tutti convinti che Alan sia un genio: ha un’intelligenza sveglia e vivace, è curioso sa un sacco di cose. Ma a scuola va malissimo. Nell’istituto che frequenta, il St. Michael, si studiano soprattutto le materie classiche: la letteratura, la religione, il latino. Alan, invece, è innamorato della matematica e delle scienze sperimentali. Adora andare nel laboratorio di chimica e fare mille esperimenti strani, fra ampolle piene di liquidi colorati e fornelletti. Soprattutto, però, gli piacciono i numeri: li studia per ore, prova a combinarli e a scomporli, si diletta in calcoli sempre più complicati. E non sbaglia mai.

«Ma come fanno a piacerti queste cose? Non ti annoi?» gli chiedono a volte i compagni di classe, che, a differenza sua, non hanno una grande passione per la matematica. «E come faccio ad annoiarmi? I numeri sono un mondo straordinario!» risponde lui.

Per Alan i numeri sono un vero e proprio linguaggio: allegro come la musica, profondo come la poesia, sorprendente come la natura. Invece di leggere i grandi testi della letteratura inglese che gli sottopongono i suoi insegnanti, lui passa i pomeriggi a studiare la teoria della relatività, da poco formulata dal  fisico Albert Einstein; oppure a verificare strategie e probabilità che si celano dietro il gioco degli scacchi, o ancora a sfogliare manuali di astronomia.

 

Vive in un mondo fatto di formule, codici e calcoli incomprensibili ai più. E, per queste sue fissazioni, rischia persino di non riuscire a finire la scuola, perché i professori non sono per nulla contenti del suo rendimento. Loro lo sanno bene che Alan è un genio: e allora perché, si chiedono, non impara la grammatica? Perché non sa le date della storia? Perché, al contrario dei suoi compagni, non prova a comporre qualche verso di una poesia? Gli insegnanti si convincono che il ragazzo sia uno studente svogliato: intelligentissimo, questo sì, ma poco disposto a impegnarsi.

 

I suoi voti, nelle materie più importanti della scuola, sfiorano appena la sufficienza. È strano a pensarci oggi, ma da adolescente Alan Turing, uno degli uomini più geniali del Novecento, rischia davvero di non riuscire a diplomarsi! Al college, invece, le cose cambiano. Alan può scegliere liberamente di dedicarsi alle sue materie preferite, e i risultati si vedono eccome: è uno degli studenti più brillanti.

 

Anche i suoi genitori sono più sereni. Accettano il fatto che il figlio non diventerà un diplomatico come loro, e come avrebbero voluto, ma a quanto pare potrà affrontare con successo un’altra professione: quella che si costruirà egli stesso, in base al suo talento e alle sue preferenze.

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