Secondo Gi Group i salari delle donne sono più leggere rispetto a quelle degli uomini, con punte fino al 10,5%
Buste paga più leggere fino al 10,5% per le donne: l’effetto Covid conferma il gender pay gap. Da oltre 2500 a quasi 10.000 euro in meno a seconda dell’inquadramento, ecco di quanto differiscono gli stipendi delle donne rispetto a quelli dei colleghi in Italia. E l’effetto Covid ha infatti congelato il trend di crescita delle retribuzioni per tutte le categorie professionali e trasversalmente al genere, consolidando di fatto l gender pay gap italiano. Questo quanto rileva il 28° Rapporto sulle Retribuzioni di Odm Consulting, società di consulenza Hr di Gi Group, che indaga l’evoluzione delle retribuzioni in Italia nel 2019 e nel primo semestre 2020.
“La crisi sanitaria - commenta Miriam Quarti, senior consultant e responsabile dell'area Reward&Engagement di Odm Consulting - ha avuto effetti anche sul mercato del lavoro e sul mondo imprenditoriale, con un calo del tasso di occupazione (57,5% nel secondo trimestre 2020 contro il 59% nel 2019, più alto livello misurato negli ultimi 5 anni) e un ricorso senza precedenti a misure di sostegno come la Cig, oltre a un congelamento del trend di crescita delle retribuzioni. Questo è avvenuto sia per gli uomini che per le donne, ma queste ultime, partendo già da un livello retributivo inferiore, hanno sentito maggiormente il peso di questo fenomeno".
In Italia il genere è una variabile che influenza notevolmente le retribuzioni: quelle degli uomini sono, in media, superiori a quelle delle donne per tutte le categorie professionali analizzate nel rapporto (dirigenti, impiegati, quadri, operai). È un fenomeno che si manifesta già all’ingresso nel mondo del lavoro: un uomo under 30 entry level (con uno o due anni di esperienza) guadagna in media 25.216 euro se non laureato e 29.780 euro se laureato, mentre a parità di titolo di studio ed esperienza le donne guadagnano in media dai 23.210 euro se non laureate ai 28.051 euro se laureate.
Essere in possesso di una laurea, quindi, attenua ma non appiana il divario tra i generi. Il possesso di un titolo di studio universitario, in generale, fa crescere le retribuzioni e riduce lo scarto tra uomini e donne (a parità di esperienza lavorativa, il pay gap è del 5,5% tra laureati e dell’8% tra non laureati) tuttavia, indipendentemente dal titolo di studio e dall’anzianità professionale gli uomini under 30 guadagnano mediamente più delle donne della stessa fascia d’età.
Negli inquadramenti più alti, il pay gap è inferiore (8,5% per i dirigenti e 5,5% per i quadri contro 10,4% e 10,5% per impiegati e operai) Tuttavia, la disuguaglianza permane in termini di rappresentatività: secondo l’Istat, anche se negli ultimi anni si è assistito a un aumento della presenza femminile in ruoli di vertice, solo il 32% dei Dirigenti in Italia è donna, contro il 68% di uomini.
“Negli ultimi cinque anni - continua Miriam Quarti - le retribuzioni delle donne sono cresciute di più di quelle degli uomini, eccezion fatta per l’inquadramento degli impiegati. Sebbene questa tendenza del medio periodo confermi una generale diminuzione del gender gap, le differenze di genere a livello retributivo permangono in tutte le categorie professionali e per tutte le componenti della retribuzione, ma in particolare vale per la retribuzione fissa, meno per quella variabile a indicazione del fatto che i livelli retributivi più bassi non sono collegati a una performance inferiore. La tendenza alla stabilità delle retribuzioni nel 2020 ha quindi consolidato il pay gap".