Un fenomeno accentuato al Sud e nel comparto turistico-ricettivo, denuncia l’associazione dei commercianti per la quale “la liquidità è il discrimine tra mantenere l’attività delle imprese o chiuderla”
Crisi di liquidità e stagnazione dei consumi favoriscono l’esposizione delle imprese a fenomeni criminali. Dal 2019 ad oggi, infatti è quasi raddoppiato il numero di imprese che non hanno ottenuto il credito richiesto risultando, pertanto, sempre più esposto al rischio usura. Sono, infatti, circa 40mila le imprese seriamente minacciate da questo fenomeno che risulta in crescita e che è ancora più grave, in particolare, nel Mezzogiorno e nel comparto turistico-ricettivo. E' l'allarme lanciato da un'indagine dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla percezione dell’usura tra le imprese del commercio e dei servizi. "La quota di imprese fortemente a rischio usura, o soggette a tentativi di acquisizione anomala dell’attività, - segnala l'indagine - secondo le esperienze dirette degli imprenditori, è pari al 13-14%, percentuale leggermente maggiore di quella rilevata da un’altra analisi a giugno (10%). Se si moltiplica questa percentuale per il potenziale a rischio usura si arriva a 30-40mila imprese in pericolo. Un fenomeno che presenta accentuazioni particolarmente significative nel Mezzogiorno e presso le strutture ricettive dove le percentuali risultano doppie".
Problemi da perdita fatturato e mancanza liquidità
I maggiori problemi per le imprese del terziario sono rappresentati dalla perdita di fatturato, lamentata da quasi il 38% degli imprenditori, e dalla mancanza di liquidità che, insieme alla difficoltà di accesso al credito, rappresenta un forte ostacolo all’attività per il 37% delle imprese; problematiche a cui si devono aggiungere anche le difficoltà derivanti dagli adempimenti burocratici e dalla gestione delle norme sanitarie. Tutto questo rende sempre più fragile il sistema imprenditoriale segnala la Confcommercio. Da aprile ad oggi le imprese del commercio al dettaglio, dell’abbigliamento, della ristorazione e quelle del comparto turistico (strutture ricettive e balneari) hanno dovuto affrontare anche la gestione delle procedure per adeguarsi alle norme sanitarie (13,5%). Sul tema del credito, nonostante l’intervento del Fondo di garanzia per le Pmi abbia garantito dal 17 marzo al 5 ottobre circa 924mila operazioni fino a 30mila euro per un finanziamento complessivo di oltre 18 miliardi di euro, è ancora elevata la quota di imprese (quasi 290.000 nel 2020) che non hanno ottenuto il credito richiesto risultando, pertanto, potenzialmente esposte al rischio usura. Per Confcommercio ”la liquidità è il discrimine tra mantenere l’attività delle imprese o chiuderla: si può assorbire una perdita, ma senza liquidità l’attività non può proseguire. E’ dunque evidente che la situazione di fragilità in cui si sono venute a trovare le imprese durante e dopo il lockdown abbia, di fatto, costretto un numero sempre maggiore di imprese a ricorrere a prestiti al di fuori del mercato ufficiale”.
Sangalli, ‘usura pericolo reale’
“La crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria, che sta mettendo a durissima prova il mondo imprenditoriale, rischia di favorire lo sviluppo di fenomeni criminali. Soprattutto l’usura con migliaia di imprese nel mirino della malavita organizzata, un pericolo reale che va affrontato". Ad affermarlo è il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commentando l’analisi dell’Ufficio Studi sulla percezione dell’usura tra le imprese del commercio e dei servizi. "Servono allora aiuti efficaci per le aziende più colpite dagli effetti del Covid. Dunque, ampie moratorie fiscali e dei prestiti bancari e più indennizzi a fondo perduto per ridare ossigeno alle imprese" conclude Sangalli.