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Export in brusca frenata per Covid-19, persi 3 anni crescita

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Nel 2019 l’export italiano ha registrato una crescita del 2,3% e la bilancia commerciale un saldo positivo di 53 miliardi di euro. Nel 2020 le esportazioni italiane subiranno una brusca frenata e chiuderanno l’anno in flessione del 12%

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Nel 2019 l’export italiano ha registrato una crescita del 2,3% e la bilancia commerciale un saldo positivo di 53 miliardi di euro. Nel 2020 le esportazioni italiane subiranno una brusca frenata e chiuderanno l’anno in flessione del 12%, a prezzi costanti, per poi crescere del 7,4% nel 2021 e del 5,2% nel 2022, anno su anno. È quanto emerge dalla XXXIV edizione del Rapporto sul commercio estero L’Italia nell’economia internazionale realizzato dall’Agenzia Ice in collaborazione con Prometeia, Istat, Fondazione Masi, Università Bocconi e Politecnico di Milano.
“I dati consuntivi confermano che nel 2019 l’export italiano godeva di un ottimo stato di salute. Aveva terminato l’anno con una crescita del 2,3% attestandosi a 476 miliardi di euro e mantenuto la quota di mercato sul commercio mondiale stabile al 2,84%. Un risultato importante perché ottenuto in un periodo turbolento sui mercati mondiali, particolarmente per i Paesi europei, stretti nella disputa commerciale USA-Cina, pressati dai dazi americani su molti beni esportati dall’Europa e confusi nell’incertezza su tempi e termini della Brexit”, afferma Carlo Ferro, Presidente dell’Agenzia Ice.

La crescita ha riguardato, in particolare, il settore farmaceutico (+25,6%), le bevande (+ 6,8%), i prodotti del sistema moda (+ 6,2%), la metallurgia (+5,3%). Le vendite all’estero di macchine e apparecchi meccanici non sono cresciute (-0.5%) ma il settore continua a contribuire con oltre 50 miliardi di euro alla formazione dell’avanzo commerciale e “paga” la bolletta energetica italiana (-42 miliardi di euro). Dal punto di vista dei mercati, inoltre, la crescita ha riguardato principalmente il Giappone (+19,7%) anche grazie all’accordo di libero scambio con l’Unione Europea in vigore da febbraio 2019 e la Svizzera (+16,6%), hub di smistamento internazionale. Anche verso gli Stati Uniti l’export italiano è cresciuto (+7,5%), nonostante i dazi imposti a fine 2019 su alcune categorie di merci, per le quali Ice ha reso immediatamente disponibile un piano straordinario di supporto.

Tra le Regioni italiane, la crescita più sostenuta si è avuta per Toscana (+15,6%) e Lazio (+15,3%); subito dopo vengono Molise (+11,7%) Puglia (+9,1%) e Campania (+8,1%). Mentre Germania (12.2% sull’export totale italiano), Francia (10.5%) e Stati Uniti (9.6%) sono rimasti i primi tre mercati di sbocco. Macchinari (17.2%), moda (11,9%) e la filiera agro-alimentare (9,1%) i tre settori che contribuiscono maggiormente al nostro export. E Lombardia (27%), Emilia-Romagna (14.1%) e Veneto (13.7%) sono le tre regioni che esportano di più. E il 2020 era partito con il piede giusto. “Anche i primi due mesi del 2020 sono stati positivi per l’export: +4.7% tendenziale, nonostante a febbraio fosse già evidente il rallentamento dei flussi con la Cina. Istat ha recentemente pubblicato le rilevazioni del periodo gennaio–maggio 2020 che vedono l’export in caduta tendenziale del 16%, sintomo evidente della pandemia globale, da una parte. Dall’altra l’andamento congiunturale segna una crescita del 35% da aprile a maggio: primo segno di ripresa delle attività”, continua Ferro.

Ad aprile Ice stimava, su dati Prometeia, una flessione dell’export italiano di beni - a prezzi costanti e nell’ipotesi di stabilità della quota di mercato per paese di destinazione - nell’ordine del 12% quest’anno, per poi crescere del 7,4% nel 2021 e del 5,2% nel 2022, anno su anno. In questo quadro, l’export del nostro Paese tornerà ai livelli del 2019 solo nel 2022. Il Covid-19 segna infatti una brusca frenata facendo “perdere” tre anni al percorso di crescita dell’export italiano, che era in marcia dal 2010. Istat ha previsto per il 2020 un calo del 13,9%, per beni e servizi e la Commissione europea, sempre per beni e servizi, stima una flessione del 13%. D’altra parte, la difficoltà di previsione in questo scenario è evidente nell’ampiezza della forchetta con cui il WTO stima la caduta degli scambi internazionali: un range che va dal 12% al 35%.
Secondo lo studio ICE-Prometeia, la ripresa degli scambi mondiali nel 2021 sarà guidata dall’aggregato degli Emergenti Asia (+10,3% e +8,2% per l’import di manufatti rispettivamente nel 2021 e 2022), Cina in testa. Il maggiore utilizzo dell’e-commerce, in questi Paesi, potrebbe diventare strutturale, agendo da volano per gli scambi, soprattutto nell’ambito dei beni di consumo. Dal punto di vista delle categorie merceologiche, i cali più importanti nel 2020 sono previsti nei mezzi di trasporto, con l’import mondiale di autoveicoli e moto in contrazione del 16% a prezzi costanti e una domanda globale di cantieristica in forte flessione (-12%). Il ridimensionamento potrà essere più contenuto nei settori meno ciclici e favoriti nel paniere di spesa associato all’emergenza, quali la chimica farmaceutica (-9,6%), l’alimentare e bevande (-10,6%) - con una forte contrazione della domanda del canale Ho.Re.Ca – e elettronica ed elettrotecnica (- 10% circa).