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Bankitalia, con sgravi contributi donne possibili distorsioni

Lavoro
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Balassone: “L’impatto sull’economia dipenderà anche dal miglioramento del contesto in cui si svolge l’attività di impresa”

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"Gli sgravi contributivi all’occupazione femminile possono rappresentare un immediato strumento di stimolo alla domanda di lavoro delle donne". Lo dice il capo del servizio Struttura economica della Banca d'Italia, Fabrizio Balassone, nel corso di un'audizione nelle commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato sul Piano nazionale di riforma.


"Tuttavia - aggiunge - interventi categoriali possono avere effetti distorsivi, spingendo le imprese a prediligere l’assunzione dei lavoratori appartenenti ai gruppi socio-demografici incentivati a scapito degli altri; gli effetti sull’espansione dei livelli occupazionali complessivi sono pertanto incerti".


Per Balassone "oltre che dalle condivisibili norme volte a favorire la flessibilità oraria e la parità di genere, l’occupazione femminile può essere sostenuta anche con l’offerta diffusa di servizi per l’infanzia di qualità e con una struttura della tassazione e dei trasferimenti per i lavoratori con carichi familiari che non disincentivi la partecipazione del secondo percettore di reddito, tipicamente la donna".


"Il Pnr – osserva - si sofferma sulle importanti innovazioni intervenute dal 2019 nell’ambito delle politiche di contrasto alla povertà con l’introduzione del reddito di cittadinanza".


"Il documento- aggiunge- enfatizza la necessità di rafforzare la componente di inclusione attiva; sarebbe altrettanto importante valutare alcune modifiche ai criteri di determinazione dei beneficiari e di calcolo del beneficio per rendere la misura più efficace nell’intervenire nelle situazioni di maggior bisogno".


Le nuove misure “che il governo intende finanziare a disavanzo potrebbero portare l'impatto delle misure discrezionali sul bilancio pari al 6% del pil. A seguito delle misure di sostegno all'economia- aggiunge- il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è aumentato nel 2020 di circa 75 miliardi (4,5% del pil); l'aumento del fabbisogno è più elevato e ammonta a quasi 87 miliardi (oltre il 5% del pil), a cui si dovrà aggiungere il deterioramento del quadro macroeconomico".


"Nei prossimi mesi l’enfasi della politica economica dovrà necessariamente spostarsi dalla gestione degli effetti di breve periodo della crisi alla progettazione di interventi volti a rendere l’economia italiana più resiliente e sostenibile, in grado di crescere a ritmi più sostenuti", dice. "Altrimenti- spiega - esaurito il sollievo temporaneo che possono garantire le misure d’emergenza, le condizioni macroeconomiche e finanziarie del Paese non potrebbero che peggiorare".


"Uno sforzo straordinario nell’attività di programmazione e una capacità di realizzazione che non sempre il Paese ha mostrato di possedere dovranno accompagnare l’aumento delle risorse disponibili", dice. "L’impatto sull’economia dipenderà anche dal miglioramento del contesto in cui si svolge l’attività di impresa. Sarebbe rischioso assumere che incrementi di spesa e riduzioni di imposte possano automaticamente tradursi in una crescita economica sostenuta e duratura senza un impegno continuo per il miglioramento della qualità dell’azione pubblica".


“Lo strumento - fa notare - che abbiamo oggi ha una struttura completamente diversa: non ci sono condizionalità come quelle dei programmi tradizionali. La condizionalità è nell’impiego: serve per le spese sanitarie”. E a chi gli chiede cosa succederebbe se non fossimo in grado di ripagare il debito risponde: “Credo che dovrebbe essere l’ultima preoccupazione quella di che cosa ci chiederà l’Europa se non siamo in grado di pagare quel debito, perché se non riusciamo a ripagarlo, vuol dire che la situazione si è decisamente aggravata e che la preoccupazione dovrebbe essere quella piuttosto che le richieste sul Mes”.