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Csc, pil 2020 -6% se stop fase acuta emergenza a fine maggio

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Lo shock negativo da Covid-19 colpisce "l'Italia in una fase congiunturale già debole": il Pil italiano è cresciuto a ritmi bassissimi per gran parte del 2019, calando nell'ultimo trimestre

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Il Covid-19 affonda il pil italiano che a fine 2020 registrerà un -6%. E questo solo nel caso che entro fine maggio riprenda almeno il 90% delle attività economiche. Altrimenti, le previsioni "andranno riviste al ribasso" e i calcoli dicono che ogni settimana in più di blocco normativo della produzione 'brucerà' almeno lo 0,75% di Pil aggiuntivo, quasi 14 miliardi. E' il Centro studi di Confindustria, nel suo Report di primavera dal titolo ‘Le previsioni per l'Italia. Quali condizioni per la tenuta ed il rilancio dell'economia?’ a stimare gli effetti di uno "shock" imprevedibile , del "meteorite" che ha "colpito al cuore l'economia italiana" superando nei numeri anche il crollo del 2009 salutato al tempo come la peggiore recessione dal dopoguerra in poi: a dicembre 2008 infatti Confindustria stimò per il 2009 una caduta della crescita dell'1,3% rivista in peggio nel giugno successivo al -4,9%. Il Pil 2009 chiuse poi ufficialmente al -5%.

Gli economisti di viale dell'Astronomia si attendono comunque per il 2021 un rimbalzo positivo con un parziale recupero del Pil al +3,5% ma annotano, lo shock negativo da Covid-19 colpisce "l'Italia in una fase congiunturale già debole": il Pil italiano è cresciuto a ritmi bassissimi per gran parte del 2019, calando nell'ultimo trimestre. Nel complesso del 2019 è risultato in aumento di un modesto +0,3%.

"Il trascinamento statistico al 2020 era già negativo (-0,2%)", spiegano ancora. Così ad un arretramento del Pil del 4% nel primo trimestre, prevalentemente da ascriversi alla diminuzione del valore aggiunto nei servizi, seguirebbe una caduta del 6% nel secondo, quando anche il valore aggiunto dell'industria diminuirà in misura significativa. E questo, dicono ancora gli economisti di Confindustria, "per le conseguenze della caduta dell'attività nel terziario, per gli effetti diretti derivanti dalla sospensione della produzione in alcune aree o settori in Italia e per quelli indiretti derivanti dalle misure che sono state introdotte in quelle economie nelle quali la diffusione del Covid-19 è avvenuta con ritardo e che sono più strettamente legate da rapporti commerciali col nostro Paese".

L'indebitamento delle amministrazioni pubbliche salirà nel 2020 al 5% del Pil, per poi scendere al 3,2% nel 2021. "Si sconta anche la disattivazione completa, in deficit, della clausola di salvaguardia per un valore di 20,1 miliardi di euro, pari all'1,1% del Pil.