Rapporto annuale sul mercato del lavoro frutto della collaborazione sviluppata nell’ambito dell’accordo quadro tra ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal.
La crescita del part time come alternativa all’orario standard: dinamica e problemi aperti. Nel 2018 gli occupati a tempo parziale in Italia sono 4,3 milioni, il 18,6% del totale. Tale quota, cresciuta in modo continuo negli ultimi anni, si è avvicinata a quella della media Ue (20,1%). La differenza residua dipende principalmente dal lavoro indipendente che in Italia è più presente e meno interessato dal part time, mentre per i dipendenti la quota è pressoché analoga in Italia e in Europa. E' quanto emerge dal Rapporto annuale sul mercato del lavoro frutto della collaborazione sviluppata nell’ambito dell’accordo quadro tra ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal.
Tra Italia e Ue esistono tuttavia forti differenze nell’utilizzo del part time. In Italia tra il 2008 e il 2018 la quota di occupati a tempo parziale che dichiara di non aver trovato un lavoro a tempo pieno è passata dal 40,2% al 64,1% mentre in Europa è scesa dal 24,5% al 23,4%. Difatti, in Italia il ricorso al part time si lega più a strategie delle imprese che a esigenze degli individui e ha rivestito un ruolo di sostegno all’occupazione nei periodi di forte calo del tempo pieno.
Nel Mezzogiorno il part time involontario sfiora l’80% contro il 58,7% nel Centro-nord, a fronte di una diffusione analoga nelle due ripartizioni. Il part time involontario è inoltre più diffuso nei servizi alle famiglie, nelle professioni non qualificate e tra gli atipici. A parità di condizioni, la probabilità di essere in part time involontario per una donna occupata è circa tre volte superiore a quella di un lavoratore. Dai dati di fonte Inps relativi al settore pubblico e alle imprese private, nel 2018 oltre 5,5 milioni di dipendenti sono stati interessati, per almeno un giorno, da rapporti di lavoro part time; di questi 4,6 milioni sono stati coinvolti in maniera esclusiva. Rispetto al 2008 le giornate retribuite part time sono aumentate del 60% mentre quelle complessive appena del 5%.
La crescita è spiegata più dalle nuove assunzioni che dalle trasformazioni da full time a part time. Mediamente il regime di orario part time è pari nel 2018 al 59% dell’orario contrattuale. Considerando la variabilità dei regimi di orario di part time si possono distinguere quattro tipi di part time: marginale (fino al 37% del corrispondente full time), standard (tra il 38% e il 56%), rafforzato (dal 57% al 74%), il quasi full time (dal 75% in su); quest’ultima forma nel 2018 spiega poco meno del 30% delle giornate retribuite part time ed è più diffusa al Nord e nel pubblico impiego. La crescita del part time è dovuta sia a un maggior ricorso a tale regime di orario sia a un’intensificazione presso le imprese che già lo utilizzavano. Rispetto al 2014 le imprese con solo dipendenti full time sono diminuite del 14% mentre sono cresciute del 12% quelle con solo dipendenti part time e del 9% quelle con entrambe le tipologie.